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“Le verità negate – Kaisar”

| ROMA - Cesare ritorna nei Fori Imperiali con un suggestivo spettacolo

di Rossella Rinaldi

 
Alda Fendi  ha giocato in casa. Per inaugurare la nuova attività la Fondazione che porta il suo nome ha ambientato la prima parte della performance “Le verità negate – Kaisar” proprio nella sua sede. Lo spettacolo è una vera e propria presentazione per quest’istituzione, creata da una delle sorelle Fendi, che si è svincolata dalla sua precedente attività nel campo della moda e si è votata completamente all’arte. Non a caso la fondazione Fendi si chiama anche Esperimenti, proprio perché vuole puntare sulla valorizzazione di artisti giovani, sulla riflessione su temi provocatori, sull’incontro creativo tra varie discipline.
E l’importante compito di battezzare la Fondazione è stato raccolto da Raffaele Curi, nome da lungo tempo presente sulle scene cinematografiche e teatrali internazionali (è stato collaboratore di Gian Carlo Menotti e Man Ray), che della fondazione è anche il direttore artistico.
Dal 4 al 12 marzo, i fortunati, selezionati, spettatori hanno potuto visitare la Galleria Fendi, ubicata all’interno del palazzo Roccagiovane, e le fondamenta della basilica Ulpia, venute alla luce proprio nel corso dei lavori di ristrutturazione della Fondazione.
I due fanciulli nudi e due pericolosi serpenti racchiusi in teche ermetiche,  espliciti riferimenti al mito di Laocoonte, il veggente troiano ucciso perché considerato un impostore, introducono al tema delle “verità negate”. Un preambolo allo spettacolo vero e proprio, che ha avuto luogo all’interno della Curia dei Fori Imperiali, spazio denso di rimandi e di echi storici (qui è stato realmente assassinato Cesare…). 80 figuranti, vestiti da minatori, hanno accompagnato gli spettatori durante il percorso fino alla Curia, dove, oltre una curatissima scenografia luminosa curata da Guido Levi, li attendevano un suggestivo alternarsi di effetti visivi, che andavano da dipinti di Paolo Uccello, immagini di Napoleone, effigi di Abramo, a frasi di T. S. Elliot, in una volontà di rileggere il mito e di trovare un filo rosso nella storia dell’umanità che dall’antica Grecia e Roma Imperiale, attraverso la vicenda emblematica di Cesare, arrivasse ai giorni nostri.
E poi all’improvviso, chiuse le pesanti porte, si sono materializzati Vincent Gallo, pittore, musicista, nonché icona cult del cinema indipendente americano, diventato un novello Antonio che commemorava la morte di Cesare in un monologo shakespeariano e Sheila Chandra, cantante indiana di ricerca, che ha riecheggiato con le modulazioni della sua voce metafore di speranza.
E all’uscita gli 80 figuranti sono diventati monaci tibetani, contrapponendo il loro casto candore alle armi della guerra, in un gioco di rimandi sulle “verità negate”.

19/03/2005





        
  



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