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Dop e Igip Marchigiani

| Marchigiani Dop sono il Prosciutto di Carpegna e la Casciotta d'Urbino.

di Prof.Emidio Galiè

Marchigiani Dop sono il Prosciutto di Carpegna e la Casciotta d'Urbino; mentre i Salamini Italiani alla Cacciatora, Dop, la Mortadella di Bologna, Igp, il Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale, Igp e la Lenticchia di Castelluccio di Norcia, Igp, sono condivisi con altre regioni.

Carpegna è un ridente paesino, situato nel Montefeltro, sull'Appennino ai confini tra la Romagna e le Marche, ideale per altitudine, clima e ricchezza d'ossigeno, per la maturazione dei prosciutti. La zona, inoltre, è sempre stata ricca di boschi di querce, fornendo la base alimentare per l'allevamento dei suini.

I risultati, di una tradizione più che secolare, sono stati due diversi prosciutti crudi: il San Leo e la Ghianda. Il primo è caratterizzato da una dolcezza particolare sia al gusto sia al profumo. La naturale stagionatura, in un ambiente ideale, conferisce alle carni fragranza e gran morbidezza in bocca. Il secondo è un tipico prosciutto di montagna, frutto della lunga tradizione del luogo e di metodi assolutamente genuini. Il gusto, ricco d'aromi naturali, ha tutto il sapore di un tempo.

Caciotta è un nome usato per designare il formaggio, di circa un kg di peso, prodotto dal contadino pastore, soprattutto in Italia centrale con qualche propaggine anche al Sud. Nel panorama caseario italiano la Casciotta d'Urbino è un formaggio nobile e le sue origini, con una formula rimasta inalterata nei secoli. risalgono almeno al '500. Questo prodotto, di cui Michelangelo fu il più grande estimatore e probabilmente il più noto consumatore, è frutto dei verdeggianti dintorni del Ducato d'Urbino, dove pascolano ricchi armenti di ovini e bovini.

E' stato così apprezzato, anche fuori delle sue frontiere naturali, fino alla corte papale di Roma, da essere considerato alla pari di una moneta di scambio. Chiamato Caciotta o Caciotta, secondo i dialetti e la latitudine, questo formaggio appenninico è prodotto con latte intero di pecora (70-80%) e vaccino per il restante 20-30%, con aggiunta di lieviti nobili e caglio. Il latte derivato da due mungiture giornaliere, della zona di produzione della provincia di Pesaro e Urbino, è ottenuto nel rispetto d'apposite prescrizioni locali e coagulato a temperatura di 35 °C circa con caglio liquido e/o in polvere.

Il riconoscimento europeo Igp, per il Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale, prevede le razze Chinina, Romagnola e Marchigiana. La storia della razza Marchigiana, inizia verso la metà del XIX secolo quando gli allevatori marchigiani incrociarono il bovino podolico autoctono (derivato dal "Bovino dalle grandi corna" giunto in Italia nel VI secolo d.C.) con tori chianini, per ottenere una razza con maggior attitudine al lavoro e alla produzione di carne.

L'effetto di quest'incrocio fu una trasformazione evidente del bovino: miglior sviluppo muscolare, mantello più chiaro, corna più corte e testa più leggera. Dopo un ulteriore incrocio con la razza Romagnola agli inizi del XX secolo, per abbassare la statura e rendere la razza adatta al lavoro dei campi, la Marchigiana assunse i caratteri attuali.

Ricoperto da un pelo corto, bianco e liscio, con sfumature grigie sulle spalle, l'avambraccio e le occhiature, la razza Marchigiana si riconosce per la cute pigmentata, la testa possente ma leggera, il collo corto, gibboso nei maschi, con giogaia ridotta e lo sviluppo armonico delle varie regioni somatiche.

Ottima produttrice di carne, sia in termini di resa al macello, sia di qualità (leggermente rosata e con grana fine), la Marchigiana è oggi allevata in tutta l'Italia centrale, con punte di diffusione in Campania, Sicilia e all'estero (soprattutto Canada, USA e America Latina). L'ottima capacità d'adattamento ne fa un bovino ideale per il pascolo in terreni difficili, e quindi un veicolo di recupero e valorizzazione economica dei cosiddetti "terreni marginali".

La collina è il regno della cicerchia, del farro, mentre, al confine con l'Umbria, nella parte del Piano Perduto, del comune di Castelsantangelo sul Nera, in provincia di Macerata, si coltivano le lenticchie di Castelluccio di Norcia Igp, dalla polpa molto tenera che nella tavola tradizionale si usano da contorno ad insaccati di maiale oppure entrano da protagoniste in zuppe e minestre di particolare sapidità.

L'area del Conero, unitamente a quella di Cartoceto, ma è così in tutta la regione, è interessata alla produzione di un interessante e pregevole olio extra vergine di oliva, per la maggior parte ottenuto dalle varietà leccino e frantoio. La realtà produttiva riflette la fisionomia, caratterizzata dalla presenza di numerosi frantoi e da una produzione assai frazionata ma di gran qualità. Nelle Marche, dai circa 7200 ettari di oliveti specializzati si ottengono, mediamente, 4,5 mila tonnellate di olio extra vergine di oliva ogni anno e nei circa 160 frantoi coesistono moderne linee di lavorazione e i tradizionali sistemi di frangitura a molazze.

Da non trascurare la presenza proprio in provincia di Ancona, dell'azienda leader nel mondo per quanto riguarda l'impiantistica olearia e per la realizzazione di tecnologie della lavorazione delle olive e dell'estrazione dell'olio, anche di tipo sperimentale.

13/10/2003





        
  



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