Istituita la commissione di certificazione dei rapporti di lavoro della Provincia di Ascoli
San Benedetto del Tronto | Intervista al dottor Vittorio Ricci direttore della direzione provinciale del lavoro di Ascoli Piceno
di Claudia Bachetti e Pasquale Collini
Lunedi' 24 gennaio si è operativamente insediata presso questa Direzione Provinciale del Lavoro la Commissione di Certificazione dei contratti di lavoro, prevista dal D.M. del 21.07.04:
Qual è la portata innovativa dell'istituto della CERTIFICAZIONE?
Quale sarà, a suo parere, l'evoluzione della funzione di consulenza che la D.P.L. dovrà svolgere verso i lavoratori nonché il sistema "azienda"?
L'attività di consulenza che potrà essere svolta dalla Direzione Provinciale del Lavoro sarà quella che fornirà in sede di Commissione di Certificazione (sicuramente non riconducibile a quella prevista dalla L.n.12/79 dei consulenti del lavoro) e sarà rivolta oltre che verso il "sistema azienda", anche e soprattutto verso il lavoratore, perchè abbia la certezza della qualificazione della prestazione che ha concordato con l'azienda.
Al riguardo la Commissione, essendo costituita dai rappresentanti della D.P.L., dell'INPS, dell'INAIL, dell'Agenzia delle Entrate e dei liberi professionisti può garantire un esame approfondito della correttezza del tipo di qualificazione ed inquadramento proposto dalle parti.La consulenza della Commissione non potrà essere preventiva ma, come viene raccomandato dalle circolari ministeriali, dovrà essere prrestata durante il lavoro svolto dalla stessa.
A questo proposito occorre evidenziare l'importanza che assume il lavoro di consulenza preventiva svolto dai liberi professionisti (consulenti, avvocati, commercialisti) che sono vicini alle parti e che dovrebbero precisare le modalità applicative di ciascun contratto. La chiarezza nella modalità di svolgimento del contratto è essenziale. L'istanza di certificazione deve essere, quindi, estremamente analitica nell'indicare le mansioni e le modalità operative dello svolgimento della prestazione, nonché le modalità retributive.
La Commissione potrà, se necessario, chiedere di integrare i contratti deficitari; in questo caso, ovviamente, il termine di 30 giorni entro i quali la Commissione deve procedere alla certificazione (ovvero, al diniego, se non ricorressero le condizioni richieste) decorrerà dalla data di ricevimento della documentazione mancante.
Precisiamo, nel dettaglio, gli effetti giuridici della certificazione: le aziende che avranno un contratto certificato, potranno comunque subire una verifica ispettiva? Nel concreto, a suo parere, in quali casi fattivamente le aziende avranno convenienza a presentare una richiesta di certificazione che, ricordiamolo, è del tutto facoltativa?
La richiesta di certificazione è effettivamente facoltativa e del tutto volontaria (le parti non devono avere costrizione alcuna) . L'azienda che accede a tale istituto non avrà mai un salva-condotto per bloccare l'attività ispettiva, semmai la la certificazione metterà in stand-by gli istituti previdenziali nonché la stessa D.P.L. nel caso di accertata difformità del contratto nelle mansioni.
La certificazione, infatti, ha valore tra le parti e nei confronti dei terzi fino alla sentenza del giudice del lavoro nel caso disponesse per l'erroneità nella qualificazione oppure la difformità nel programma tra quanto previsto e quanto effettivamente svolto. Solo a questo punto gli enti previdenziali potranno procedere secondo le proprie competenze.
Ne consegue che le verifiche potranno essere svolte ugualmente, ma l'ispettore NON POTRA', in sede ispettiva, ADOTTARE ALCUN PROVVEDIMENTO anche qualora si trovasse di fronte ad una palese contraddizione del contratto certificato. Ad esempio, qualora l'ispettore accertasse in sede di accesso ispettivo che una azienda nella quale è occupato un associato in partecipazione, qualificato nel contratto come addetto commerciale, di fatto si occupasse della gestione del centralino in palese contraddizione della certificazione, l'ispettore del lavoro non potrà intervenire con propri provvedimenti (come la contestazione di violazioni amministrative o penali) , nei confronti del responsabile dell'azienda, salvo ad informare gli enti previdenziali (in quanto parti lese).
