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Clementi, autobiografia e musica

San Benedetto del Tronto | Intervista con l’autore di “L’ultimo dio”

di Giovanni Desideri

Emidio Clementi ha presentato ieri sera presso lo chalet “Club 22” di San Benedetto il suo ultimo libro, L’ultimo dio (Fazi, 2004): un incontro con il pubblico “di casa”, dal momento che l’autore (scrittore e musicista, voce e basso dei “Massimo Volume” e ora del gruppo “El Muniria”) è nato ad Ascoli nel 1967.
 
L’ultimo dio è un libro in gran parte autobiografico. Ne seguiranno altri sulla stessa linea?
“Non lo so ancora. Per un verso questo libro mette già un punto. Ma diciamo che devo ancora capire come procedere.”
 
Alcuni scrittori sottolineano l’influenza della musica nella loro scrittura. È così anche per te?
“Direi di no. Quando scrivo neppure ascolto musica. In quest’ultimo libro ne parlo per la prima volta. In generale credo si tratti di forme artistiche ben diverse. Se in musica non riuscirei mai a fare un disco da solo, la letteratura possiede invece una dimensione più “personale”. Detto questo, credo però di esprimermi altrettanto liberamente in tutti e due gli ambiti.”
 
Da anni risiedi a Bologna. Nel libro parli di viaggi in mezza Europa, dalla Svezia a Londra. Che rapporto hai con le città della tua prima formazione, Ascoli e San Benedetto?
“Intanto credo di avere un rapporto più stretto con San Benedetto che con Ascoli, anche se dal punto di vista calcistico la prima squadra di cui mi interesso la domenica sera è l’Ascoli. Poi, naturalmente, la Sambenedettese. Peraltro devo dire che ultimamente mi sono un po’ “disamorato” del calcio, per le note vicende. Tornando alle due città, a un certo punto ho avuto la necessità di andarmene. Ma è stata una fortuna crescere in provincia.”
 
Una fortuna?
“Sì. Quando cresci in provincia hai un rapporto più autentico con le cose. Prendi la musica: in città la ascolti più che altro nei luoghi che frequenti. In provincia chiuso nella tua cameretta. Forse una situazione più paranoica, ma più autentica. Poi dal punto di vista culturale la provincia è un luogo più difficile, ma se è per questo Bologna è una città difficile da raccontare. Non ci trovo lo stesso fascino, gli stessi colori o i misteri del porto, del molo, della Sentina. Fino a pochi anni fa viale De Gasperi finiva poco dopo via Formentini. Oltre c’erano altri misteri, per esempio c’erano bande di cani. Tangeri, dove recentemente ho registrato il mio album “Stanza 218”, mi è sembrata la San Benedetto degli anni ‘70.”
 
Bologna è per te un approdo definitivo?
“Ho quasi 40 anni e non cambierei Bologna con nessun’altra città. Tranne nel caso in cui ricevessi l’offerta di lavoro a cui non puoi dire di no.”
 
Hai condiviso la tua giovinezza con un’altra scrittrice della zona di San Benedetto, Silvia Ballestra. In che rapporti eravate?
“Lei frequentava la mia stessa sezione di liceo, due classi prima, essendo più giovane di me. Così conoscevamo gli stessi insegnanti, di cui però non parlo perché in alcuni casi provo ancora un certo astio nei loro confronti. Ma al di là di questo Silvia e io ci frequentavamo anche fuori da scuola. Eravamo in rapporti strettissimi. A Bologna ci iscrivemmo entrambi a lingue. Poi io sono andato in Svezia, ecc.”
 
Leggi ancora molto?
“Meno che un tempo. Al momento ho un’ammirazione sconfinata per Philip Roth. Ma anche per autori classici. Per esempio i francesi: Maupassant, Stendhal, Céline. E naturalmente Emanuel Carnevali.”

06/08/2004





        
  



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