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Contro l'università.

| I giovani di San Benedetto meritano molto di più che l'università a San Benedetto.

di Giovanni Desideri

Gino Troli ha illustrato nel suo precedente intervento le ragioni per le quali San Benedetto avrebbe bisogno dell'università, in particolare di "un polo di studi nell'ambito della Facoltà di Economia e Commercio con possibilità di convergenze tematiche con la Facoltà di Ingegneria".

Già su questo non si capisce se venga prima in lui la convinzione della necessità di istituire un corso di studi di area economica, oppure di avere un corso purchessia, per semplici ragioni di prestigio ("è in gioco l'eliminazione di San Benedetto dalle Marche che contano", frase estremamente sibillina, che fa pensare ad uno che velenosamente mostri la macchina nuova al vicino. Questo, per non essere da meno, vuole anche lui l'università… pardon, la macchina: più grande, più bella). Ma naturalmente non è assolutamente questo il punto.

Secondo Troli San Benedetto avrebbe bisogno dell'università, per:

1) "avere un polo economico trainante e dei servizi urbani collettivi";

2) il "ritardo della ricerca nella città e dunque indirettamente [per il] bisogno di insediare a San Benedetto un livello di studi e di ricerca di cui la città e i suoi abitanti hanno assolutamente bisogno per progettare un nuovo futuro e diverse opportunità per le giovani generazioni";

3) "reali prospettive di sviluppo e di modernizzazione della nostra economia".

Seguono osservazioni sparse:

4) l'università è "un tema così centrale per il nostro futuro";

5) "dopo Ascoli e Fermo anche San Benedetto abbia la sua Facoltà in forte raccordo con la vocazione economica e produttiva dei suoi abitanti";

6) "Penso anche alla stampa che deve promuovere, per l'attaccamento che molti amici giornalisti hanno verso la loro città, una informazione costante sul procedere degli avvenimenti e degli impegni perché i sambenedettesi ne siano costantemente informati";

7) "Una Facoltà di Economia a San Benedetto sarebbe un risultato straordinario per una città che pensa al suo bene comune, ai suoi giovani, ad uno sviluppo più avanzato, a contare, cioè, grazie al sapere e alla ricerca";

8) "C' è ancora una città pensante".

Sul primo punto: l'espressione del burocratese "servizi urbani collettivi" fa pensare ad un ruolo delle istituzioni, ad infrastrutture, strade, ma anche uffici più efficienti e simili. Sono d'accordo: va fatto, è ciò che compete alle istituzioni. Sull'"avere un polo economico trainante" ritengo invece che debbano muoversi gli imprenditori: se non lo fanno non si può sopperire con un piano quinquennale. Conclusione: Troli opera una invasione di campo.

Secondo punto, anche questo in due parti. Innanzitutto dal "ritardo della ricerca" non segue affatto che si debba istituire qualcosa come una università a San Benedetto: è sufficiente dare più finanziamenti ai giovani per andare a studiare in altre sedi, sia da parte degli imprenditori, sia da parte dei politici. In secondo luogo le "diverse opportunità per le giovani generazioni": le giovani generazioni, secondo Troli, dovrebbero completare la loro formazione senza mai mettere il naso fuori da San Benedetto, trascorrendo i loro vent'anni in una città in cui manca non dico l'università, ma il cinema! (a meno che non si voglia considerare 'cinema' la proiezione dei soliti film e l'eroica opera del Cineforum che fa quel che può, ovvero recupera film usciti l'anno prima).

Terzo punto. Semplice petizione di principio: si dimostri ciò che si dà per scontato.

Quarto. Vedi terzo punto (insomma: "chi l'ha detto?").

Quinto. Sul raccordo con la vocazione ecc vedi la risposta al secondo punto. Sul "dopo Ascoli e Fermo" vedi sopra.

Sesto. La stampa! La stampa inviti i giovani ad andare a studiare e a fare le loro esperienze più lontano possibile, lontano dalla solita provincia italiana! (Bologna sia la prima tappa ammissibile, per chi proprio non può fare di meglio: una città con prezzi che credono di essere New York, altro che "Parigi minore", come canta Guccini!) San Benedetto è una città ricca: i giovani vadano a studiare all'estero, dove andranno a respirare in società un po' meno inquinate delle nostre, con presidenti del consiglio senza televisioni, minore corruzione ecc ecc (per chi non può permetterselo, dopo i recenti 90 milioni di euro in tre anni alle scuole private ora si riaprono le porte dei gesuiti: gaudium et spes!)

Settimo: sul "bene comune" vedi i punti tre e quattro. Sui "giovani" il punto sei. "Sviluppo più avanzato": l'espressione risulta incomprensibile. Sul "contare grazie al sapere e alla ricerca" vedi il secondo punto (insomma: la priorità, banalmente, è mandare i giovani lontano: dalla provincia in città).

Ottavo. "Città pensante" è un'espressione completamente inintelligibile. Forse fa riferimento a certi pazienti psichiatrici dell'ospedale che in seguito a lesioni "non pensano". Ma sono solo supposizioni. Forse è un'espressione che deriva da letture esoteriche, tipo Che cosa significa pensare? di Heidegger (Sugarco, Milano, 1988), libro in cui leggiamo, p. 38, che "noi ancora non pensiamo". Troli pensava ad Heidegger appellandosi alla "città pensante"?

Concludo riassumendo:

1) vedo l'università più dal punto dei giovani che da quello dello "sviluppo della nostra economia" (e sempre a parlare di economia 'sti poltici. Che invidia nei confronti degli imprenditori! Ma allora la politica passi a Tremonti e non se ne parli più!);

2) a nessun giovane si può dire: "fallo per il bene della nostra economia, non andare a studiare a Londra o alla Bocconi o al Dams di Bologna";

16/09/2003





        
  



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