Risale al XV secolo l'infossatura dei formaggi, tecnica sperimentata per la prima volta in quell'epoca che ne permetteva una stagionatura d'eccezione. Un giorno in un futuro lontano qualche storico della calzatura potrebbe dire che all'alba del terzo millennio nelle fosse, per consentire una migliore conservazione del pellame, un imprenditore dal talento originale e creativo ci ha messo le scarpe.

L'imprenditore, bizzarro nella giusta misura, è  Silvano Lattanzi, con un'idea lanciata giusto nei giorni fiorentini del Pitti Uomo alla fortezza da Basso.

La scarpa in fossa non è una boutade estemporanea ma il frutto di una costante ricerca finalizzata ad una produzione d'eccellenza altamente competitiva. Tanto che per il processo d'infossatura lo stesso Lattanzi chiamerà un notaio a certificare data e luogo dell'avvenimento: sei mesi dentro la fossa, questo il tempo stabilito nella clinica delle calzature, e le scarpe firmate dall'imprenditore marchigiano grazie a questa sorta di deumidificatore naturale potranno ottenere il desiderato effetto vintage, vissuto.

Lo stesso infossamento dei formaggi, in grado di consentire la trasformazione batteriologica necessaria alla loro rifermentazione e maturazione, rappresentava, allora come oggi, un’irripetibile occasione di manualità artigianale: quale sfida più accattivante per un imprenditore che ama definirsi un artigiano della scarpa nobile? Anche il pellame delle calzature può e deve subire processi di deformazione della struttura iniziale per garantire un simile processo di maturazione.