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Luca Marani si è incontrato a Salvador Bahia con mons. Giancarlo Petrini

Fermo | Ilgiornalista durante il suo raid dell’America del Sud in moto ha incontrato mons. Giancarlo Petrini, fermano, ordinato Vescovo il 10 marzo scorso. Ecco l'intervista.

di Luca Marani

 

Il giornalista sangiorgese Luca Marani, che da tre mesi sta effettuando il raid dell’America del Sud in moto, si è incontrato a Salvador Bahia con mons. Giancarlo Petrini, fermano, ordinato Vescovo il 10 marzo scorso al quale ha fatto un’intervista che vi riproponiamo preceduta dal sunto dal diario dell’ultimo mese di viaggio:


Il viaggio nell’America del Sud con la mia moto Transalp ha superato i 20.000 km e toccato 3 Stati: Argentina, Cile, Brasile. Nei prossimi giorni inizierà l’ascesa per la Bolivia ed il Perù, sperando che cessino le piogge che rendono i percorsi stradali quantomai insidiosi e quasi impossibili da praticare per chi come me non ha assistenza tecnica e si porta appresso circa 100 kg di bagagli.

Nel frattempo l’avventura si è sviluppata in Brasile: dal Carnevale di Rio de Janeiro, alle splendide spiagge del sud, da Balneario Camboriù fino all’isola di Florianopolis scoprendo un altro Brasile bellissimo, sconosciuto. Una terra quasi europea, dove spiccano città con ospitalissime popolazioni di origini italiane e tedesche, che parlano ancora i propri dialetti come lingua principale. Poi la capitale industriale San Paolo, molto più attraente di quanto non sia accreditata, la splendida vegetazione della frastagliata costa che va da Santos a Rio e l’attrazione delle montagne che conducono verso Belo Horizonte fino a Salvador Bahia, avvolta da un fascino speciale. E’ l’altra parte di un Brasile di cui non si parla ma che colpisce e affascina.


SALVADOR BAHIA (Brasile) – Nel mio diario della motocicletta, entra ora anche un concittadino fermano, che alla splendida e contrastante terra Brasiliana deve la sua crescita e le sue maggiori soddisfazioni: don Gian Carlo Petrini, oggi Vescovo. Ci incontriamo nella sua casa al tredicesimo piano di uno dei tanti palazzoni che caratterizzano le città Brasiliane. Dalla finestra il mare, che gira tutto intorno al terrazzo, è seminascosto dai grattacieli ma anche da una favela: “si chiama “Favela nord-este di Amaranina” – dice il neo-Monsignore - ed è stata considerata dall’Onu quella dove avviene il più alto numero di omicidi rispetto alla quantità di gente che ci vive”.

In una comunitá non altrettanto violenta ma simile, per la povertà che la contraddistingueva, nella megalopoli San Paolo, iniziò nel 1970 il cammino di Gian Carlo Petrini: “Ero appena laureato – dice - volevo aiutare i poveri, seguendo la filosofia sessantottina che ho vissuto fino in fondo partecipando anche all’occupazione dell’Università. Diventare prete era un’idea che rifiutavo. Poi invece la frequentazione di sacerdoti affascinanti e la soddisfazione che mi dava l’attività di evangelizzazione mi hanno portato fin qui”.

“Mi era venuta l’ansia sull’utilità della vita il giorno che vidi mio nonno morto e da quel giorno sono vissuto per dare un senso forte alla mia di vita. All’inizio ho pensato che questo senso lo potesse dare solo il potere, ed è per questo che scelsi la facoltà di Scienze Politiche all’Università di Perugia. Poi invece, grazie anche alle frequentazioni di Comunione e Liberazione, ho capito che il senso dell’esistenza derivava solo dall’amicizia e dall’operatività che ne scaturiva, ed ho fatto la mia scelta più gratificante e significativa”.

Una scelta che ha portato un prete fermano-sangiorgese (“sono cresciuto a Fermo ma i miei nel 1970 si trasferirono a Porto San Giorgio e da allora tutti i miei ritorni in Italia mi hanno fatto sentire anche sangiorgese”), don Gian Carlo Petrini, ad essere ordinato Vescovo lo scorso 10 Marzo, presso la Cattedrale di Salvador Bahia nella splendida piazza storica di Pelorinho.

Di fronte a tantissimi brasiliani ma anche a 60 italiani, per la maggior parte del Fermano, compresi il vescovo emerito di Fermo Cleto Bellucci, il sindaco sangiorgese Claudio Brignocchi e il Presidente del Consiglio fermano Nello Raccichini.

Che significato ha per lei essere diventato Vescovo?
“La sensazione è duplice: da un lato la soddisfazione per essere un successore degli Apostoli e per aver dato un senso importante al percorso fatto. Dall’altro, il timore per la grande responsabilità che è quella di rigenerare il Popolo di Dio, la sfida più grande”.

Che posto hanno i ricordi Fermani nella sua mente?
“Sono profondi! E lo testimoniano i 60 che sono venuti dall’Italia per la mia ordinazione a Vescovo. Il furore italico per la ricostruzione post-bellica me lo porto dentro. Furore identico si vive qui in Brasile nella ricostruzione di un tessuto sociale ed ecclesiale che è martoriato”.

Ma i Brasiliani sono considerati dei grandi credenti.
“Vero, questo popolo ha una fortissima religiosità. La secolarizzazione che caratterizza l’Italia e l”Europa tutta, qui non esiste. E la religiosità si esprime in tanti modi ed é molto gioiosa. Ma i problemi sono tanti ugualmente”.

Si sente di inviare un messaggio ai suoi concittadini del Fermano, che forse in molti la scoprono solo in questa grande occasione?
“Ai Fermani e ai Sangiorgesi, voglio dire che quello che più mi impressiona di loro quando torno, è la facilità al lamento. Qui invece, pur essendo poverissimi, sono felici. Tutto dipende dalla fede: li invito a recuperare il senso della vita che i nonni ci hanno trasmesso e che hanno messo da parte. Quella di mio nonno era una fede più semplice, in un periodo molto diverso: io sono intellettuale, conosco molte cose ma vivo la fede in modo intenso ugualmente. Tutti quelli che lo vogliono possono fare altrettanto”.

15/03/2005





        
  



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