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La cultura del turismo di movimento

| CUNEO - Cercare attraverso il reale di conoscere non per disprezzare o deridere, ma per amare e comprendere

di Beppe Tassone

“Andava dunque il nostro viaggiatore allegramente, senza aver disegnato né dove, né come, né quando, né avesse a fermarsi la notte, premuroso soltanto di portarsi avanti, dall’arrivar presto al suo paese, di trovare con chi parlare, a chi raccontare, soprattutto di poter presto rimettersi in cammino…”, non fosse stato Alessandro Manzoni a scrivere questa frase, in un’epoca nella quale nemmeno si sapeva cosa fossero i veicoli ricreazionali, si potrebbe pensare ad un articolo che si occupa di chi viaggia col camper alla ricerca di posti nuovi, desideroso di conoscere, ma anche di raccontare e subito dopo… di ripartire.

Non fosse che… abbiamo ripreso uno dei brani più belli ed emozionanti dei “Promessi Sposi” quello nel quale Renzo, ritrovata Lucia, corre verso Pasturo, in cerca di Agnese, futura suocera, si potrebbe pensare ad un’ambientazione ai giorni nostri, al racconto delle pulsioni che chi viaggia con i veicoli ricreazionali prova, esploratore del terzo millennio, quando dopo aver scoperto posti nuovi, provato emozioni diverse, vuole rendere gli altri partecipi e già progetta un nuovo viaggio.

Ogni volta che si esplora l’animo umano, che si entra nell’intimo delle persone, ci si rende conto che tempo, spazio e distanze contano assai poco e che, in ogni epoca, i sentimenti, le reazioni, i valori e le aspirazioni sono sempre risultati identici: cambiano mezzi e forma, ma la sostanza è invariata, perché l’essere umano è sempre quello, con le proprie debolezze, ma anche con la propria capacità di volare alto, di pensare alla grande, di ergersi al di sopra di penosi muri, eretti da nostri simili per coprire le proprie debolezze e, a volte, le proprie inettitudini.

Anche nei momenti più bui, quando tutto lascerebbe trasparire la voglia di lasciare perdere, quando la guerra, la violenza, le difficoltà, le cattiverie sembrano prendere piede, quel lumicino della speranza, quella voglia di superare l’ostacolo, quel desiderio di dimostrare che l’uomo si differenza dagli altri esseri del regno animale proprio perché dotato di cervello ed anche di coscienza prendono piede e riescono a superare l’ostacolo.

La cultura del turismo di movimento sta proprio qui: nel cercare attraverso il reale di conoscere non per disprezzare o deridere, ma per amare e comprendere.

A volte, attraverso le immagini televisive, scorrono davanti ai nostri occhi scene di guerra, di follia, di violenza perpetrate in località che ci hanno visto transitare col nostro veicolo ricreazionale, a volte (leggendo certi nomi sui giornali) tornano alla mente paesi nei quali abbiamo sostato, nei cui mercati e centro storici abbiamo passeggiato, di cui abbiamo apprezzato la cultura, l’arte, il paesaggio o magari anche solo la gentilezza di qualche passante che ci ha indicato la strada giusta per agevolarci il viaggio.

Questi paesi, che nella mente di tanti altri, possono apparire solo posti da dimenticare, ultimi tra gli ultimi, per noi invece diventano luoghi ricchi di umanità, di valori, di speranze da recuperare.
Quando qualche persona, che non conosce il turismo di movimento, ci interroga su cosa rappresenti veramente, su quali siano i punti fondamentali sui quali poggia, sulle motivazioni che più volte mi hanno spinto a definirlo una filosofia di vita e non solo un mezzo per impegnare il tempo libero, per spiegarmi meglio parto da degli esempi di vita vissuta.

Racconto di una bimba di Ankara con i lucciconi che le rigavano il volto, di un matrimonio di Cappadocia, di un funerale a Mosca, di un mercato in Marocco, di un pranzo in una tenda lappone, della chiesetta costruita dai prigionieri italiani in Scozia, dell’immensità dell’oceano visto dalle scogliere irlandesi mentre il vento spirava a cento all’ora.

Racconto della guerra civile nell’ex Jugoslavia, combattuta fra persone di diversa etnia con le quali avevo trascorso un’estate e che faticavano a sopportarsi ancor prima che il confitto li dividesse, ma anche della pace ritrovata in luoghi prima martoriati dalla guerra, delle mille speranze che si affacciano nei ragionamenti e nelle aspirazioni di tanti giovani incontrati qua e là, delle cerimonie religiose alle quali ho assistito celebrate coi riti più diversi, alla ricerca dei luoghi della speranza che, quale sia la religione, la razza o l’etnia, contraddistinguono l’essere umano, alla continua ricerca di un’entità suprema.

Racconto del fatto che mai derisione o dileggio è stato consumato nei confronti di chi vive peggio, che ho scoperto come la solitudine sia propria dei luoghi ricchi più che di quelli poveri.
Poi ricordo le serate trascorse a parlare dei medesimi posti con chi ha scelto altri modi per “fare turismo” del “loro” virtuale contrapposto al “mio” reale, del fatto che troppe volte la palizzata che contorna l’hotel o il villaggio vacanze mai da loro è stata superata e che alla conoscenza sul campo da tanti è stata preferita quella mediata e raccontata.

La “realtà” vera è quella del turismo di movimento. Un grande, unico, straordinario fenomeno culturale che ha nell’uomo il suo fulcro e che non conosce distanze, latitudini, razze, religioni o colore della pelle.

Lasciamo andare, dunque, “il nostro viaggiatore, allegramente, senza aver disegnato né dove, né come, né quando”: è grazie a lui che in quest’inizio secolo segnato da guerre, cattiverie, attentati, divisioni, brutture, il lumicino della speranza resta acceso e l’umanità può continuare a sperare in un futuro se non diverso, almeno migliore!

*Camper Club La Granda

25/04/2005





        
  



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