Elkann: fatti gli Italiani, si deve fare l'Italia.
San Benedetto del Tronto | L'informazione e l'attualità visti dal giornalista e scrittore, in riviera per presentare il suo ultimo libro.
di Giovanni Desideri
"L'Italia è un Paese meraviglioso in cui però si litiga troppo, e questo danneggia la nostra immagine all'estero": parola di Alain Elkann, a proposito dei recenti numerosi rilievi che la stampa internazionale ha rivolto al nostro Paese e al suo semestre di presidenza europea.
Alain Elkann, scrittore, giornalista, autore di molti libri e in particolare di una trilogia in cui si parla delle tre grandi religioni monoteiste (in collaborazione con il rabbino Elio Toaff, con il principe di Giordania el-Hassan bin Talal, con il cardinale Carlo Maria Martini), ci dà un quadro dell'immagine del nostro Paese all'estero e dell'attuale situazione dell'informazione italiana. Lo incontriamo in margine alla presentazione del suo ultimo romanzo, Una lunga estate, presso la Palazzina Azzurra di San Benedetto. La presentazione si è svolta ieri sera, martedì 15 luglio, nell'ambito della rassegna 'Scenaperta Incontri con l'autore', organizzata dalla libreria 'la Bibliofila'.
Signor Elkann, come giudica i recenti articoli della stampa internazionale a proposito del semestre italiano di presidenza dell'Unione Europea?
Ho l'impressione che si sia un po' esagerato con le critiche. Certo, l'Italia stessa ha contribuito a dare una cattiva immagine di sé, ma ciò non toglie che alcuni elementi non siano stati tenuti in considerazione e che dunque si sia andati un po' sopra le righe.
Quali elementi?
Il fatto, per esempio, che il nostro Governo sia quello che gli Italiani hanno votato e che dunque li rispecchia. Non si può parlare della classe dirigente quasi fingendo che non sia rappresentativa.
Critiche ingiuste da parte della stampa internazionale?
È chiaro che la situazione italiana è anomala, per via del conflitto d'interesse del Presidente del Consiglio. Ma la sinistra stessa non ha fatto a suo tempo una legge per risolvere il problema, motivo in più per il quale ci si deve attenere oggi, semplicemente, alla preferenza espressa dagli Italiani con il voto. Berlusconi poi avrà i suoi difetti, ma anche delle qualità.
Quali insegnamenti si devono trarre da questa vicenda?
Essenzialmente uno: l'Italia deve imparare a 'vendersi' meglio fuori dai suoi confini. Si deve imparare, da parte degli uni e degli altri, a fare 'sistema-paese': in generale, come nella cultura, nell'economia, ecc. La guerra per fazioni non fa bene a nessuno, la guerriglia continua danneggia tutti, per l'immagine che arriva agli altri del nostro Paese.
Recentemente il presidente dell'Autorithy per le Telecomunicazioni, Cheli, ha denunciato lo scarso pluralismo dell'informazione italiana. Come giudica la situazione di questo settore?
Io credo che alla lunga le cose si aggiusteranno. Nasceranno nuove televisioni, che siano quelle di Murdoch o 'la 7', il canale presso cui lavoro e che può vantare il telegiornale più imparziale d'Italia. La lottizzazione, invece, è un altro elemento che danneggia tutti: il fatto che un canale vada alla Lega, un altro alla sinistra ecc non fa bene al sistema nel suo insieme. L'aspetto complessivo, anche per quanto riguarda l'informazione, è ciò che conta e a cui si dovrebbe prestare maggiore attenzione.
Veniamo invece al suo ultimo libro, Una lunga estate: un romanzo molto autobiografico?
In parte sì. È una storia d'amore che si svolge in estate, una vicenda durante la quale un uomo si illude di conquistare una donna, che invece gli sfugge. La donna se ne va per la sua strada, per colpa delle indecisioni dell'uomo. È un libro che contiene l'ammonimento a comportarsi con maggiore serietà: non che voglia essere un romanzo moralistico, ma è almeno un libro che vuol dare il messaggio di non tergiversare sulle opportunità della vita, scoprendo in seguito la delusione per averle perse. A quel punto ci resta soltanto ciò che accade verso la fine del libro: un biglietto sul quale c'è scritto 'peccato!'.
Un libro senza lieto fine.
No, al contrario: la protagonista, Nina, finisce per sposarsi. Avrà un figlio, vivrà a Venezia. Non può certo lamentarsi, dal suo punto di vista. Va peggio all'altro protagonista del libro, Leopoldo, l'uomo che non sa trattenerla a sé. Ma non per questo, nel libro come nella vita, si deve considerare tempo perso ciò che sta tra l'inizio e la fine di una storia: contano moltissimo le diverse fasi, i particolari, le atmosfere.
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16/07/2003
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Betto Liberati