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Al Teatro del “Sorriso” con Arsenico e vecchi merletti

| ANCONA - Intervista a Giampiero Piantadosi

di Andrea Carnevali

Dopo i successi ottenuti con “La Butéga del Caffè”, “Zizó de Palumbèla” e “L’Imbriago”, il Teatro del Sorriso si ripropone con Arsenico e vecchi merletti di Joseph Kesselring da cui Frank Capra trasse nel 1944 un famoso e divertente film con Cary Grant.

La scelta del testo, naturalmente, appare determinante per la buona riuscita di questo progetto, ma certamente il lavoro di Kesselring offre garanzie più che sufficienti. 

La regia e affidata a Giampiero Piantadosi che metterà in scena il 5 e 6 febbraio questo spettacolo ad Ancona. Stimolato dalla curiosità di questa rappresentazione mi  è sorto spontaneo fare queste domande:
 
Perché la scelta di questo allestimento?
Dopo tre lavori in vernacolo avvertivamo l’esigenza di misurarci con qualcosa di più impegnativo. Passare al teatro in lingua ha rappresentato per alcuni di noi un ritorno alle origini della nostra formazione teatrale, quando militavamo in altre Compagnie prima che fondassimo nel 1997 il Teatro del Sorriso. Quanto alla scelta del nuovo lavoro, questo doveva essere brillante, divertente, moderno, poco rappresentato, ma comunque conosciuto e di richiamo. Tutte caratteristiche presenti in ”Arsenico e vecchi merletti”, che, infatti, ha riscosso un grande successo, anche e soprattutto da una parte di pubblico che non amando il vernacolo non aveva mai visto prima i nostri spettacoli.
 
 
Interessante è capire anche il perché dello stile forse dell'epoca: i costumi non hanno subito adattamenti? 
Lo stile e l’epoca sono chiaramente e fortemente caratterizzati nel testo. La commedia è ambientata a Brooklyn nel 1941, in piena Seconda Guerra Mondiale, ma prima di Pearl Harbour e dell’intervento americano. Anche questa è forse una scelta precisa dell’autore, che evidenzia come le due anziane sorelle Brewster vivano in un mondo virtuale tutto loro, fuori di ogni logica corrente e avulso dalla realtà, al punto che la guerra che c’è in Europa – destinata a cambiare le sorti della storia - e quel certo Hitler di cui hanno sentito parlare, siano avvenimenti lontani anni luce dal loro piccolo mondo e dalla loro quotidianità, scandita dai riti del tè, dei biscotti, dell’ascolto delle prediche del reverendo Harper e, naturalmente, della loro “innocua” attività di “assistenza” agli anziani.
I costumi di conseguenza sono ispirati a quel periodo, con un accentuato distacco tra il modo di vestire attuale e “moderno” di quasi tutti i personaggi, in contrasto con il gusto antico e demodé delle due vecchie zie.
 
Come mai la scelta di un un giallo?  
Pensare ad “Arsenico e vecchi merletti” come ad un giallo, nel senso che diamo di solito a questa definizione, forse non è del tutto esatto. Il giallo classico appoggia la sua trama narrativa sulla caccia ad un assassino, di cui quasi sempre si ignora l’identità, e l’attenzione del pubblico è volta a cogliere tutti quegli indizi che lo aiutino ad individuare il colpevole. In questo lavoro teatrale, invece, parodia del classico “noir” all’americana, gli aspetti più raccapriccianti e macabri del genere cosiddetto gotico hanno un tocco di leggerezza così lieve ed impalpabile da conferire all’intera commedia quel tocco surreale e sospeso che è stato la causa principale del suo successo. Non dimentichiamo che “Arsenico e vecchi merletti” debuttò a Broadway proprio in
 
Il tema della dimenticanza, di due anziane signore ecc. è un tema caro alla letteratura del Novecento, soprattutto di autori che si muovono  del futurismo. Mi fa ricordare a "Sorelle materassi "di Palazzeschi! Lei che cosa ne pensa?
Non ci risulta che Joseph Kesselring, autore di questa commedia, facesse parte di qualche corrente letteraria od artistica. Viene piuttosto da pensare ad un colpo di genio isolato, ad un parto della fantasia unico ed irripetibile, anche perché di lui non si conoscono titoli di altre opere, né prima né dopo il successo di questo straordinario “Arsenico e vecchi merletti”. La caratteristica delle anziane sorelle Brewster non è la dimenticanza, ma l’appartenenza ad un mondo parallelo e surreale, vissuto con tale forza e intensità da risultare altrettanto reale di quello vero. I due piani, realtà e sogno, si intersecano così senza mai incrociarsi, e da qui nascono gli equivoci e i colpi di scena. Zia Marta e zia Abby sono davvero convinte di fare del bene, e nel loro universo irreale ed ovattato i dodici cadaveri seppelliti in cantina non hanno più nulla di macabro o di pauroso. Sono semplicemente dei vecchietti addormentati per sempre in uno stato onirico che li salva dal dolore e dalla sofferenza del quotidiano. Di questa sovrapposizione di piani di realtà così diversi tenterà di approfittare il malvagio nipote Jonathan, alle prese con il problema di disfarsi del cadavere del signor Spenalzo da lui assassinato, mentre l’incredulo Mortimer, suo fratello, farà di tutto per conciliare l’inconciliabile, cercando di riportare ordine e logica nel caos ingovernabile in cui la sua famiglia è improvvisamente sprofondata, e, soprattutto, non impazzire anche lui nel tentativo di contrastare la lucida follia che lo circonda. L’accostamento alle sorelle Materassi può venire spontaneo se pensiamo alla stretta dipendenza che lega le protagoniste, dove l’una è completamento e sostegno dell’altra, ma non dobbiamo scordare il diverso contesto in cui matura e si svolge il dramma di Palazzeschi.
 
 
Quali sono state le scelte di regia comprese quelle del cast?
Innanzitutto l’ambientazione scenografica, elemento essenziale in un lavoro come questo. Poi, ovviamente, lo studio dei personaggi, allo scopo di evidenziarne i caratteri, le caratteristiche e le contraddizioni, cercando al tempo stesso di non scadere mai nello stereotipo o nella macchietta. La scelta del cast è stata fondamentale in questo senso, perché ogni carattere è stato per così dire “cucito” addosso al suo interprete, con il risultato evidente che in scena tutti appaiono naturali e credibili, anche nelle situazioni più assurde e grottesche. A tutto questo abbiamo aggiunto un ritmo serrato ed incalzante, entrate e uscite attente e tempestive, colpi di scena, trucchi come quello del quadro che cade ogni volta che Teddy sbatte la porta, e il risultato finale è un lavoro nel complesso molto equilibrato e gradevole.
 
 
Avete deciso di devolvere il ricavato? 
Abbiamo sempre sostenuto ed aiutato quando possibile Associazioni di volontariato come l’AMBALT, l’AVIS, la Croce Gialla e molte altre.  Con questo stesso spirito di solidarietà abbiamo portato i nostri spettacoli negli ospedali, nelle case di riposo e recentemente anche nel carcere di Montacuto, in esclusiva per i detenuti e il personale di custodia.  Questa volta abbiamo deciso di devolvere l’intero incasso dello spettacolo di domenica alla associazione “Il Focolare” di Ancona, che si occupa di assistenza ai malati anche terminali di AIDS.

01/02/2005





        
  



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