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Sulla legge TV

| Armata: "Se la legge Gasparri sarà approvata, sarà la limitazione macroscopica del diritto di libertà individuale d'infomazione, indispensabile per ogni società democratica".

di Tonino Armata

"Accendiamo la tv, senza spegnere la stampa ". E' lo slogan scelto dagli editori di giornali per protestare contro il disegno di legge Gasparri. Una protesta che il giorno 23 settembre 2003 ha preso la forma di una pagina pubblicitaria acquistata sui quotidiani (esclusi Il Giornale, Libero e Il Foglio). L'appello della Fieg (Federazione italiana editori giornali) ricorda che in Italia la tv assorbe il 57% della pubblicità contro il 29% della media europea. Alle forze politiche viene chiesto di difendere il pluralismo e la libertà di stampa, e per far questo è necessario introdurre nel testo del disegno di legge una serie di modifiche.

In particolare, gli editori propongono di fissare un "vero limite antitrust" e un "massimo di pubblicità che può essere inserita nell'arco di ogni ora e di ogni giorno di trasmissione".

Sono "richieste minime", dice l'appello, "per contrastare la concentrazione in poche mani della proprietà dei media e per evitare che la televisione incrementi ulteriormente la sua già abnorme capacità di raccolta pubblicitaria".

Da qualsiasi punto di vista vogliamo guardarlo, la legge Gasparri sul sistema delle comunicazioni rappresenta lo strumento più pericoloso tra i tanti già realizzati a colpi di maggioranza parlamentare. Non si tratta soltanto di una cattiva legge, capace di essere migliorata con qualche ritocco, bensì di un disegno molto coerente, il quale, tende a realizzare in un solo testo due finalità: consolidare il potere mediatico esistente del quale il premier è titolare e proprietario; garantire che tale potere si estenderà automaticamente alle nuove tecnologie e alla nuova possibilità di concentrazione, vanificando ogni accesso di nuovi possibili concorrenti, i quali, volessero utilizzare i mezzi resi disponibili dal progresso tecnologico.

La politica e vorrei dire la filosofia dell'antitrust (ci ricordano gli economisti illuminati) sta alla base del processo di globalizzazione in corso nel mondo. Una globalizzazione senza l'antitrust o meglio senza il gene dell'antitrust, si ridurrebbe al dominio del più forte sulla maggioranza dei più deboli con tutto ciò che inevitabilmente ne seguirebbe sulla "bestialità" del sistema e il conseguente imbarbarimento sociale e culturale.

Ebbene, la legge Gasparri, se verrà approvata senza una sola virgola d'emendamenti, renderà di fatto impossibile l'esercizio stesso dell'azione di controllo e di contrasto dell'antitrust sui poteri dominanti e lo farà anche a costo di ignorare le direttive della Comunità europea, le critiche motivate delle autorità di garanzia, le prescrizioni imperative della Corte Costituzionale.

La legge Gasparri, lo ripeto non è soltanto una cattiva legge: è l'attacco più pesante che sia stato fin qui condotto contro un bene primario che fa tutt'uno con la democrazia, il pluralismo dell'informazione, la libera concorrenza con eguali diritti e doveri degli operatori, la libertà d'accesso al mercato, il controllo pubblico volto ad impedire la nascita e la persistenza di posizioni dominanti.

Ora vorrei richiamare i punti essenziali che innervano la legge in questione.
Il primo: il cosiddetto sistema integrato delle comunicazioni (Sic) che delinea, si fa per dire, il bacino che dovrebbe delineare la misura delle concentrazioni televisive al di là della quale nussun singolo operatore dovrebbe andare. In realtà tale spazio, sia orizzontale che verticale, non è un bacino ma un oceano, del quale entrano a far parte elementi i più disparati, emittenti radiotelevisive, reti di comunicazione telefoniche e informatiche, produzioni cinematografiche, produzioni fonografiche, libri e giornali d'ogni specie e qualità, canone di servizio dell'emittenza pubblica, cartellonistica ed altre ancora in un'accozzaglia pressoché infinita.

Quest'oceano rende di fatto impossibile ogni indagine di controllo, non solo per l'indeterminatezza dello spazio sottoposto a vigilanza ma addirittura per l'inadeguatezza assoluta degli strumenti d'indagine, risorse, mezzi tecnici, personale specializzato, di cui le autorità dispongono. Senza dire che la stessa nomina dei componenti delle autorità deriverà dal Parlamento e dal governo, il che rende estremamente problematica nel prossimo futuro la loro effettiva indipendenza dal potere esecutivo e dalla maggioranza parlamentare.

Affondano nel suddetto oceano i criteri di soglia alle concentrazioni mediatiche poste a suo tempo sia dalla legge Mammì sia dalla legge Maccanico. Vi affonda anche la sentenza della Corte Costituzionale del 2002, la quale ha posto come termine ultimo e non eludibile al trasferimento in tecnologia digitale di Rete4 il 31 dicembre 2003, primo ancorché insufficiente segnale di limite al duopolio Mediaset - Rai che soffoca da vent'anni in qua il sistema dell'informazione.

Il secondo: il blocco pubblicitario a presidio invalicabile della tv Mediast. Da questo punto di vista è esemplare la norma che esclude le telepromozioni dal computo dell'affollamento pubblicitario innalzato anche per questa via sia i limiti di affollamento giornaliero che orario. Tale blocco fa capo a Publitalia (Mediaset), ma si è da qualche tempo esteso al di là dei confini del gruppo proprietario acquisendo i giornali e ora anche emittenti digitali e satellitari; esso rappresenta una fonte di ricchezza e di liquidità che non ha eguali nell'economia italiana ed europea e funge da catenaccio non apribile contro ogni possibilità di accesso al sistema televisivo.

Il terzo: la vendita della Rai a privati, con un limite dell'uno per cento per ogni azionista. Di fatto, si tratta di un'operazione di pura e semplice cosmetica, un tentativo di creazione d'una Public Company di proprietà dei manager dell'emittente, solidamente controllati dal governo e dalla maggioranza parlamentare.

Il quarto: la conferma della situazione attuale per quanto riguarda la ripartizione delle frequenze nazionali, con la prevista sanatoria e rinnovo automatico di quelle esistenti, altro catenaccio inapribile che ingessa il mercato dell'etere e prepara in tutta sicurezza il trasloco a tempo debito nel sistema digitale, riservando anch'esso ai soliti noti sia per quanto riguarda gli strumenti di emittenza a monte sia quelli riguardanti la produzione dei contenuti a valle.

Ci sono anche altre perle di analoga caratura in questa legge, tra le quali il divieto per alcuni anni alle società telefoniche di potersi integrare con quelle televisive mentre entrambe possono acquistare case editrici di giornali e libri. Ma quanto fin qui si è detto mi pare sufficiente ad illustrare le caratteristiche del nuovo Leviatano dell'informazione.

Per chiudere, se la legge Gasparri sarà approvata, sarà la limitazione macroscopica del diritto di libertà individuale d'infomazione, indispensabile per ogni società democratica degna di questo nome.


Tonino Armata

San Benedetto Tr. 24 settembre 2003

  

 

 

 

30/09/2003





        
  



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