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Frustate vere a Jim Caviezel durante le riprese di "The Passion", che rimane con una cicatrice

| Quando la finzione si scontra con la realtà...

Di seguito si riporta l'intervista fatta dal giornalista di Vanity Fair Andrea Carugati all'attore che ha interpretato Gesù, Jim Caveziel nel film "The Passion" di Mel Gibson.

Questo per far riflettere il lettore sul discorso Realtà/Finzione che in un film di questo genere sicuramente ha la sua importanza.

Gesù, ovvero Jim Caveziel, nel film di Mel Gibson, ha raccontato ad Andrea Carugati giornalista di Vanity Fair, l'avventura delle vere frustate: "Fu l'unica mattina che non partecipai alla Messa". L'attore era in ritardo con il trucco, sulla schiena, una robusta protesi di gomma, una specie di doppia pelle, dopo le prime frustate sentì un dolore infinito, l'attore urlò, pianse, uscì vero sangue.

Uno dei colpi raggiunge per sbaglio la parte della schiena non protetta dalla protesi. "Dopo le cure", ha raccontato Caviezel ad Andrea Carugati, "riprendiamo la scena, sebbene la ferita mi dolga ancora. Pochi secondi dopo resto di nuovo senza fiato, l'aria nei polmoni si ferma e anche il mondo intorno a me. Tutto si fa silenzioso, sento solo il dolore che mi assorda. Una frustata, molto più violenta della prima, mi ha solcato il fianco. Ho una cicatrice lunga trenta centimetri. Forse avrei fatto meglio a confessarmi quella mattina".

L'attore ha raccontato ancora al giornalista di Vanity Fair: "Mel mi tormentava: non sei costretto a sopportare", mi ripeteva, "sei libero di andartene". Io ero mezzo nudo, al freddo, alle 5 del mattino, d'inverno, con una spalla slogata dal peso della croce, la corona di spine che mi faceva pulsare la testa e un principio di bronchite….pensavo che la maggiore difficoltà sarebbe stata recitare in aramaico. Mi sbagliavo.

La crocifissione è stata la mia passione personale. Mi alzavo a notte fonda per il trucco, andavo a Messa e poi mi appendevano per ore alla croce, con il vento tagliente che saliva dalla valle verso i Sassi di Matera. Il freddo i crampi, le continue emicranie. Stavo ore e ore immobile, ad aspettare che la cinepresa venisse sistemata, che Mel Scegliesse l'angolazione migliore. Nei momenti più duri, quando l'unico pensiero era scendere dalla croce, pensavo a Gesù, a quello che aveva sofferto lui, e trovavo la forza di resistere ancora un po'. Ma ci sono stati momenti in cui ho dubitato della mia fede. Quando nel film ho gridato al cielo: "Padre, perché mi hai abbandonato", non era solo una frase da recitare.

Lo pensavo sul serio. Amo Gesù più della mia vita, più della mia famiglia, altrimenti non avrei resistito. Dovevo soffrire e proprio nella sofferenza la mia fede è aumentata. Mi è rimasto un ricordo, quella cicatrice. Io non sono un fanatico. Ho interpretato la parte di Gesù e mi sono preparato con la preghiera. Neanche Mel è un estremista.

Il film non è antisemita, al contrario vuol dare un messaggio d'amore e di tolleranza, non si può incriminare un popolo per gli errori di pochi. Il vero peccato è che il suo messaggio non sia ancora ascoltato». Per alleviare le sue sofferenze Jim Caviezel ha potuto contare su una controfigura, Brandon Reininger, e su un robot".

15/04/2004





        
  



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