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"La Verità sta nel pozzo …"

Ascoli Piceno | Risposta al consigliere Raffaele Tassotti da parte del segretario comunale di Rifondazione Comunista di Ascoli Piceno

di Massimo Martelli

 
 
Colgo l’occasione per ringraziare Raffaele Tassotti per la Verità sulla Sorgente dei Monti Azzurri, perché di questi tempi ne abbiamo proprio bisogno. Troppe cose sono state dette e scritte, e pare che finalmente c’è la Verità. Ma siamo sicuri?
 
Confesso, dopo attenta riflessione, che neanche Tassotti è riuscito ad esprimere la Verità. Cercherò di spiegare perché, tralasciando inutili polemiche su spauracchi come quello della “chiara regia” dell’arcipelago della sinistra (espressione demagogica, dal momento che per quanto mi riguarda non sono soggetto ad alcuna “chiara regia” ma seguo piuttosto i dettami della mia sensibilità civile e ambientalista).
 
Tassotti sostiene che tutto il ciclo delle acque, dalla captazione alla distribuzione, è gestito dal pubblico. Vero, e i nostri rubinetti sono salvi. Ma il punto è che non stiamo parlando di rubinetti bensì di bottiglie, e del pet di cui queste sono fatte: chi utilizzerà e imbottiglierà e commercializzerà e pubblicizzerà quella “minima” parte della sorgente di Capodacqua che attualmente si riversa nel Tronto senza beneficio per alcuno (ad eccezione, forse, del fiume Tronto stesso e dell’intero ciclo naturale delle acque)?
 
E’ poi veramente necessario imbottigliare ancora acqua in questo paese, che è un autentico paradiso di consumo delle acque minerali? Gli italiani sono i primi consumatori di acqua minerale al mondo, con 182 litri di media annua pro-capite, mentre nel caso dell’acqua del rubinetto, considerata superstiziosamente non all’altezza di quella con l’etichetta (idea lontanissima dalla Verità), rispetto al 10% che si utilizza a scopo domestico soltanto il 2% finisce nel bicchiere per essere bevuta.
 
In Italia ci sono ben 177 imprese di acque minerali e 287 marchi, per non parlare delle poche grandi multinazionali come la Nestlé (sì, quella della cioccolata) proprietaria della San Pellegrino, la Danone proprietaria della san Benedetto, che assieme alla Co.Ge.Di Italacqua coprono da sole i tre quarti del mercato.
 
Il tutto per lo stellare fatturato complessivo annuo di circa 5 miliardi e 500 milioni di euro (dati a cura dell’Istituto di ricerca Ares, non della “chiara regia”).
 
Senza contare poi che l’acqua minerale costa molto di più dell’acqua di rubinetto: dalle 300 fino alle 1000 volte di più! Come definire questo se non sfruttamento a fini di mercato di un bene demaniale pubblico? Ci comprenderemo anche la sorgente di Capodacqua, che imbottigliata con delle belle etichette, secondo qualcuno, dovrebbe portare flotte di turisti assetati a visitare le nostre parti?
 
E mettiamoci anche i costi dello smaltimento dei contenitori in pet delle acque minerali (circa l’80% delle bottiglie per le acque minerali sono fatte di pet), che è un costo, questo sì, pubblico, dal momento che è a carico delle regioni.
 
Veniamo allora al pet. Per produrre 1 chilogrammo di questa schifezza occorrono 17,5 chilogrammi di acqua e vengono rilasciati nell’atmosfera 40 grammi di idrocarburi, 25 grammi di ossidi di zolfo, 18 grammi di monossido di carbonio e 2,3 chilogrammi di anidride carbonica. Con un chilo di pet si ottengono una trentina di bottiglie da 1,5 litri: allora, per un totale complessivo di 45 litri di acqua imbottigliata se ne consumano, per il contenitore stesso, quasi la metà (17,5 litri, appunto)!
 
Bello spreco, alla faccia dei pozzi dove l’acqua si andava ad attingere una volta, o delle condutture che ce la portano direttamente a casa!
 
Concludo dicendo, ancora, che non esiste alcun diritto sull’acqua, dalla montagna alla pianura: l’acqua è una risorsa patrimoniale pubblica. Qualsiasi gestione privatistica di un bene comune universale come l’acqua è un furto ai danni della collettività. Altre risorse sono sfruttabili, investibili, commercializzabili. L’acqua, come l’aria, no. Ecco spiegate, spero, le ragioni della nostra “avversione”.

11/03/2005





        
  



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