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"Natale al borgo", preistoria sambenedettese

| Ottava edizione della rassegna di teatro dialettale di strada del paese alto

di Giovanni Desideri

"Natale al borgo" ottava edizione: 26 e 27 dicembre, dalle 15 alle 21, al paese alto di San Benedetto, con partenza da via del Consolato (casa della poetessa Bice Piacentini) e merenda sotto alla Torre dei Gualtieri (o si dovrebbe dire "lu terrijo'"), con "frittijtte", vino cotto, salsicce ed altro, a cura del gruppo "Sagra de su dentre" del Comitato festeggiamenti San Benedetto Martire, diretto da Giuseppe Giobbi.

L'appuntamento è imperdibile e infatti migliaia di persone arrivano da via Fileni e via Bixio e si dispongono ordinatamente in fila come nemmeno alla posta, a inizio percorso. Inizio con prologo in italiano scritto e recitato da Fernando Beri ("Cantastorie. La storia della nascita del Castello di San Benedetto del Tronto"). Poi quattordici scene compresi i canti popolari natalizi in piazza Sacconi a cura del "Gruppo cantori Sant'Antonio" della parrocchia San Martino di Grottammare, nel dedalo di vie del vecchio incasato: via Rossini, via dei Neroni, piazza Sacconi, via degli Anelli, via Voltattorni, piazza Dante, via Case Nuove.

"Scene" o "scenette" di vita marinara sambenedettese, ma si potrebbe anche chiamarle "quadri di vita pagana", per la vitalità rousseauiana che animava l'antropologia sambenedettese (la città che fu), a partire dal suo dialetto. Sia come sia quell'antropologia e quel dialetto di fatto non esistono più,  non sono vita quotidiana della città di oggi, che pur non parlando italiano (lungi) risulta però priva di quella sua "altra lingua" che è un dialetto: da una preistoria priva di una sua letteratura ad un presente con ben poche radici e sempre più essiccate. Il "Natale al borgo" offre lo spettacolo della spontanea vitalità che fu e della sua principale epifania: il dialetto.

E dentro al dialetto lo spettacolo di consonanti raddoppiate ("madonna mmine!", "la mmidije", "i rremòre") e soprattutto di quelle vocali dalla durata indefinita ("ngé lu saaaaaa?", "che sci detteeee?"), che fanno l'essenza di quell'antropologia sambenedettese e la rendono comica al tempo stesso: l'innata disponibilità a riempire gli spazi con i gesti e a dilatare i tempi con vocali e consonanti, a prendere e perdere tempo, a gesticolare, a fare teatro. Modo di fare che per questo risulta divertente da guardare. Ma troppo dispendioso perché potesse sopravvivere, al di là della povertà lessicale del dialetto sambenedettese.

"Natale al borgo" ha un titolo direttamente ispirato ad una delle più importanti feste religiose, ma risulta un insieme di "quadri pagani": nonostante la religiosità che nelle scenette torna con insistenza, per esempio quando non c'è niente da ridere, quando si tratta di miseria dei pescatori, di naufragi, di tragedie ("Mare 'ngorde e traditore", penultima scena del percorso di quest'anno). Una religiosità per difetto: non un'aspirazione alla divinità, ma la richiesta lacrimosa di madri e mogli che gli uomini tornino dal mare. Quando non si tratta di questo, in quella piccola semplice società, la moralità non viene "sorvegliata" e garantita dalla divinità, ma dalle "mermerazio'" e dalle "vernecchie".

Alla "prima" del 26 dicembre era già presente una folla di persone, con in testa il sindaco Martinelli, il suo vice Piunti, il presidente del Consiglio Comunale De Vecchis, l'assessore alla cultura Gabrielli, consiglieri comunali, l'onorevole Scaltritti, il vescovo Gestori. Complimenti agli attori e agli organizzatori (a partire dalla presidentessa del Comitato di Quartiere "Paese Alto" Patrizia Logiacco) vengono fatti da tutti direttamente attraverso risate ed applausi, apprezzamento anch'esso spontaneo, sincero, meritato e visibile.

27/12/2003





        
  



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