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La figura di Matteo Ricci, la storia, l’insegnamento e l’attualità del gesuita marchigiano

| MACERATA - Intervista al Prof. Filippo Mignini, ordinario di Storia della filosofia all’Università degli studi di Macerata

di Matteo Bruni


 
Prof. Mignini, chi era P. Matteo Ricci? Che cosa ha fatto?
Matteo Ricci nasce nel 1552, è di origini maceratesi, la città di Macerata vede il suo primo periodo di formazione che si conclude a Roma , all’Università della Sapienza dal 1568 per tre anni studiando legge , poi dal 1671 al 1677 filosofia e teologia nel collegio Romano, dopo questo periodo viene mandato per quattro anni in India a Macao dal Visitatore delle missioni di Oriente Alessandro Valignano,dove diventa sacerdote, che aveva elaborato un progetto di nuova strategia comunicativa con la Cina.

La Cina era un paese da qualche decennio conosciuto dagli europei, soprattutto per via dei portoghesi ,i quali vi erano giunti da Sud , dal mare, e avevano avuto la possibilità di accedere alla fiera di Canton, in una forma di comunicazione rigidamente controllata, da non poter nemmeno scendere dalle navi. Oltre Canton la Cina era sconosciuta, quest’atteggiamento era indicativo per intuire quale fosse la considerazione da parte dei cinesi verso gli stranieri.

Negli atlanti del tempo la Cina era distinta dal Katai di Marco Polo, quando Ricci vi giunge, sapeva che come tutti che fosse un paese che confinava con il mare e che il Katai si trovasse più a nord, all’interno e che si trattasse del paese narrato nel Milione. Ricci trova un’estrema chiusura  da parte della Cina, e una sostanziale ignoranza del mondo esterno nei confronti della Cina. Valignano aveva capito che si trattava di un’antichissima civiltà che aveva un’altissima considerazione di se stessa, tanto da considerarsi il paese che sta in mezzo al mondo, il paese del mezzo, che aveva paura degli stranieri, e che per essere avvicinata aveva bisogno di un atteggiamento diverso  nelle quali le missioni giungevano, ossia primo o dopo l’esercito. Valignano ordina che due gesuiti imparassero il mandarino, la lingua ufficiale e imperiale, studiassero i classici della cultura cinese, i classici confuciani e di adattarsi quanto più possibile agli usi, alla mentalità dei cinesi.

Ricci assieme al suo compagno Ruggeri, assume questo compito, in breve tempo diviene in grado di parlare da solo con i mandarini cinesi. Un anno dopo, nel 1583, la missione riuscì ad entrare nella città sede del Viceré del Wan Dong, la provincia più meridionale della Cina, regalando un orologio meccanico,oggetto assolutamente sconosciuto ai cinesi. Si affaccia con i gesuiti la civiltà delle macchine. Nel 1588 Ruggeri è rimandato e Roma per valutate le reali possibilità di un'ambasciata papale al trono di Cina. Si erano resi conto della difficoltà di arrivare a Pechino, sede del trono imperiale, che avrebbe dovuto convertire ,almeno ottenerne un permesso di libera predicazione del Cristianesimo. Dopo sei anni si trovavano ancora confinati all’estrema periferia dell’Impero.

Dopo varie vicissitudini  di tipo diplomatico,Ricci, nel 1597/98 tenta di arrivare a Pechino, ma è respinto e persino arrestato . Ad un certo punto, la svolta, nel 1601, riesce ad entrare a Pechino in forza di un decreto  imperiale, che accettava dallo straniero Matteo Ricci alcuni doni, presentandosi egli stesso come ambasciatore d’Europa. Passa così nove anni a Pechino, dove muore nel 1610, dopo aver trasmesso alla Cina documenti fondamentali della cultura europea, mappamondi, la geometria di Euclide, una astronomia basata sulla matematica, arti meccaniche e le arti liberali, considerate più nobili quali  la filosofia morale. 

Alla esposizione di questa filosofia Ricci dedica diverse opere: Dell’Amicizia 1595, Venticinque sentenze 1605, Dieci paradossi o dieci capitoli di un uomo strano 1608, e l’opera fondamentale che è di carattere filosofico-teologico ,La vera spiegazione del Signore del cielo, il così detto catechismo 1603, tra le opere morali ancora da tradurre vi sono le Otto canzoni per Clavicordo occidentale 1601.

 Prof. Mignini, quali progetti editoriali e culturali  sono in cantiere?
Abbiamo l’idea di pubblicare tutta l’opera cinese di Ricci ,da qui al 2010, quarto centenario della morte, sono in preparazione Venticinque sentenze, Dieci paradossi e Otto canzoni. C’è stata la mostra al Vittoriano, in Roma, per due mesi, con circa centomila visitatori , con l’apprezzamento  di pubblico e stampa. L’otto Giugno 2005 ,la stessa mostra sarà inaugurata a Berlino, presso il Museo delle arti per l’estremo oriente, a cura dell’Istituto Ricci, e con il sostegno dell’Istituto italiano di culture e il Ministero degli affari esteri italiano. Si tratta di un evento importante non solo per la promozione della figura di Ricci ma per tutta la cultura italiana.

