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Un congresso davvero straordinario?

San Benedetto del Tronto | Qualcosa di nuovo sembra muoversi nel panorama critico della giustizia italiana

di Ettore Picardi

Il congresso straordinario di Napoli dell'Associazione Nazionale Magistrati ha evidenziato, finalmente, margini di speranza per la giustizia italiana. Infatti se l'esecutivo continua a manifestare la ferma volontà di portare a termine in tempi brevi la contestatissima riforma dell'ordinamento giudiziario, due importanti novità fanno ben sperare. L'una è interna alla stessa magistratura, che appare concorde ma anche serena ed equilibrata nella sua reazione. Probabilmente sta riuscendo a giudici e pubblici ministeri una corretta operazione di comunicazione, che spieghi all'opinione pubblica che le ragioni del dissenso dalle riforme sono tecniche e non politiche.

Si cerca di dimostrare come non vada accelerata la modifica delle carriere dei magistrati italiani, che avranno colpe e difetti, ma non sono certamente il fattore che determina la crisi della giustizia nel Paese. La loro produttività resta piuttosto alta, anche comparandola a quella dei colleghi europei.

Appare evidente che il sistema non funziona per la sua grave disorganizzazione: troppi processi per pochi giudici, pochi segretari ed altri addetti. Inoltre le procedure sono complesse e lunghe e gli interventi normativi le complicano continuamente. I finanziamenti diminuiscono mentre il diritto aumenta il suo tasso di incertezza, per l'elevato numero di norme e la loro scarsa qualità. Intendiamoci: sono problemi che da alcuni decenni affliggono il sistema ed i lettori notiziati da pessimistici articoli di commento.

Tuttavia l'attuale azione governativa e legislativa si sta limitando a riformare le carriere dei giudici, complicando in modo esponenziale la loro progressione in carriera e stabilendo regole di controllo preoccupanti e vaghe. Risulta singolare che l'attuale maggioranza abbia sempre criticato la legittimazione dei giudici a rappresentare un potere dello Stato in quanto persone non scelte dal popolo ma vincitrici di prove tecniche: ora si vuole aumentare la selezione tecnicistica dei giudici senza verificarne le fondamentali qualità di equilibrio, onestà, capacità organizzativa.

Il timore è quello di vedere create svariate occasioni di controllo personale sui magistrati e non sulle loro capacità e sul loro corretto operare. Di certo le riforme in corso di approvazione faranno concentrare i magistrati sempre più sulla loro personale vicenda, affollata di prove ed esami scolastici, e sempre meno sui ruoli processuali, il loro lavoro.

Il congresso straordinario dell'Anm ha tuttavia mostrato un secondo interessante mutamento di clima. Infatti, oltre alla compattezza interna, anche altre componenti si stanno ritrovando insieme nel criticare motivatamente l'azione politica in materia. Se già appariva evidente da tempo l'opinione del mondo accademico e del personale giudiziario, la vera novità è la sempre più convincente presa di coscienza dell'avvocatura italiana.

Ha ben rappresentato questo momento l'intervento illuminato ed illuminante del prof. Coppi, notissimo penalista. Egli ha descritto una serie di problematiche e di proposte di assoluto rilievo pragmatico, peraltro nobilmente confortate da un'esposizione dotta e giuridicamente alta. Questa linea appare vincente. Capire che il diritto è una scienza pratica, chiamata a risolvere problemi sociali e conflitti interindividuali: se fallisce questo compito esso non ha alcun senso.

Pertanto, pur se rimangono in piedi divergenze su questioni fondamentali come in materia di separazione delle carriere fra giudici e pubblici ministeri, si intravvede una strada comune e convergente: magistrati ed avvocati possono chiedere insieme, o comunque con apprezzabile concordia, di essere messi in condizione di lavorare in modo sensato.

Del resto nuove regole processuali civili e penali dovranno armonizzare le esigenze di una società che cambia di continuo e velocemente, nonchè dovranno prevedere organizzazioni adeguate al funzionamento dei sistemi giudiziari. Non sembri paradossale affermare che non risulterà fondamentale tanto la scelta del modello (o meglio i modelli) processuale di prossime riforme, quanto la coerenza di questo con i suoi scopi e le risorse disponibili.

Non so se i tempi di proteste congiunte siano già maturi, ma appare necessario far capire contemporaneamente ad opinione pubblica e potere politico che gli operatori del settore giudiziario non hanno volontà di intromissione indebita. Non si vogliono condizionare le lotte tra partiti e coalizioni, non si vuole avere libertà di persecuzione dei rappresentanti degli altri poteri.

Si vuole soltanto dire la propria parola di esperti prima delle necessarie riforme, perchè queste conducano ad un reale miglioramento del servizio giustizia, oggi più che mai inadeguato a rispondere alle domande dei cittadini. E per far capire bene questo concetto il contributo dell'avvocatura sarà essenziale quanto doveroso. Sempre che la magistratura sappia parlare ancora, come a Napoli, in modo chiaro, fermo e sereno.

29/09/2004





        
  



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