Saranno questi ultimi che provvederanno ad adire l'autorità giudiziaria (Tribunale in veste di Giudice del lavoro) per erroneità della qualificazione e/o difformità della prestazione. Fino alla sentenza del giudice del lavoro, le parti sono quindi salvaguardate. Solo se il giudice del lavoro accerterà un'erronea qualificazione, gli enti previdenziali potranno richiedere i contributi arretrati fin da quando è iniziato il rapporto di lavoro (ovvero, in caso di difformità, da quando questa ha avuto inizio) . Pertanto l'istituto della certificazione ha lo scopo di deflazionare l'attività della magistratura per quanto attiene la qualificazione del rapporto di lavoro, ma non certo di eliminarla.
Desidero, altresi', precisare, con l'occasione, che sia da parte del Ministero del Lavoro che su iniziativa della Direzione Regionale del Lavoro per le Marche da me diretta c'è una continua attività di formazione presso gli stessi ispettori del lavoro, i quali hanno dovuto letteralmente cambiare pelle, dovendo passare da una metodica ispettiva a carattere quasi esclusivamente repressiva, ad una che addirittura li facoltizza ad attuare la c.d. "conciliazione monocratica", come ad un'attività promozionale e, addirittura, di "consulenza" (chiaramente diversa da quella di cui alla L. 12/79), il che era del tutto impensabile fino a pochi anni fa.
C'è da augurarsi che tra gli addetti ai lavori ci sia una giusta ufficializzazione della normativa al fine di agevolare l'utenza nelle proprie scelte.
A livello Regionale le Commissioni di Certificazione sono state istituite presso tutte le D.P.L.?
Sono particolarmente lieto di notiziare che la D.P.L. di Ascoli Piceno è stata una delle prime in Italia ad attivarsi per l'insediamento della Commissione di certificazione,così come la D.P.L.di Macerata, mentre Ancona e Pesaro partiranno tra pochissimo. Quindi entro 15 giorni le Marche saranno interamente coperte.
Al riguardo si evidenzia che il Ministero ha già svolto una intensa attività informativa su tutto il territorio Nazionale. Spetta ora ai singoli Uffici far conoscere all'utenza il nuovo istituto introdotto nel nostro Ordinamento giuridico; istituto definito come una sorta di "volontà assistita" che però, nel caso in esame, puntualizza la qualificazione del rapporto di lavoro.
Anche se siamo solo agli esordi, è possibile stimare la possibile platea di utenti?
E' difficile in questo modo fare delle previsioni quantitative. Alla data odierna poche istanze sono state presentate: forse per una scarsa conoscenza della normativa. Ribadisco che il ruolo dei professionistiè fondamentale per proporre l'istituto all'ampia platea di soggetti interessati. La Legge Biagi ha introdotto la certificazione per sottolineare l'effetto deflativo che si può ottenere: in sintesi è necessario che si chiarisca fin dall'inizio la natura del rapporto. Ciò è quanto mai opportuno per le nuove tipologie contrattuali introdotte dallo stesso Biagi (es. Lavoro ripartito - job sharing, lavoro intermittente - job on call, lavoro a tempo parziale), e che il D. Leg.vo 251/04 - correttivo del D. Legvo n. 257/04 - ha provveduto ad estendere la certificazione a tutti i tipi di contratto.
Si può quindi prevedere che questo istituto avrà un buon sviluppo e sarà utilizzato da parecchi operatori. Ciò comporterà anche una caduta dei ricorsi ex art.16 e 17 del decreto n.124/04 al Comitato Regionale per la qualificazione dei rapporti di lavoro.
Concluderei, accennando al fatto che tutto l'impianto della Legge Biagi e dei suoi Decreti attuativi hanno evidenziato una notevole attenzione verso il lavoro dei giovani (anche se i detrattori amano parlare di precariato, ma le discipline citate mirano soprattutto ad un incontro tra i giovani che chiedono lavor e l'impresa), e verso il lavoro femminile: anche l'istituto della certificazione è rivolto in questa direzione, poiché oltre alle finalità deflative di cui si è accennato, c'è anche quella di incentivare l'impego di contratti alternativi che, con buona probabilità potranno rappresentare un'importante veicolazione verso il lavoro al femminile, cosi' sensibile al fattore "flessibilità".
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05/02/2005
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