Come ha potuto Ricci arrivare nel cuore segreto dell’Impero cinese? Quale è l’importanza attuale di Padre Matteo Ricci? Non solamente per il profilo storico culturale, ma morale e politico, verso quella che è chiamata l’emergenza cinese, ma che di sicuro costituisce una realtà importante con cui noi occidentali dobbiamo fare i conti.
Le chiavi del successo di Ricci sono ,la assoluta  sincerità delle intenzioni. Era andato per convertire la Cina, all’inizio avrà adottato anche atteggiamenti di carattere strumentale , ma è indubbio , dalla testimonianza dei cinesi, che sanno giudicare molto bene i loro interlocutori i quali parlano di una  sincera amicizia, e lo scrive Ricci stesso , in una lettera un anno e mezzo prima della morte, di essersi fatto in tutto cinese, dal pensiero alla parola dal dormire al cibarsi come cinese.

Per Ricci è valsa l’intuizione che la cosa più importante della stessa presentazione del cristianesimo era stabilire con questo altro mondo una relazione stabile di fiducia. Rispondeva a chi chiedeva quanti n’avesse convertiti, che non era il tempo di raccogliere, né di seminare, ma di rompere la terra. Il terreno della Cina si doveva arare con le scienze umane, con le virtù umane, assolutamente con una ragione strumentale. Se Ricci si veste da mandarino non è per una semplice mistificazione ma si tratta della condizione necessaria per poter dialogare, anche perché i cinesi non ammettevano che qualche straniero avesse qualcosa da insegnare alla Cina, cosa che invece era accaduta, con questo uomo straordinario.


Possiamo trarne una lezione d’amicizia e lealtà per culture differenti?
Nella cultura cinese l’amicizia è una delle cinque relazioni sociali naturali e fondamento delle altre quattro: rapporto padre-figlio, marito-moglie, fratello maggiore fratello minore e re-suddito, la relazione orizzontale che riguarda tutti gli uomini è quella dell’amicizia, come relazione potenziale, non è un  caso che sia  il titolo  della prima opera di Ricci, e che egli abbia voluto presentare ai cinesi la nostra idea d’amicizia,l’obiettivo era far scoprire ai cinesi che l’occidente  pensa le stesse cose dell’amicizia.

Questa fu la scoperta un po’ scioccante per i cinesi, che esistesse qualcosa di altro ma come altro simile, costituiva l’altra metà di una unica civiltà umana. Ciù Tai Su nella seconda prefazione Dell’Amicizia  usa  l’immagine dello strumento contrattuale, si tratta di un oggetto di varia natura che veniva diviso a metà al perfezionamento di un’intesa. L’occidente e la Cina sono come le due metà di uno strumento contrattuale che se messo insieme forma un'unica cosa.

L’altra cosa importante che c’insegna Ricci, è quello  di mostrare che esiste una continuità e una comunità d’esigenze fondamentali in tutti gli uomini poiché come dice Ricci “stesso tutti poggiano i piedi sulla stessa terra e sono coperti  dallo stesso cielo”, il che significa che vi possono essere delle differenze ma non tali da rendere secondarie le identità. Questo messaggio è anche insito nella mostra di Berlino che invita a riflettere su questo uomo, e i suoi successori, intorno al tema dell’incontro tra le civiltà, il titolo, infatti, è "L’Europa alla corte dei Ming". Si tratta di un tema tragicamente aperto anche oggi.

 C’è alla base di quello che oggi fa delle identità il terreno del disincontro totale ,il vero e proprio pervertimento dell’esempio di Matteo Ricci?
 La perdita e la conservazione dell’identità è stata un’altra chiave di successo, questa scarsa resistenza, o nessuna resistenza a perdere tratti importanti della sua identità anche religiosa. Ogni incontro richiede una percentuale di perdita di questi tratti, o meglio di messa da parte. Ricci all’inizio non parlava dei dogmi del cristianesimo,  pur restando fermo nella fede,  capiva che non sarebbero stati percepibili dai cinesi.


È una questione di tolleranza?  
Credo che Ricci non si sia mai posto la questione della tolleranza. La tolleranza  è un problema tipicamente occidentale, si fonda all’idea della religione vera che in Cina non esiste, nessuna delle “sette” come le chiama Ricci, pretendeva d’essere l’esclusiva via alla salvezza, cosa che aveva insanguinato l’Europa per secoli e a quel tempo continuava a farlo. Il problema di Ricci era il relativismo, dunque quello di richiamare attenzione sulla propria persona perché poi i cinesi potessero essere interessarsi alla religione cristiana. Che Ricci considerava vera. Ma questo non gli impediva di avere e praticare il rispetto, non la semplice tolleranza. Oggi la lacuna cinese per il Vaticano, non è certo di origine religiosa, ma politica. Le autorità cinesi vedono l’interferenza politica del cattolicesimo, che una autorità straniera interferisca attraverso i vescovi negli affari  interni del loro paese.                                                                                                                          
 

28/05/2005





        
  



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