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Decreto per impedire la pesca nella fascia adriatica, da Trieste a Manfredonia

Ascoli Piceno | Agostini: “Il Governo nazionale si arrocca sempre di più nelle sue scelte impopolari, antieconomiche e lesive degli interessi dei territori”.

di Luciano Agostini

Un decreto per impedire la pesca nella fascia adriatica, da Trieste a Manfredonia,  dal 2 agosto al 5 settembre. Così fa il Governo, emette i decreti, fissa le date, i territori interessati. Insomma fa il bello e cattivo tempo, come si usa dire. L’immagine turistica di una regione e di un litorale? Gli interessi dei ristoratori costretti a comprare il pesce altrove o a utilizzare quello surgelato proprio nel periodo di massimo lavoro? Il piacere di una frittura di pesce appena pescato? Non sono certo questi i problemi del Governo, che ne ha ben altri più importanti da risolvere. Devono averla pensata così a Roma.
 
Oppure non hanno nemmeno pensato: hanno tirato fuori il decreto dell’anno prima, l’hanno un po’ cambiato e, visto che c’erano, in peggio, hanno cambiato la data, da 2003 a 2004, e hanno deciso che era in vigore.
 
In periodi in cui tutti sentono l’esigenza di unire le forze e le parole “concertazione” e “sinergia”, tornano di gran moda, il Governo nazionale si arrocca sempre di più nelle sue scelte impopolari, antieconomiche e lesive degli interessi dei territori.
 
Sono fatti così, sono arroganti e i loro uomini in periferia, come lo stesso Scaltritti… urlano, urlano, parlano, parlano…, ma poi… delle due l’una: “o fanno il doppio gioco o non contano nulla.”
 
Sono profondamente amareggiato. Amareggiato perché il tavolo che la Regione aveva attivato facendo un proposta seria per il “fermo biologico” è stato un’altra volta smentito, eppure erano in campo tutte le energie utili e autorevoli per assicurare un fermo che potesse contemporaneamente venire incontro alle esigenze del ripopolamento e a quelle delle categorie produttive.
 
Sono amareggiato perché anche su questa questione si tocca ancora una volta con mano la scelta del Governo di non fare contare le Regioni e si svuota di contenuto il federalismo del Titolo V della Costituzione, una battaglia condotta con coerenza dal centro-sinistra.
 
Sono amareggiato perché quando sto in mezzo alla gente e sento i loro argomenti, vedo che tutti i nostri sforzi si infrangono contro un muro di incomunicabilità e di arroganza.
 
E, voglio anche dire, di assoluta scorrettezza, perché, qual è il problema? Il problema è che si gioca su un equivoco: il fermo, essendo “biologico”, sarebbe una competenza di carattere ambientale e l’ambiente è competenza della legislazione nazionale. A questo punto non  sono solo amareggiato, ma diciamo che ci sentiamo tutti presi in giro, perché è chiaro che voler ragionare esclusivamente con un’ottica ambientale, è una sciocchezza e una miopia. Se, se non c’è anche dell’altro: la butto là… e se ci fosse qualcuno interessato a favorire altri territori. Perché è strano che alle Marche capiti sempre il fermo più “sfortunato”, nel periodo cioè di massimo consumo.
 
Comunque una cosa è certa: per il Ministero alla Pesca niente è cambiato, il fatto che ci sia un Titolo V della Costituzione, non li ha sfiorati.
 
Di fronte a questo scenario mi chiedo? Ma non sarebbe più opportuno che tirassimo tutti dalla stessa parte? San Benedetto, con una marineria tanto forte, non dovrebbe essere più attenta alla politica che persegue la Regione? C’è un colore dell’amministrazione che non consente questo confronto? E allora mi chiedo: c’è il pesce di destra e quello di sinistra? O forse sono troppo impegnati a risolvere continuamente crisi politiche di maggioranza con verifiche, rimpasti, ecc.?
Mi sembra giunto il momento per abbandonare le polemiche e dedicare tempo a una questione che interessa profondamente l’economia e l’immagine complessiva delle Marche.
 
Assessore alla Pesca, Bilancio, Programmazione     

07/07/2004





        
  



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