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" A carte scoperte" Il percorso e le nostre Ragioni

Ascoli Piceno | Confcommercio: "Noi, sul banco degli imputati, non intendiamo più starci. E siamo convinti che difficilmente le Istituzioni, le famiglie, gli amministratori comunali e i ministri di questo governo non possano ignorarci".

"L'attacco al settore commerciale come principale se non esclusivo autore dei rincari dei prezzi trae la sua origine già alla vigilia dell'avvento dell'euro. Gli allarmismi relativi ad eventuali arrotondamenti praticati dai commercianti in sede di conversione lira-euro si sono invece rilevati assolutamente infondati tanto da portare il Parlamento europeo a definire i commercianti come "eroi del changeover", una affermazione che, provenendo da una istituzione europea super partes, ha tentato di ricostruire la verità rispetto a certi stereotipi duri a morire.

A distanza di quasi due anni dall'entrata in vigore dell'euro, tuttavia, i commercianti sono ancora sul banco degli imputati, anche grazie all'aggressività delle campagne di informazione portate avanti da alcune associazioni di consumatori.
Agli attacchi dei consumatori si sono, con il tempo, aggiunte le strumentalizzazioni di altre categorie, che non avendo contatti diretti con il consumatore finale, ed essendo quindi meno "visibili" hanno avuto gioco facile nello scaricare sull'ultimo anello della catena responsabilità che sono invece da ridistribuire fra i diversi soggetti che operano nel mercato e fra coloro che del mercato stabiliscono regole e modalità di funzionamento.

Per questo motivo l'iniziativa di Confcommercio ha come principale obiettivo quello di ricostruire la verità attraverso un'analisi dei diversi fattori che influiscono sulla formazione dei prezzi, a cominciare dall'andamento dei prezzi all'origine, ossia alla produzione, sia agricola che industriale.

Il corretto confronto statistico tra indici dei prezzi alla produzione industriale e indice dei prezzi al consumo, smentisce in modo inequivocabile le tesi precostituite, diffuse periodicamente dai media e dalle categorie interessate, circa il comportamento speculativo delle imprese della distribuzione commerciale.
I dati ufficiali dell'ISTAT, infatti, evidenziano come non sussista differenza significativa, tra prezzi all'origine dei beni di consumo e prezzi finali.
Analogo risultato si ottiene analizzando l'andamento dei prezzi agricoli monitorati dall'Ismea all'origine, che evidenziano come si siano registrati degli aumenti, a distanza di un anno, su alcuni prodotti anche del 172%.

L'andamento dei prezzi all'origine è quindi necessario, ma non esaurisce l'analisi dell'impatto delle diverse componenti nella formazione del prezzo finale del bene.

Fra queste componenti bisogna anche e soprattutto considerare i costi diretti di gestione dell'esercizio (es. il costo del lavoro, o i servizi bancari), i costi dei servizi intermedi (es. i trasporti) e i costi pagati dall'imprenditore per servizi di pubblica utilità (acqua, elettricità, smaltimento rifiuti). Qualche esempio: dall'abnorme, sconsiderato aumento di tasse, tariffe e servizi di pubblica utilità (in particolare i servizi bancari con un +61% dal 1996 ad oggi, lo smaltimento rifiuti che, nel passaggio da tassa a tariffa, in alcune città è addirittura più che raddoppiato), ad una vera e propria giungla di fittizi intermediari che continuano ad essere presenti in tutte le filiere, agli aumenti - anch'essi spesso sconsiderati - che vengono imposti, nel settore alimentare come in altri, dai settori della produzione (da un +3% a un +10% in media gli incrementi nei listini industriali nel primo semestre 2003 rispetto al primo semestre 2002), all'aumento dei costi per le imprese (+3,0% in media nei primi otto mesi del 2003 rispetto allo stesso periodo del 2002), agli aumenti dei prezzi dei prodotti agroalimentari all'origine (+5,7% in media secondo l'Ismea nei primi otto mesi del 2003 con punte superiori al 10% per la frutta e aumenti fino al 30-40% nei mesi estivi con punte superiori al 100% per alcuni prodotti), alle carenze infrastrutturali nei vari passaggi della filiera.

Il risultato di questa analisi - senza contare una infinità di spese connesse alla prestazione del servizio collegato alla vendita ma forse meno evidenti: se i commessi o i camerieri si devono presentare alla clientela in modo ordinato, e le lavanderie aumentano i prezzi, a parità di qualità di prestazione cresceranno i costi di gestione - è lampante e può voler dire solo una cosa: che in alcuni casi gli imprenditori del commercio, hanno anche ridotto i propri margini di guadagno.

Ad un aumento dei costi non ha, peraltro, corrisposto una diminuzione della pressione fiscale che, contrariamente a quanto promesso, non diminuisce in maniera significativa. Mentre, invece, il concordato fiscale ipotizza "a tavolino" un incremento di ricavi delle imprese commerciali nel 2003 rispetto al 2001 del 9%, a fronte di un aumento del Pil del 6,5%. E la dimostrazione di questa crisi del settore distributivo è data dal saldo fra aperture e chiusure degli esercizi commerciali: nel 2002 l'intero settore ha perso oltre 3.500 imprese, situazione che sta peggiorando drammaticamente nell'anno in corso come dimostrano i dati relativi al primo semestre del 2003, durante il quale il saldo negativo (-3.319 Italia: -230 Marche; -100 Provincia di Ascoli Piceno) ha in metà tempo già quasi raggiunto i risultati dell'intero 2002.

In questa situazione che sta determinando tensioni - scontata, comunque, l'impraticabilità e l'inefficacia di blocchi temporanei dei prezzi in una libera economia di mercato e la scarsa utilità di osservatori e centri di monitoraggio - occorre agire affinché la riforma del commercio sia completata anche sul versante delle politiche attive: dagli incentivi all'assistenza tecnica. Ma occorre anche che liberalizzazioni reali, cioè produttive di riduzioni di costi per gli utenti finali, procedano in tutti i settori dei servizi di cui le imprese commerciali si avvalgono al pari di tutte le altre.

Discutiamo dunque, di prezzi, ma discutiamone a carte scoperte, se non vogliamo prenderci in giro e prendere in giro anche i nostri più diretti interlocutori cioè i consumatori.
Il governo sbandiera anche la minaccia di far intervenire la Guardia di Finanza che, d'ora in poi, effettuerà controlli per verificare dove, per quanto riguarda i prezzi, sono state registrate "abnormi dinamiche di aumento".

Se rientra nelle sue facoltà, operi pure, ma sarebbe bene che la Guardia di Finanza cominciasse - e fino ad ora non lo ha mai fatto - a fare altrettanti e più assidui controlli anche in tutte le altre filiere del nostro sistema economico a partire dalle imprese produttive.
Finiamola con l'idea - che purtroppo sta diventando un luogo comune - che i commercianti sono tutti ladri e santi tutti gli altri.
Siamo pronti, insomma, a cogliere questa sfida e vedremo chi, alla fine, saprà uscirne con la testa alta.

Noi, sul banco degli imputati, non intendiamo più starci. E siamo convinti che difficilmente le Istituzioni, le famiglie, gli amministratori comunali e i ministri di questo governo non possano ignorarci.

 

   *  DIRETTORE 
  ** PRESIDENTE  

14/10/2003





        
  



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