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La finanza italiana in fibrillazione

| Ritorno su " Un cavallo di Troia di nome OPA"

di Veleno

Voglio essere, come al solito, velenoso e antipatico, anche con il sig. Luigino Vagnozzi che segue il nostro IlQuotidiano.it da Milano. Mi rimprovera  alcune cosette dette nell' articolo scritto a proposito della scalata al pacchetto azionario delle Banche Antoneveneta e BNL (Banca Nazionale del Lavoro), da parte dei colossi ABN AMRO e Banco di Bilbao.

Probabilmente il sig. Vagnozzi, lavorando nel  mondo della finanza attualmente in fermento, forse in ebollizione, sente particolarmente questo momento difficile che, dolente o nolente, lo coinvolge. E può capitare che la tensione qualche volta faccia perdere la lucidità.

A proposito della FIAT, si dice scandalizzato dal fatto che io affermi che la nostra grande industria automobilistica sarebbe fallita senza il sostegno del nostro sistema bancario e, aggiungerei, politico. Poi però mi rimarca involontariamente il fatto che Unicredit, Banca Intesa, San Paolo Imi e Capitalia, ai " bei tempi" di Cuccia imperante, puntellarono finanziariamente la FIAT per salvare il salvabile. Infatti afferma che, se la fabbrica di Torino ora dovesse andar male , scusi
l' eufemismo, queste banche perderebbero la restituzione dei finanziamenti concessi tempo fa.

In sostanza si lanciano in una pericolosa avventura per tappare il buco di un rischio pregresso, non andato a buon fine. Per usare un vecchio proverbio direi:dalla padella alla brace. Lei pensa che una banca del tipo di ABN AMRO si sarebbe imbarcata in quest' avventura? Tutto al più, penso, allargandomi di molto, che se avesse fatto il primo errore avrebbe poi evitato il secondo. General Motors docet.

Purtroppo il nostro sistema bancario è fatto di tanti piccoli Istituti che come collante hanno grossi centri di potere ormai in decadenza come Mediobanca e Banca D' Italia. Questi Istituti Sono così piccoli che non riescono a migliorare la loro bassa produttività e siccome non si fanno concorrenza, praticando uno sorta di cartello, trasferiscono il costo della loro inefficienza ai clienti. Qui il mio pensiero converge con il suo ma bisogna andare oltre e adeguarsi anche a quello di Mantezemolo: bisogna spingere le fusioni e le aggregazioni. Un pungolo ovviamente è la paura di essere fagocitate dalle grandi banche europee. Quindi ben vengano le OPA. Come vede sono un pro OPA e qui probabilmente sono stato frainteso e non meritavo il suo rimprovero. Che vuole, succede anche ai giornalisti di avere la sindrome del fraintendimento  Berlusconiano.

E naturalmente sono convinto che la concorrenza tra le banche avvantaggerebbe le piccole imprese ma solo le più efficienti (non dimentichi Basilea 2). Ed anche qui, nel settore industriale, l' efficienza non si sposa bene con il piccolo. Questo è spiegabile con un semplice e logico diagramma di flusso: più piccolo sei meno ricerca fai,meno prodotto di alta qualità produci, più concorrenza hai dai paesi emergenti, che fabbricano prodotti mediocri ma a costi molto contenuti per la bassa incidenza del costo del lavoro (est vicino ed est lontano),più devi aver terrore del dumping. Ergo è importate spingere ulteriormente le fusioni e le aggregazioni.

Per concludere e sintetizzare il mio pensiero espresso,forse non chiaramente, in " Un cavallo di Troia di nome OPA" , direi che se il sistema bancario italiano non si affretta a crescere, in tutti i sensi, sarà messo a ferro e fuoco dalle mega banche internazionali. Idem per l' industria italiana. Certo alla fine resteranno sul campo solo i migliori e per tutti sarà meglio perché saranno i più efficienti e i meno costosi.

Tutto ciò che non si trasformi però in un cinico liberismo alla Hayek noto ispiratore delle politiche economiche Thatcheriane e Reaganiane. Se andasse alle ortiche il walfere sarebbero guai per i più deboli.

27/04/2005





        
  



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