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“Vita, pane, pace e libertà: Immagini dal mondo”

Ascoli Piceno | Presentata presso la Sala Massy la mostra fotografica di Gabriele Viviani

di Federico Biondi

Sabato pomeriggio alle 17:30 sarà inaugurata la mostra “Vita, pane, pace e libertà: immagini dal mondo”. Delle 60 opere esposte molte ritraggono Papa Giovanni Paolo II in preghiera in Vaticano, le altre ritraggono immagini di povertà nel mondo.
 
Gabriele Viviani nato ad Ascoli Piceno è un amico d’infanzia dell’assessore al commercio nel Centro Storico Cesare Celani.
 
L’assessore presente alla conferenza non ha lasciato dichiarazioni in merito alla mostra ma ha raccontato come i due si conoscano da decenni e di come hanno passato l’infanzia in Largo 211° (oggi Largo delle Ginestre n°1), all’ombra del primo grattacielo di Monticelli.
 
Gabriele Viviani ha collaborato per i reportage e i servizi giornalistici direttamente con il Vaticano e i giornali di matrice cristiana come Famiglia Cristiana ma anche con la casa editrice Laterza e ultimanmente con l’editore Città Nuova.
 
È stato con Madre Teresa di Calcutta in India prima che morisse, “parlava e pregava – dice Viviani – i miei occhi si soffermarono sui suoi sandali rovinati e rammendati e feci un unico scatto”. Nonostante la morte di Madre Teresa di Calcutta fosse un grande evento mediatico Gabriele Viviani si limitò a questo unico scatto.
 
Successivamente tornò in India e andò a lavorare nella “Casa del Moribondo”, il luogo era molto sentito da Madre Teresa di Calcutta, “non avevo mai visto la morte fino a quel giorno – ricorda Viviani che aggiunge – con la mostra voglio comunicare che non ci sono differenze tra gli uomini”.
 
In quel luogo cristiani e induisti venivano accompagnati a morire dignitosamente al capezzale di una suora, “se viene venduto qualche quadro dono il ricavato alla famiglia di un medico Kossovaro dell’Uck morto e che sono andato cercare nelle fosse comuni”.
 
Il pensiero di Gabriele Viviani: Fotografando
 
….gli uomini sono tutti diversi eppure sono figli della stessa terra dobbiamo trovare insieme lo spazio per una convivenza pacifica: credo nei popoli, nei sogni, nell’incrocio delle culture come dono e ricchezza per tutti noi.
 
La forza di un popolo non è nella forza fisica, non si fa con le armi ma con la cultura e l’umiltà.
La pace ha un valore che non ha frontiere né muri, c’è un solo popolo unito in un’ unica parola “pace”.
 
Pace vuol dire non solo vivere senza guerra ma soprattutto non avere più fame, non avere più freddo, non avere più paura.
 
Ho sempre trovato nei miei reportage scene drammatiche ma forse le più forti le ho vissute di fronte ai bambini che giocano a fare la guerra e mi domando perché i soldati giochino a fare i bambini.
 
Sono certo che se non c’è rispetto per i più  deboli non può esserci speranza e l’umanità tutta resta ferita. In ogni immensa tragedia cerco sempre di trovare un sorriso: è da quel sorriso che scorgo un mondo migliore.
 
Conosco molto bene i luoghi del dolore, perché sono stato in zone di guerra,  in aree di grande povertà, nei paesi dove si muore di fame e credo che ognuno di noi sia responsabile di ogni morte, comunque essa sia avvenuta.
 
Ho fotografato in Bosnia, in Palestina, nelle Favelas brasiliane, nelle Bidonville indiane, nei lebbrosari e dinanzi a situazioni in cui non sono sicuro di rispettare la dignità umana preferisco sostare sulla soglia… è un altro me stesso che incontro negli altri: “quello” mi dico ogni volta sono io.
 
Molto spesso mi trovo a documentare l’umanità immersa nel dolore e mi chiedo se l’uomo si debba abituare a vivere nel dolore: poi in quel sorriso a denti stretti che ogni volta trovo scopro che sto bestemmiando, perché sono certo che al dolore non ci si abitua mai.
 
Per quanto il dolore si  possa condividere non si può comunicarlo con nessun immagine.
                                                                 
Mi disse Ardita in un campo profughi… “ho sentito il dolore di mio marito ucciso prima ancora di vedere il suo corpo in una fossa  comune..” e a quel dolore ogni volta mi accosto con la mia macchina fotografica come se entrassi in un territorio sacro e cerco di scoprirne la bellezza.

22/04/2005





        
  



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