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Crisi economica e occupazionale

Ascoli Piceno | Il consigliere comunale del PRC Carlo Cannella invia una lettera al Sindaco sulla mancanza di un progetto nel programma di mandato

di Carlo Cannella

E' ormai nota la situazione economica e occupazionale in cui purtroppo versa la nostra città. E' sempre più evidente cioè una crisi del sistema delle imprese, con un conseguente impoverimento delle famiglie. Per stessa ammissione dell'assessore alle politiche sociali, Achille Marcucci, sappiamo che il 15% delle famiglie ascolane ricorre ormai
sistematicamente agli aiuti del comune per ragioni di pura sopravvivenza.

Mi sarei dunque aspettato dal Sindaco un impegno concreto volto a favorire lo sviluppo, a creare le condizioni favorevoli agli investimenti, a pubblicizzare i vantaggi che pure esistono nell'investire in zona (non ultimi tutta una serie di saperi e professionalità oggi purtroppo espulsi dal processo produttivo). Mi sarei aspettato un progetto inteso a guidare e sostenere l'inserimento al lavoro dei giovani e la riqualificazione professionale, e soprattutto una metodologia che consentisse al Comune di affrontare la crisi delle imprese e di incidere sotto il profilo istituzionale e negoziale, dando in questo modo un contributo concreto ed efficace alle esigenze di riconversione, di salvaguardia e di ricollocamento dei posti di lavoro.

Nel programma di mandato non ho trovato niente di tutto questo. L'unica risposta ai gravi problemi occupazionali consiste essenzialmente nelle leggi di riforma del mercato del lavoro, in primo luogo il decreto legislativo 276/2003, attuativo della legge 14/02/2003 n°30, meglio conosciuta come "Legge Biagi". Se dunque il problema, in via generale, consiste nella scarsa competitività delle nostre imprese nel mercato globale, il problema si risolve, mi si dice, gestendo le risorse umane in senso involutivo, ovvero precarizzando il lavoro, riducendo il suo costo e quindi comprimendo i diritti dei lavoratori. Oppure, come è ben evidenziato nel capitolo riservato alle politiche del personale, esternalizzando i servizi, svincolandoli in questo modo dai limiti normativi ed operativi propri di una Pubblica Amministrazione.

Penso che puntare su politiche del lavoro che in pratica mirano a ridurre drasticamente la sicurezza sociale, non solo sia poco realistico (considerando appunto la grave difficoltà in cui versano oggi le famiglie), ma rischia anche di essere un grave errore strategico. In questo momento della storia e dell'economia mondiale, quello su cui si deve incidere riguarda essenzialmente il contenuto del lavoro. Occorre cioè aumentare il valore delle cose prodotte, dunque investire in innovazione tecnologica, in risorse umane, in organizzazione del lavoro. E se è vero che questo riguarda essenzialmente l'iniziativa privata, non è però ammissibile che nelle sue linee programmatiche una pubblica amministrazione cooperi al processo di precarizzazione del lavoro e alla compressione dei diritti dei lavoratori.

In merito poi alla ventilata ipotesi che il Comune di Ascoli aderisca alla liberalizzazione dell'attività di collocamento, costituendo una propria agenzia di intermediazione, ritengo che un simile modo di agire risponderebbe esclusivamente all'esigenza di fare anche della disoccupazione un mercato redditizio dal punto di vista economico e politico, ma metterebbe in difficoltà il servizio pubblico e creerebbe inevitabilmente una segmentazione istituzionalizzata del mondo del lavoro. Sarebbe invece prioritario sostenere e rafforzare un sistema univoco e pubblico. I comuni dovrebbero cioè partecipare con le Province alla costituzione di una rete pubblica che abbia come fulcro i Centri per l'Impiego.

Porterò dunque all'attenzione e alla valutazione del consiglio un ordine del giorno orientato in tal senso.

02/12/2004





        
  



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