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Appello della Confcommercio

Ascoli Piceno | Stop ai buoni pasto anche in provincia di Ascoli Piceno

                    
I buoni pasto in possesso dei lavoratori rischiano di diventare carta straccia se il settore non sarà regolamentato in modo da impedire ai datori di lavoro di acquistare con forti sconti i tagliandi sostitutivi del servizio mensa per saldare il conto della consumazione al bar o al ristorante.

Anche la Confcommercio della Provincia di Ascoli Piceno a cui aderiscono bar e ristoranti, invita gli iscritti a non accettare più i “ticket” d’ora in avanti, così come hanno già fatto da ieri numerosi operatori di altre città italiane.

Baristi, ristoratori e alimentaristi -sottolinea Giorgio Fiori direttore Provinciale Confcommercio – sono stanchi di dover pagare di tasca propria commissioni sempre più elevate al momento della riconversione dei buoni pasto in moneta contante, che rischiano di metterli fuori dal mercato, giacché sono l’ultimo anello della filiera su cui si scarica lo sconto preteso dai datori di lavoro nell’acquisto dei buoni pasto dalle società emettitrici. I datori di lavoro pretendono uno sconto sull’acquisto dei buoni pasto dalle società emettitrici che si tramuta però in una riduzione del valore reale rispetto a quello nominale dello stesso buono, nel momento in cui questo viene restituito dal barista, dal ristoratore o dall’alimentarista, alla società di emissione per la conversione in moneta. Quindi, quando un cliente paga la sua consumazione con un buono pasto da 5 Euro, il gestore non incassa il valore nominale del buono, ma ne incassa uno inferiore. Se si aggiunge poi che il rimborso agli operatori da parte delle società emettitrici sta avvenendo ad oltre 120 giorni dalla presentazione della fattura, il conteggio del danno economico è presto fatto.

“Tutto questo cosa significa?” -, commenta Giorgio Fiori -“Significa che se la commissione, come capita sempre più di frequente, supera il 10%, l’esercente somministra consumazioni per 5 Euro, ma ne incassa effettivamente molti meno”. Da qui l’idea di rifiutare i buoni pasto fino a quando il mondo della politica non darà un segnale di attenzione provvedendo a disciplinare il settore per garantire i diritti dei lavoratori che usano il buono pasto e restituire redditività a tutte le imprese della filiera

 

22/06/2005





        
  



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