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E' arrivato il novello

| Notizie utili per i consumatori e non solo.

di Prof.Emidio Galiè

Solo un'uva eccellente origina un buon novello. Infatti la macerazione carbonica — la particolare tecnica di produzione dei novelli — dà buoni frutti solo se i grappoli sono perfettamente sani e maturi, con gli acini intatti, altrimenti è meglio lasciar perdere.

Quest'anno in Italia sembra che esistano le condizioni adatte per avere dei vini novelli validi, nella maggior parte delle regioni, sia pure in quantità limitate. Rimangono però i soliti problemi: da noi per i novelli si utilizzano i vitigni più diversi e sovente si applica una tecnologia mista, in parte macerazione carbonica, in parte vinificazione in rosso. Nascono così vini estremamente differenti, con livelli qualitativi non sempre adeguati ai prezzi non lievi. E siccome i novelli si acquistano in prenotazione, sono piuttosto frequenti le sorprese spiacevoli di ristoratori e di enotecari che si accorgono di avere fatto un cattivo affare solo "a ragion bevuta", quando ai primi di novembre si può assaggiare il prodotto comprato in anticipo.

Per evitare le fregature, conviene andare di persona nelle cantine, quando è il momento, a vedere cosa succede e a parlare con i produttori. Se manca il tempo per una visita in loco, si possono almeno chiedere dettagliate notizie ai tecnici delle case vinicole, di norma più sinceri dei responsabili commerciali. Ecco intanto qualche informazione utile per conoscere un po' più a fondo i vini novelli.

La macerazione carbonica. La tecnica di produzione dei novelli è stata ideata da Louis Pasteur nell'Ottocento e perfezionata da Flanzy — un enologo che operava nella regione dei Beaujolais — all'inizio degli anni Trenta.
Per prima cosa occorre selezionare l'uva ben matura e intera e portarla in cantina senza rompere la buccia dell'acino. I grappoli sono collocati in tini a chiusura ermetica, saturi di gas acido carbonico generato dalla fermentazione del mosto, dove rimangono per qualche giorno a una temperatura di 25/300C.

In atmosfera di anidride carbonica, si verificano all'interno degli acini varie reazioni biochimiche (fermentazione intracellulare) che provocano importanti modifiche: sparisce l'acido malico (un acido forte che conferisce asprezza al vino); si sviluppano piccole quantità di alcool e di prodotti secondari; si formano sostanze aromatiche che non esistevano nell'uva fresca.

Terminata la fase di macerazione carbonica, si aprono i tini e i grappoli vengono torchiati; il mosto fermenta in bianco (senza contatto con le bucce, che hanno già ceduto il colore) e si passa subito all'imbottigliamento. I vini così ottenuti — rossi, in larghissima prevalenza: esistono anche i novelli bianchi, ma non vale la pena di parlarne — hanno un colore purpureo, un profumo fragrante (sanno di gelatina di frutta) e un gusto morbido, dovuto al limitato tenore d'acidità e di tannino. Questa tecnica, se applicata integralmente partendo dalle uve adatte, è costosa ma dà ottimi risultati.

Attenzione però: in italia, per legge, i novelli a denominazione d'origine o a indicazione geografica "devono derivare per almeno il 30% da macerazione carbonica", salvo diversa disposizione del disciplinare di produzione; così può succedere di trovare in commercio dei novelli ottenuti per due terzi con vinificazione tradizionale, che dà caratteristiche diverse, a un costo inferiore.
Se il vino è come un frutto, da cogliere quando è maturo, il novello è una fragola, da consumare prima possibile, e comunque entro fine inverno, perché il suo stato evolutivo è molto più avanzato rispetto alla norma: matura presto e si altera in fretta.

Alcuni hanno più resistenza, ma dopo Natale non hanno più mercato; in effetti il fascino dei novelli è legato alla curiosità di gustarli mentre la vendemmia, in certe zone, è ancora in corso. Non per nulla il picco dei consumi è nei giorni appena dopo le 0,01 del 6 novembre, ora in cui può iniziare legalmente la commercializzazione dei novelli italiani, e dopo la mezzanotte del terzo giovedì di novembre, momento del "dèblocage" del Beaujolais nouveau. Per il breve tempo in cui si conservano, è bene tenerli al fresco e al buio; non importa se le bottiglie sono in piedi: il tappo non fa in tempo ad alterarsi.

I novelli sono eclettici, vanno bene a tutto pasto o quasi. Si abbinano di preferenza alle carni (specialmente agli umidi e agli intingoli della cucina autunnale), ai salumi (dagli affettati al cotechino caldo) e ai formaggi anche freschi, ai funghi (dai chiodini — armillaria mellea — con la polenta alle cappelle di porcini sulla griglia) e alle castagne arrostite o lessate. Ma sono da provare coi piatti di pesce più ricchi di gusto e magari un pò speziati: dai brodetti dell'Adriatico alle sarde grigliate, dall'anguilla in umido alle seppie in zimino. Il felice mariage col pesce dipende dalla loro composizione chimica, in particolare dalla scarsità di certi tannini che nei rossi normali si combinano in modo sgradevole con le proteine e i grassi dei pesci.

La carenza di tannino condiziona anche la temperatura di servizio dei novelli, che vanno bevuti freschi, sui 12/14° C. La spiegazione è semplice: il tannino "lega" le proteine della saliva che lubrificano la bocca e le fa precipitare, causando una sensazione di ruvidità; il fenomeno è inversamente proporzionale alla temperatura: quanto più è bassa, tanto maggiore è l'aggressività del tannino nel cavo orale. Nei rossi novelli, ricchi di antociani (le sostanze coloranti dell'uva) ma poveri di tannini, la reazione con la saliva è minima; e si sa che il vino fresco va giù meglio. Quanto al tipo di bicchiere, va bene un calice ampio senza grandi pretese d'eleganza: i novelli sono apprezzabili perché si gustano in assoluta libertà, più "stile bistrot" che alta ristorazione. 

23/11/2003





        
  



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