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La tradizione a tavola

| Ricetta de lu frustinghe

di Prof. Emidio Galiè*

Talvolta la riscoperta delle tradizioni è particolarmente gradita e piacevole. In cucina, ad esempio rivisitare squisite ricette del passato ci dà non solo il piacere di ritrovare antichi sapori, ma anche quello di destreggiarsi nella preparazione di piatti insoliti.

Quale migliore ricorrenza allora del Natale per riassaporare il gusto della tradizione? Fin dal 9 dicembre ad Ascoli i vecchi ricordano una tradizione di carattere gastronomico consistente nel preparare una cena di magro detta Natalitte; un'anticipazione quasi fedele del menù della vigilia di Natale. La giornata era vissuta con molto calore e partecipazione e in cucina ci si preparava ad osservare strettamente la tradizione di una cena dove la carne era esclusa e trionfavano gli spaghetti di magro, un bel piatto di fritti misti (varie verdure lessate, carote, sedano, cavolfiore, gobbo, baccalà e in alcune località anche alici). In alcune famiglie bene si aveva la fortuna di gustare il dolce magro preparato dalle Benedettine di Sant'Onofrio a cui si portavano gli ingredienti necessari.

In attesa della messa di mezzanotte si beveva punch, bevanda aromatica e calda adatta ad affrontare i rigori del freddo. Per il pranzo di Natale gli sforzi erano più intensi e si cominciava a cucinare fin dalla sera antecedente alla vigilia. Il primo piatto era un buon brodo di cappone in cui si buttavano giù i cappelletti che occupavano in tutto il territorio marchigiano, un posto di preminenza. La preparazione di questi coinvolgeva tutta la famiglia, dalla madre che cuoceva la carne per l'impasto, stendeva la sfoglia sottile sottile, ai bambini che aiutavano a riempire e mettere in linea i cappelletti come tanti soldatini.

Seguiva un ottimo lesso con contorno di verdura condita con olio d'oliva. Arrivava infine in tavola l'arrosto di pollo che nelle famiglie più agiate si convertiva nel tacchino (lu petò). A coronamento di questa abbuffata c'era il dolce tipico del Natale Ascolano lu frustinghe (segue ricetta).

Il 31 dicembre San Silvestro era d'obbligo ritrovarsi per il cenone (pantagruelica magnata).
I piatti erano i più svariati, ma quello per eccellenza era e rimane il cotechino con lenticchie di Castelluccio.
Dopo Natale, fino al giorno dell'Epifania, era comunque un'occasione per ritrovarsi, mangiare e gustare insieme le delizie del divin porcello.

Ricetta de lu frustinghe
Tenere a bagno i fichi in acqua tiepida per una notte. Estrarli poi dall'acqua e lavarli in altra acqua tiepida; quindi metterli in un recipiente, coprirli d'acqua e farli bollire, sino ad averli ben morbidi. Scolarli, asciugarli e poi tritarli grossolanamente, versarli in una grande terrina, unire l'uvetta fatta prima ammorbidire in acqua tiepida, il miele, lo zucchero e il cedro tritato. Scottare in acqua bollente le mandorle ed i gherigli di noce, poi pelarli; disporre le mandorle su una placca, farle tostare in forno, quindi spezzettarle. Spezzettare anche i gherigli di noce ed unire tutto quanto agli altri ingredienti. Aggiungere il cioccolato, la farina di tritello e il pane, insaporire il composto con profumo di noce moscata, cannella e la scorza grattuggiata del limone o di arancia.

Impastare unendo gr. 125 di olio e tanto mosto quanto ne occorre per ottenere un impasto di giusta consistenza. Amalgamare perfettamente gli ingredienti, versarli in una capace tortiera ben oliata, porre il recipiente in forno caldo (1600) e cuocere il frustingo sino a quando sarà divenuto di un bel colore bruno-dorato. Servirlo poi freddo.

24/12/2003





        
  



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