In sede di votazione degli emendamenti al disegno di legge di Finanziaria 2005, la proposta a firma del Sen. Buongiorno (AN) ha incassato l’ennesima bocciatura anche grazie al voto contrario dei suoi stessi colleghi di partito.

Il Sen. Curto, vicepresidente della V Commissione non ha infatti mancato di esprimere profonde perplessità su una proposta che il Sen. Buongiorno ha definito “finalizzata a  regolare tale settore, di rendere finalmente trasparenti le attività di gioco spesso svolte in modo illegale”, ritenendola invece “uno strumento volto ad introdurre un'eccessiva liberalizzazione del settore”. Il Senatore Curto ha inoltre ricordato di aver egli stesso presentato un emendamento teso a consentire la nascita di nuove case da gioco, inserendo però l'onere di un'istruttoria più approfondita in quelle Regioni nelle quali maggiore è la presenza della criminalità e, quindi, il rischio di un'infiltrazione di organizzazioni criminali nella gestione delle stesse case da gioco. In particolare, ha sottolineato il rischio di collegamento tra il proliferare del gioco d'azzardo e la consumazione di reati di usura; proprio alla luce di queste perplessità, peraltro confermate dagli approfondimenti e dai sopralluoghi svolti in seno ai lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, ha rimandato sulla  necessità di un approccio approfondito e sistematico della materia.

 

Contraria anche la posizione del senatore Morando (DS-U), che pur dichiarandosi favorevole a soluzioni volte ad ampliare lo spettro delle concessioni per nuove case da gioco, intervento rispetto al quale ha già avuto modo di esprimere il proprio sostegno in numerose altre circostanze, si dichiara contrario all'emendamento a firma Buongiorno. Infatti egli si è detto critico rispetto alla formulazione dell'emendamento che gli appare nel merito non condivisibile e comunque meno puntuale e razionale rispetto a più avanzate proposte emendative esaminate nel corso di questa e della precedente legislatura. Si riferisce in particolar modo alla disposizione che attribuisce la gestione delle case da gioco alle amministrazioni comunali, nonché alla previsione di una casa da gioco per Regione ed alla successiva norma, con quest'ultima in evidente contraddizione, che tende a garantire l'apertura di una casa da gioco ogni tre milioni di abitanti. E' infatti evidente come vi siano Regioni che contano una popolazione inferiore ai tre milioni di abitanti.