Inchiesta sull'economia della Provincia di Ascoli
| Il 2003 sarà ancora un anno difficile per l'economia che trova difficoltà a decollare.
di Marco Traini
Il 2003 sarà ancora un anno molto difficile, per l'economia della provincia di Ascoli, soprattutto se non si comincerà a risolvere quel nodo storico che è la carenza di infrastrutture (materiali e immateriali), e nel contempo non crescerà quel tasso di "orgoglio collettivo", quella capacità di fare sistema, con lo scopo di realizzare progetti comuni e innovativi, fra gli stessi imprenditori , ma anche fra questi, le forze sociali e le istituzioni presenti sul territorio. Sono queste le principali indicazioni che emergono da un breve inchiesta sul presente ma in particolare sulle aspettative per il futuro dell'area picena, alla luce non solo dei più recenti dati disponibili, e delle crisi in atto - nel calzaturiero e tessile-abbigliamento specialmente - ma anche delle risposte fornite dai rappresentanti della classe dirigente locale, politica ed economica.
Già dalle cifre, si evince un quadro di sostanziale stagnazione, che non fa prevedere un inversione di tendenza per i prossimi mesi, e in uno scenario internazionale carico di incertezze. I dati Istat, elaborati dalla società di consulenza Nomisma, per Assindustria, hanno evidenziato una contrazione dell'industria nel decennio 1991-2001, dell'11 % in termini di unità locali e del 14,7 % in termini di addetti ( e nel 2002 il trend è di cento confermato soprattutto per l'ascolano e il fermano). Per la CNA, se le Marche hanno accresciuto tra il '95 e il 2000, il proprio valore aggiunto per abitante ( + 4,4 %, da 14.500 a 18.000 euro, da attribuire per il 69 % a servizi e terziario avanzato) e l'occupazione (+3,4 %, 21 mila unità, da 625 mila a 646 mila), la provincia di Ascoli è rimasta invece ferma al suo 60° posto nazionale, posizione che non è migliorata negli ultimi due anni.
Un quadro dunque non confortante, al quale i dati forniti da Infocamere, per il terzo trimestre 2002 ( + 0,4 % rispetto a giugno, nelle imprese attive, passate da 40.147 a 40.326), non aggiunge molto in termini complessivi. Anche se il Presidente della Camera di Commercio Enio Gibellieri lo segnala come un dato che indica una "lieve ma continua crescita del numero di imprese", e che giustifica "la tenuta del tessuto imprenditoriale provinciale", gli altri rappresentanti di enti o categorie produttive sono più preoccupati. La Confcommercio, presieduta da Benito Calvaresi, ricorda "il duro colpo subito dalle imprese commerciali minori", a causa della "invasione" nel 2002 della grande distribuzione, mentre l'Assindustria di Ascoli (785 imprese aderenti, 20 mila addetti), guidata da Renzo Maria De Santis, punta il dito sul gap storico della dotazione infrastrutturale, responsabile in gran parte della debolezza economica e sociale del territorio. Ma non solo su questo.
I primi risultati dell'Osservatorio delle Economie locali, finanziato anche dalla Fondazione Carisap, hanno posto in primo piano altri e fondamentali nodi da sciogliere : la scarsità di manodopera specializzata, di tecnici e di personale qualificato; i ritardi nel sistema delle telecomunicazioni e in quello per la distribuzione di energia, il problema del costo del credito e quello dello smaltimento dei rifiuti, la questione dell'inefficienza della pubblica amministrazione, in rapporto ai tempi di lavoro di un impresa. Uniche note positive, la tenuta dell'export (25 % del totale marchigiano), e l'alto livello di propensione imprenditoriale.
Quest'ultimo elemento, fornisce linfa e vivacità al tessuto economico locale - come è dimostrato dalla tenuta e dalla forza del sistema artigianale - ma allo stesso tempo ne condiziona lo sviluppo, perché i limiti dimensionali e la debole propensione all'associazionismo, depotenziano quello che si vorrebbe far diventare un vero "Sistema Piceno". In questa direzione comunque sta lavorando l'Ammnistrazione provinciale, come ricorda il Presidente Pietro Colonnella (che ha scritto al Ministro Lunardi per chiedere maggiori finanziamenti per le infrastrutture del suo territorio): "Nel 2003 punteremo sulla messa in rete delle eccellenze locali, sul nuovo Patto per il Turismo e il Commercio, sullo sviluppo dell'università e sulla valorizzazione dei prodotti tipici agroalimentari."
Insomma, un programma di rilancio e di riconversione, vicino a quel un "nuovo modello di sviluppo" indicato come prioritario dal segretario provinciale della CISL Antonio Angelini, che pensa anche ad una rinnovata " politica della concertazione, indispensabile per un area debole come la nostra". Sul turismo, come strumento di rivitalizzazione dei centri storici, punterà anche la Confcommercio, mentre la Camera di Commercio, insieme a progetti di valorizzazione complessiva del territorio e del patrimonio agroalimentare, contribuirà anche a supportare quell'export che potrebbe ridare fiato a settori maggiormente in difficoltà, come il calzaturiero (Russia, Messico, Sudafrica) . Basterà tutto questo ? Secondo alcuni operatori, specie industriali e sindacalisti, no. E gli effetti negativi della crisi si faranno ancora senitire, per tutto il 2003.
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27/03/2003
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