Nessuna certezza giuridica quando c'è la guerra
| Non esiste ancora alcun diritto nel mondo che possa essere davvero più forte delle armi e delle bombe.
di Ettore Picardi
In questi orrendi giorni di conflitto viene spesso chiamato in causa il diritto internazionale. In un precedente scritto abbiamo riferito di come il diritto internazionale non sia in grado di regolare e quindi governare il fenomeno dellla guerra. In questo momento appare necessario tornare sull'argomento ed approfondirlo.
La debolezza del diritto internazionale dipende soprattutto dal fatto che i singoli Stati hanno autonoma Autorità, una propria forza e la possibilità di decidere ed eseguire i provvedimenti: invece non esiste alcuna istituzione internazionale o sovranazionale con tali capacità. Pertanto l'esecuzione dei provvedimenti di organismi come le Nazioni Unite o l'Unione Europea avviene sempre necessariamente per il tramite delle istituzioni e dei poteri dei singoli Stati membri.
Proprio per questi motivi, a differenza di quanto accade nel diritto interno, nel diritto internazionale la norma non scritta prevale su quella scritta. Infatti la prevalenza di una norma scritta e dettagliata presuppone l'esistenza di un sistema istituzionale capace di dare esecuzione alle sue leggi.
Laddove questo non accada, come nel caso del diritto internazionale, è inevitabile la prevalenza di principi e consuetudini, appunto norme non scritte, che meglio si adeguano ad un sistema che può dare indicazioni e non ordini.
Del resto le norme scritte di diritto internazionale sono frutto di convenzioni tra Stati, per cui vige il principio di rispetto dei patti ( "pacta sunto servanda"), il cui rispetto non può che essere demandato all'onorabilità e dalla credibilità degli Stati contraenti. Ovvero a valutazioni ed opportunità politiche.
Dopo la seconda guerra mondiale si è creduto di modificare questo stato di cose creando, sempre però mediante convenzioni, organismi sovrannazionali di grandi dimensioni e con obiettivi generalisti. Tuttavia le Nazioni Unite, l'Unione Europea, gli organismi umanitari e quelli di giustizia internazionale, risultano ancora completamente privi di forza propria e quindi costretti a confidare nei poteri dei singoli Stati componenti.
Chiaramente quando si verifica un conflitto totale come quello in corso nessuno garantisce il rispetto di niente. Per cui le guerre si possono dichiarare in assenza della prevista legittimazione dell'Onu e sono carta straccia il rispetto minimo dei diritti umani dei prigionieri, dei giornalisti, degli operatori sanitari.
Dobbiamo poi dire che in qualche nazione esistono norme che vietano la guerra. La nostra Costituzione ad esempio all'art. 11 prevede il ripudio totale della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Tuttavia è questa una disposizione una mera dichiarazione di massima, priva di conseguenze e quindi di effetti. Al massimo potrebbe avere la forza di far dichiarare incostituzionali eventuali leggi che fossero in contrasto con questo principio. Nulla però può questa norma di fronte ad un'effettiva e materiale partecipazione dello Stato ad una guerra.
La sensazione inquietante di insicurezza che viviamo anche qui in Italia, da lontano e con una partecipazione al conflitto in corso più emotiva che pratica, dipende proprio da questo. Non esiste ancora alcuna garanzia nel mondo che le aggressioni e le violenze belliche siano riservate soltanto ai casi di di legittima difesa o di intervento giustificato ed autorizzato da un'Autorità sovranazionale credibile. Quella che non esiste perché sancirebbe un primato del diritto che troppe volte è scomodo, anche per chi ha probabilmente ragione.
La debolezza del diritto internazionale dipende soprattutto dal fatto che i singoli Stati hanno autonoma Autorità, una propria forza e la possibilità di decidere ed eseguire i provvedimenti: invece non esiste alcuna istituzione internazionale o sovranazionale con tali capacità. Pertanto l'esecuzione dei provvedimenti di organismi come le Nazioni Unite o l'Unione Europea avviene sempre necessariamente per il tramite delle istituzioni e dei poteri dei singoli Stati membri.
Proprio per questi motivi, a differenza di quanto accade nel diritto interno, nel diritto internazionale la norma non scritta prevale su quella scritta. Infatti la prevalenza di una norma scritta e dettagliata presuppone l'esistenza di un sistema istituzionale capace di dare esecuzione alle sue leggi.
Laddove questo non accada, come nel caso del diritto internazionale, è inevitabile la prevalenza di principi e consuetudini, appunto norme non scritte, che meglio si adeguano ad un sistema che può dare indicazioni e non ordini.
Del resto le norme scritte di diritto internazionale sono frutto di convenzioni tra Stati, per cui vige il principio di rispetto dei patti ( "pacta sunto servanda"), il cui rispetto non può che essere demandato all'onorabilità e dalla credibilità degli Stati contraenti. Ovvero a valutazioni ed opportunità politiche.
Dopo la seconda guerra mondiale si è creduto di modificare questo stato di cose creando, sempre però mediante convenzioni, organismi sovrannazionali di grandi dimensioni e con obiettivi generalisti. Tuttavia le Nazioni Unite, l'Unione Europea, gli organismi umanitari e quelli di giustizia internazionale, risultano ancora completamente privi di forza propria e quindi costretti a confidare nei poteri dei singoli Stati componenti.
Chiaramente quando si verifica un conflitto totale come quello in corso nessuno garantisce il rispetto di niente. Per cui le guerre si possono dichiarare in assenza della prevista legittimazione dell'Onu e sono carta straccia il rispetto minimo dei diritti umani dei prigionieri, dei giornalisti, degli operatori sanitari.
Dobbiamo poi dire che in qualche nazione esistono norme che vietano la guerra. La nostra Costituzione ad esempio all'art. 11 prevede il ripudio totale della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Tuttavia è questa una disposizione una mera dichiarazione di massima, priva di conseguenze e quindi di effetti. Al massimo potrebbe avere la forza di far dichiarare incostituzionali eventuali leggi che fossero in contrasto con questo principio. Nulla però può questa norma di fronte ad un'effettiva e materiale partecipazione dello Stato ad una guerra.
La sensazione inquietante di insicurezza che viviamo anche qui in Italia, da lontano e con una partecipazione al conflitto in corso più emotiva che pratica, dipende proprio da questo. Non esiste ancora alcuna garanzia nel mondo che le aggressioni e le violenze belliche siano riservate soltanto ai casi di di legittima difesa o di intervento giustificato ed autorizzato da un'Autorità sovranazionale credibile. Quella che non esiste perché sancirebbe un primato del diritto che troppe volte è scomodo, anche per chi ha probabilmente ragione.
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02/04/2003
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