E' morto Luigi Veronelli, maestro della cultura enograstronomica
| MILANO - Nella partita a scacchi del vino, lui e' stato sicuramente il pezzo piu' pregiato.
di Giancarlo Rossi
Nato a Milano nel 1926, Luigi Veronelli è stato un maestro della cultura enograstronomica, ma non solo, ha speso oltre cinquant¹anni della sua vita in battaglie, intuizioni, stimoli, idee a favore della dell¹agricoltura e di una cognizione del gusto che tenesse assieme la sensibilità sociale.
In gioventù fu assistente del filosofo Giovanni Emanuele Bariè (con cui pubblica la rivista Il Pensiero) e collaboratore di Lelio Basso (edita I problemi del socialismo). È stato amico di Luigi Carnacina (con cui ha redatto testi importanti come La grande cucina, Mangiare e bere all¹italiana, La cucina rustica regionale), di Gianni Brera (con cui è autore di La Pacciada), di Giangiacomo Feltrinelli (a cui fa pubblicare, imperdibili, Mangiare da Re di Nino Bergese e il suo Alla ricerca dei cibi perduti, ripubblicato da DeriveApprodi nel 2004), dell¹architetto-designer Silvio Coppola, di Mario Soldati. Condannato a sei mesi di carcere per istigazione alla rivolta dei vignaioli piemontesi (oppressi da burocrazia e contrastati dai grandi monopoli) e a tre per la pubblicazione di De Sade (l¹edizione di Storielle, Racconti e Raccontini, 1957, fu l¹ultimo rogo della censura italiana). Negli anni Sessanta e Settanta è autore di trasmissioni televisive (ricordiamo, per esempio, A tavola alle sette, con Ave Ninchi) sulla cultura dei vini e dei cibi, di grande efficacia ed eleganza.
Se oggi i vini, la cucina e i giacimenti gastronomici italiani stanno avendo uno straordinario successo nel mondo, buona parte del merito è di quest¹uomo che, con perseveranza, determinazione, rigore e cultura ha saputo individuare e indicare giuste linee di progresso e, con pregnante tensione etica, fare strada, trainare. La teoria dei cru, l¹elevazione dei grandi vini, la limitazione delle rese per ettaro per favorire la qualità e non la quantità, il recupero dei vitigni autoctoni, la vinificazione in luogo, la classificazione dei vini con puntuali esami organolettici, la teoria della distillazione secondo monovitigno, sono solo alcune delle intuizioni, delle lotte e delle vittorie condotte in cinquant¹anni. E¹ stato l¹unico maestro dei migliori wine-writers, italiani e non. Ha inventato un linguaggio, un lessico, ormai entrati nell¹uso corrente: "Bocca piena e calda", "Vino da meditazione", "Vino da favola", "Di zerga beva", "Rossi dialettici".
A settantanove anni aveva nel cassetto un romanzo giallo e una miniera di idee per continuare il divenire della qualità (vedi per esempio le recenti battaglie a favore delle Denominazioni Comunali dei giacimenti gastronomici, dell¹autocertificazione, del prezzo sorgente e dell¹olio d¹oliva, condotte con la collaborazione di molti centri sociali occupati autogestiti e il progetto Terra e libertà/Critical wine.
Da parecchi anni scriveva su Corriere della Sera, Carta, Libertaria e su Veronelli EV, rivista da lui diretta. I suoi libri più recenti: Le parole della terra (assieme a Pablo Echaurren), Viaggio in Italia per le città del vino; Vietato Vietare; Breviario libertino; Il San Domenico di Imola; la ristampa di La Pacciada e le Guide ai Vini e ai Ristoranti. Per le edizioni DeriveApprodi aveva scritto le prefazioni a tre libri dallo spirito libertino di autore anonimo: La cucina impudica, La cuoca di Buenaventura Durruti, La cuoca rossa, e assieme al collettivo tl/cw - redatto il volume Terra e libertà/Critical wine. Sensibilità planetarie e rivoluzione dei consumi.
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30/11/2004
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