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Pina Traini: il nuovo Papa? La scelta migliore nel segno della continuita’

| ROMA - Intervista alla giornalista ascolana che lavora presso l’Ufficio Stampa della Santa Sede.

di Rossella Rinaldi


 
Come puoi riassumere la tua carriera?
Ho iniziato a lavorare all’Ufficio Stampa della Santa Sede otto anni fa, nel 1997. Giornalisticamente il mio esordio è avvenuto all’età di 15 anni, ad Ascoli, in seguito ad un incontro con l’allora vescovo Morganti. Lui mi propose la gestione di uno spazio settimanale di un’ora su Radio Ascoli, la radio diocesana, per parlare di problemi educativi, di famiglia, scuola.
Ho subito avuto familiarità col medium radiofonico; a 17-18 anni, poi, ho iniziato a collaborare con altre testate locali, tra cui “Vita Picena”.
All’Università ho avuto l’opportunità di collaborare con il “Meeting per l’amicizia tra i popoli”. Per una settimana, a Rimini, si incontravano grandi cineasti come Tarkovskii, figure storiche come Lech Walesa, il leader di Solidarnosc, Li Lu Male, il ragazzo di Piazza Tienammen, Madre Teresa di Calcutta, e naturalmente Papa Giovanni Paolo II che battezzò l’evento.
In seguito ho collaborato con “Il popolo”, il quotidiano della Democrazia Cristiana, e con il settimanale “Il Sabato”, sotto la direzione di Paolo Liguori e Rocco Buttiglione.  Quella per me è stata una fucina per imparare l’arte del dialogo, dal momento che sulle nostre pagine erano ospitate le voci di grandi personaggi dei più vari colori politici.
In seguito ho lavorato per la RAI, per i programmi di Minoli, per Radio 1 Rai, con Sandro Paternostro, ho scritto per “Il Messaggero”.
Ho conosciuto quindi i tre medium di comunicazione, la TV, la carta stampata (nelle tre forme, settimanale, mensile, quotidiano) e la radio: ho sperimentato la loro diversità di linguaggi e di tempi.
Ma la passione è nata in realtà frequentando da piccola la bottega di mio nonno sarto: lui amava narrare, aveva un vero e proprio talento letterario, ricordo che recitava a memoria “La Divina Commedia” e “L’Orlando Furioso”.
 
Non hai mai pensato di scrivere un libro?
Ho provato ad iniziare, un giallo, ma i miei ritmi lavorativi rendono impossibile il trovare del tempo per concentrarsi. Come diceva Virginia Wolf, per scrive ci vuole “una stanza tutta per sé”.
 
Cosa ci puoi dire del Papa appena scomparso?
Ritengo l’esperienza di essergli stata vicino straordinaria. Ricordo che durante il Giubileo, Navarro, in un momento di mia stanchezza, mi disse: consolati pensando che stai lavorando per un santo. Anche con un solo sguardo Papa Giovanni Paolo leggeva l’anima, con un solo suo sorriso una persona si sentiva valorizzata. Per le donne poi aveva uno sguardo particolare. In realtà lui è rimasto un attore, la sua prima professione. Teneva in pugno la folla: a Tor Vergata, in occasione del Giubileo del 2000, esordì con un incipit teatrale. Rendeva ogni cosa un evento, aveva in mano gli umori della folla, utilizzando attenti fuori programma, e una sapiente gestualità corporea. Mi ricordo per esempio di quando iniziò ad usare il bastone: quello che doveva essere un simbolo del suo declino fisico diventò un oggetto simpatico, che roteò verso le persone imitando lo Charlot di Chaplin.
  
Cosa ci puoi dire di Joachin Navarro-Valls, con cui lavori da tempo?
Lavorare con lui è un’esperienza straordinaria: ha delle doti innegabili, parla correntemente cinque lingue, ma ha anche un valore aggiunto: è un numerario dell’Opus Dei, e la sua vita è stata attraversata da due santi, Papa Giovanni Paolo e Escriva de Balaguer. Con il Papa condivideva una grande senso dell’ironia e sul grande senso della medianicità: entrambi sono dei grandi comunicatori.
 
Come hai vissuto i giorni del decesso del Papa, professionalmente e personalmente?
Umanamente e religiosamente è stata un’esperienza unica al mondo, ma anche professionalmente, dal momento che l’abbiamo vissuto in prima persona.
7300 osservatori stranieri, tre milioni e mezzo di persone che hanno assistito al funerale: è stato il più grande evento mondiale, che io e i miei colleghi abbiamo vissuto senza che la frenesia facesse venire meno il raccoglimento, abbiamo passato quei giorni piangendo. Sono stata proprio io a dare ai giornalisti il certificato di morte e il testamento del Papa, che recitava “non lascio beni di cui disporre”: mi è rimasto impresso questo distacco da ogni bene terreno.
Ricordo che nel momento in cui è morto le luci del Palazzo Apostolico si sono accese e ci sono stati 18 minuti di applausi, c’è stato un dolore immenso, ma anche una gioia data dalla santità, un dolore illuminato una felicità più profonda che ha permesso di gioire dopo una settimana per il nuovo Papa., anche se quello precedente rimarrà incancellabile.
Personalmente con la morte di Giovanni Paolo ho rivissuto la morte di mio padre; d’altronde lui era un padre per noi tutti.
Ed è morto da santo, guardava verso la finestra, come per voler benedire per un’ultima volta la folla di giovani che era nella piazza.
 
Quali erano le tue aspettative per il nuovo Papa? Sono state confermate?
Ho provato una gioia infinita, Ratzinger era il migliore amico di Woytila, il suo primo collaboratore; lui è dolce, mite, disarmante, ha una solarità che ti mette di buon umore. Inoltre basta ascoltare le sue prime omelie, i loro ampi contenuti, il loro respiro, per capire che le aspettative sono ottime e farà grandi cose.

09/05/2005





        
  



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