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Intervista ad Adriano Federici, presidente dell’Associazione Industriale della provincia di Ascoli

Ascoli Piceno | I punti focali del programma.

di Stefania Mistichelli

Ing. Adriano Federici

La delocalizzazione della sede dell’Associazione Industriale di Ascoli è uno dei punti da affrontare, che lei indica nel suo programma.
La delocalizzazione della sede è dovuta alla fortissima esigenza espressa in Associazione: quasi il 66% degli intervistati dai saggi durante le consultazioni, ha ritenuto essere importante delocalizzare la sede, per una questione di comodità, per una questione di migliore viabilità, per una questione anche tutto sommato politica, perché l’Assindustria non si dovrebbe identificare nella città di Ascoli, ma principalmente nel territorio.

Per questo è una delle nostre priorità, non sarà sicuramente la priorità numero uno, ma sicuramente è fra le prime priorità, che affronteremo appena si costituirà il Consiglio Direttivo, e quindi tutti gli organi politici e strategici dell’Associazione.

Per quanto riguarda i rapporti con l’UIF?
Per quanto riguarda la UIF, all’Assemblea ne ho già parlato in maniera molto chiara.

Anche questa è un’esigenza, un’istanza dei nostri associati del fermano, di riuscire da un lato a integrarsi nella costituenda provincia di Fermo senza traumi, dall’altro di poter continuare ad usufruire dei servizi che con soddisfazione oggi hanno dall’Assindustria.

Quindi senza traumi, con il dialogo, io sono convinto che si arriverà ad un punto d’accordo, perché, purtroppo, nella mia lunga esperienza in Associazione, ho visto  che almeno il 30% delle risorse sono state dedicate ai problemi prima della provincia, poi con la UIF, quindi siccome oggi c’è tantissimo da fare sul territorio, per temi molto più importanti di questi, bisogna trovare una soluzione che il più rapidamente possibile soddisfi i nostri associati.

Io, da giovane, ho apprezzato la delega a Simone Mariani, presidente dei Giovani Industriali; al di là della stima che lei probabilmente nutre per lui, vista la delega, cosa vuole comunicare questa scelta?
Come ho ripetuto nella assemblea e forse è stato poco ripreso dai giornali, uno dei punti fondamentali, secondo me, per il rilancio delle aziende, ed uno dei punti focali del programma, è quello di poter contare e puntare sui giovani, in quanto i giovani hanno grinta, entusiasmo, ma soprattutto la forza delle idee.

Io ho avuto la fiducia da parte di persone, più anziane di me, che hanno creduto in me, nelle mie idee, nella mia forza innovatrice, e questo ha dato dei frutti in azienda perché ovviamente il connubio della forza, dell’innovazione, della grinta, dell’entusiasmo, delle idee, ponderata dall’esperienza, può sicuramente essere uno dei fattori chiave per uscire dalla crisi.

Mi ha colpito anche il discorso che ha fatto sulla cultura d’impresa, sul diffonderla sia tra gli imprenditori sia nel tessuto sociale ed economico dove gli imprenditori agiscono, però mi rendo conto che diffondere una cultura sia complicato; quale strategia pensa di attuare per diffondere questa cultura d’impresa?
La cultura d’impresa va condotta per mano, piano piano, e va educata sia la parte istituzionale, politica, sia tutta la società in generale, perché a mio parere uno dei fattori chiave per lo sviluppo è l’impresa.

L’impresa è quella che dà valore aggiunto, quindi il rapporto tra imprese e famiglie è strettissimo, in quanto dal valore aggiunto, creato dalle imprese, le famiglie vivono, le famiglie spendono, le famiglie si divertono, possono investire in macchine, possono investire in case, possono fare tutto quello che è possibile fare con del valore aggiunto.

Quindi, al di là di questo, cultura d’impresa per me significa il poter passare da una posizione di rendita, che è quella di Ascoli, basata espressamente su delle aziende spesso multinazionali che venivano qui a creare delle filiali per usufruire degli sgravi fiscali, a cercare di fare impresa dalla popolazione, dai cittadini di questa macro area urbana di Ascoli e San Benedetto.

A San Benedetto è più sviluppata questa cultura d’impresa, in quanto non essendoci stata la Cassa del Mezzogiorno, si è dovuta sviluppare per forza, invece ad Ascoli è un po’ sopita, rallentata, perché soprattutto nei giovani si è innescato il meccanismo di andare alla ricerca del posto di lavoro facile, e non di andare a creare qualcosa di proprio, che vada dietro al mercato.

Questo principalmente ha inciso, secondo me, nel fatto che Ascoli sia un po’ più indietro rispetto a San Benedetto sullo sviluppo della cultura dell’impresa; San Benedetto è molto più avanti, perché, dovendo fare da sola, è cresciuta di più.


Una domanda più generale riguardo alla crisi economica nazionale, che quindi ha le sue ricadute nella nostra provincia. Pensa che, al di là della particolare congiuntura internazionale e dei motivi della crisi legati alla globalizzazione, si possa pensare che in Italia la crisi sia stata peggiorata da un certo tipo di scelte politiche, anche se fatte in buona fede e in direzione di una maggiore equità fiscale?
La crisi economica nazionale è dovuta a molteplici motivi, di cui ho parlato all’assemblea: mancanza o insufficienza di infrastrutture allo sviluppo, poca ricerca… è difficile poter parlare di scelte politiche sbagliate.

Più che altro parlerei degli effetti degenerativi della globalizzazione, infatti se da un lato si sono aperti nuovi mercati, si sono anche aperti nuovi mercati produttivi, quindi un effetto degenerativo della globalizzazione è stato che altrove costa meno produrre.

 Inoltre altre cause della crisi rientrano nell’innalzamento del costo delle materie prime, dovute al fatto che se da un lato del mondo si produce di più, allora ci sarà più richiesta di materie prime, e quindi un aumento dei costi per le stesse. E l’Italia, priva di materie prime, soffre molto questa situazione.

Per concludere, vuole rilasciare qualche commento sull’intervista rilasciata da Leo Bollettini in merito alla sua elezione e al suo discorso d’insediamento?
Come persona lo conosco appena, per averci scambiato qualche idea nelle riunioni CO.I.CO. dell’agroalimentare.  Francamente preferisco non commentare in quanto ritengo sia più importante lavorare per il programma che per le polemiche.

24/05/2005





        
  



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