La Chiesa e la donna che entra nella storia
San Benedetto del Tronto | Lettera ai vescovi firmata del cardinale Ratziner e ispirata dal Papa.
di Tonino Armata
Il sesso è bello. E se lo dice il Papa in un documento redatto su sua ispirazione dalla Congregazione per la dottrina della fede dev'essere vero due volte. Anche se per il Papa vale esclusivamente per marito e moglie. "La creatura umana nella sua unità di anima e corpo è qualificata fin dal principio dalla relazione con l'altro da - sé", è scritto in una Lettera ai vescovi, dedicata interamente alla "collaborazione dell'uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo".
Questa relazione, prosegue il documento, "è buona, di ogni bontà originaria dichiarata da Dio fin dal primo momento della creazione" ed è qualcosa di profondamente scritto nell'uomo e nella donna. Perché "la sua sessualità caratterizza l'uomo e la donna non solo sul piano fisico, ma anche su quello psicologico e spirituale, improntando ogni loro espressione".
La Lettera ai vescovi dalla Chiesa cattolica sulla collaborazione dell'uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo del cardinale Ratzinger ha un tale spessore culturale e riveste un tale interesse che credo valga la pena, anche a distanza di alcuni giorni dalla sua diffusione, tornare su di essa.
Prima di tutto mi sembra vada sottolineata una novità di metodo nel documento che è anche novità profonda di sostanza. Il documento non si sviluppa sulla base di un richiamo al diritto naturale di cui la Chiesa rivendichi la corretta interpretazione, ma è tutto e solo fondato su un'acuta lettura ed interpretazione della Bibbia.
Vi è in questo una profonda innovazione rispetto ad una lunga, secolare tradizione, che neppure il Concilio Vaticano II aveva del tutto innovato. La Chiesa cattolica in sostanza, sui problemi sociali ed etici, si è posta per secoli come interprete e garante di un ordine naturale voluto da Dio; un ordine che la ragione umana era in grado di leggere purché non sviata dalle passioni e dagli interessi del secolo e tutelata in questo modo dalla Chiesa stessa. Questo dava al suo insegnamento un carattere e una pretesa universalità destinata a rivolgersi in una sorta di astoricità.
La formula con la quale si apre il documento di Ratzinger (la Chiesa esperta in umanità) è quella usata per la prima volta da Paolo VI in un suo discorso all'Onu che segnò il primo superamento della tradizione di cui si diceva. Il superamento è ora pieno e consapevole nel documento di Ratzinger. Questioni da specialisti prive d'interesse per il grande pubblico? Non direi se appena si sia consapevoli di quello che la Bibbia ha rappresentato nella cultura europea.
E' evidente anzitutto il respiro umano, la modernità del linguaggio che l'impostazione biblica conferisce al documento. E' impossibile qui indulgere in citazioni ma si resta colpiti ad esempio da quell'invito ad accogliere "la testimonianza resa dalla vita delle donne come rivelazione di valori senza i quali l'umanità si chiuderebbe nell'autosufficienza, nei sogni del potere e nel dramma della violenza".
Ma al di là di ogni questione di linguaggio proprio quei problemi sui quali il documento è apparso ed è (in parte almeno) elusivo si pongono su basi nuove e in una luce nuova quando si passa da una prospettiva di razionalità naturale e di diritto canonico ad una prospettiva biblica. Penso ai discussi temi del sacerdozio femminile, dei sacramenti ai divorziati, delle convivenze prematrimoniali, e della stessa omosessualità. Non ci sono novità clamorose su questi temi ma mi sembra lecito prevedere che l'innovazione dell'apparato concettuale non potrà non incidere sui singoli giudizi di contenuto, come del resto è già avvenuto nelle chiese riformate che hanno fatto della Bibbia il cardine della loro identità.
E infine un ultimo aspetto di rilevanza storica mi sembra vada sottolineato: non c'è dubbio che il confronto con l'Islam sia nel nostro futuro. Certe previsioni che si leggevano negli anni Settanta dello scorso secolo sulla inevitabile erosione e scomparsa del fattore religioso della storia umana a seguito dei processi di modernizzazione sono state clamorosamente smentite dalla realtà. Il fattore religioso è tornato a porsi nel bene e nel male come elemento decisivo nella storia umana: nel bene quando è fattore di pace e di convivenza; nel male quando assume le forme dei vari fondamentalismi che generano intolleranza e violenza (personalmente ne so qualcosa). Ebbene il confronto con l'Islam ha proprio nella idea che si ha della donna, del suo ruolo, della sua dignità, uno dei suoi momenti critici.
L'impostazione biblica del documento appare, a mio avviso, la più idonea a suscitare un confronto, ad aprire un dibattito. La riaffermazione da parte degli Stati come il nostro, che è campo d'immigrazione da paesi islamici, dei fondamentali principi costituzionali di uguaglianza e di pari dignità a prescindere da differenze di sesso e di religione, è fondamentale e irrinunciabile, ma è altrettanto importante ai fini della convivenza, favorire un confronto che investa le radici stesse delle diverse culture.
Non credo con queste mie poche osservazioni di aver dato la misura dell'importanza del documento e dei problemi che esso implica, ma vorrei avere, almeno, espresso l'esigenza che la laicità cui il sottoscritto (e credo anche il Quodidiano.it col quale collaboro) s'ispira è legittima preoccupazione di pluralismo e di distinzioni di ruoli, ma non è disinteresse e tanto meno irrisione del fattore religioso.
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25/08/2004
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