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Organizzazione aziendale delle piccole e medie imprese: formazione ed informazione

Ascoli Piceno | Il Cav. Uff. Benito Calvaresi, presidente di Confocommercio, affronta la tematica della formazione per le piccole e medie imprese.

di Benito Calvaresi

Come Confcommercio siamo fermamente convinti che lo sviluppo degli scambi e del commercio di qualsiasi tipo, da quello, si fa per esemplificare, ambulante a quello turistico, ha necessità impellente di imprenditori che propongano dagli assets della loro organizzazione di P.M.I. uno sviluppo sano del rapporto con loro stessi, con i collaboratori e con i clienti consumatori di prodotti e di servizi e non.

Quindi vanno incrementati anche i valori morali e di impresa contenuti in tale sistema che deve funzionare garantendo a tutte le componenze, gradi di soddisfazione professionale accettabili e  fruibili. Ogni tanto è gioco forza a tardarsi su alcuni dati che possono fare cultura e dare lo spunto per giuste e produttive riflessione nonché adeguati aggiustamenti.

In Italia , le P.M.I. (piccole e medie imprese) effettive ed operanti sono: 1.500.000 per un’occupazione complessiva di 3.500.000 di addetti. Salta subito all’occhio dell’interessato la scarsa attenzione che si riserva alla formazione seppure differenziata dell’imprenditore e dei suoi collaboratori.

La funzione della formazione il più delle volte è sconosciuta. Si preferisce quasi sempre andare a ruota libera; così facendo si creano immediatamente scompensi economici che connotano situazioni endemiche anticamera ad una sicura chiusura delle P.M.I. con conseguenti grosse perdite di capitali e delusioni che vanificano tutti i valori economici e morali su cui il neo imprenditore sperava per la crescita oltre che della sua azienda, sua e dei suoi collaboratori.
Quando va bene il compito della formazione e della selezione è svolto in via “estemporanea” dal titolare, dal lavoratore anziano o da un qualsivoglia tuttologo che promette mari e monti e garantisce per i giovani lavoratori un futuro  radioso e professionale, sicuro indotto di crescita anche per l’azienda.

 A questo punto non posso fare a meno di raccomandare che esistono organizzazioni istituzionali e piene di esperienza che possono dare in tal senso il loro alto contributo. In tal caso mi riferisco anche alla Confcommercio; ma potrei stilare una distinta infinita di Organizzazione pronte e preparate per mettersi a disposizione di tutte le P.M.I. per indicare, quadri normativi di riferimento, adeguate impostazioni contrattuali, controlli di gestione, i modi per recuperare fondi destinati a far crescere produzione e cultura aziendale.

Stranamente le aziende nicchiano ad investire presso le Associazioni di appartenenza, pensano che siano soldi sprecati quelli dispensati per formare, informare e preparare professionalmente i collaboratori. La preparazione professionale viene guardata come un mostro pronto a succhiare le risorse piuttosto che a corroborarle restituendole migliorate.

Gli imprenditori delle P.M.I. devono in fretta rivolgersi a forme di business-idea nonché di pianificazioni abbinate che restituiranno capitali ed immagine sui potenziali utenti nazionali ed internazionali. Inoltre, non dobbiamo trascurare il settore dei business-junior: anche loro entreranno volentieri nel giro di questa impostazione culturale e virtuosa e garantiranno i ricambi generazionali oggi inesistenti e combattuti che consentiranno il mantenimento delle risorse esistenti nonché l’incremento ed il consolidamento delle stesse. In questo caso ritengo di parlare alla “suocera”  affinché “nuora” intenda ed ho l’obbligo di far sì che gli Enti Pubblici locali, regionali e nazionali attraverso  i loro massimi dirigenti “si diano una mossa”: è importante approfondire gli studi di settore attualmente vengono utilizzati per imporre sempre maggiori balzelli ma io spero che a breve scadenza verranno anche utilizzati per una lettura profonda e professionale per scoprire quali sono gli imprenditori intelligenti che devono essere tenuti d’occhio e invitati a chiedere ed ottenere contributi mirati a far crescere il lavoro e la sua redditività.

Fa paura infine leggere statistiche economiche riportate da organi di stampa accreditati che ogni giorno pongono l’Italia potenzialmente ricca di un patrimonio così consistente di imprenditori potenzialmente preparati con le loro organizzazioni a dare e restituire i vantaggi che possono provenire dai contributi pubblici, in classifiche che vedono altri Paesi che di solito chiedono a noi di bonificare i debiti con il loro P.I.L davanti ai nostri risultati. La paura per concludere è quella che i nostri imprenditori siano essi immaturi o giovani da maturare vengano appetiti da nazioni che hanno voglia di migliorarsi e quindi possiamo concludere che se non mettiamo riparo i guai che stiamo combinando sono tutti ad aspettarci dietro l’angolo.

15/06/2005





        
  



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