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Cittadinanzattiva presenta il quarto Rapporto Audit civico

| ROMA - Ospedali più confortevoli e meglio attrezzati per il rischio, restano problematici informazione e accesso alle prestazioni

Migliora il comfort degli ospedali e la gestione del rischio clinico, permangono fortemente problematici l’accesso alle strutture e l’informazione nei confronti dei cittadini, si registra un po’ di attenzione in più, rispetto al passato, per la gestione del dolore, anche se i progressi sono lenti e disomogenei da struttura a struttura.

Sono queste le tre principali linee di tendenza messe in luce dal Rapporto Audit civico, presentato oggi a Roma da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, con il sostegno di AstraZeneca. Il Rapporto, giunto alla sua quarta edizione, ha valutato l’accessibilità, la qualità e la sicurezza delle prestazioni in 166 strutture sanitarie, appartenenti a 32 Aziende, 15 delle quali Aziende ospedaliere, messe sotto osservazione da 200 monitori civici del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva nel corso del 2004. 464 le unità di degenza complessivamente monitorate in 54 ospedali, 30 sedi di distretto, 51 poliambulatori e 31 servizi di specialistica territoriale e semiresidenziale (16 SERT e 15 centri di salute mentale).

Il rapporto Audit 2004 mostra forti ed evidenti differenze tra le diverse aziende monitorate, senza alcuna giustificazione plausibile per questa variabilità, a testimonianza di una sorta di anarchia di un sistema nel quale, al di là di rare situazioni di eccellenza, alcune aziende perseguono con sistematicità taluni obiettivi e ne trascurano altri, mentre altre aziende, in contesti analoghi, hanno un comportamento opposto.

Accesso alle strutture
In poco meno della metà delle strutture ospedaliere (46,2%) e nei ¾ dei poliambulatori monitorati non è ancora possibile pagare il ticket al di fuori degli sportelli per le prenotazioni, in un poliambulatorio su tre è impossibile prenotare visite specialistiche ed esami diagnostici attraverso un Centro Unico di prenotazione, né tanto meno per telefono. In una struttura ospedaliera su quattro e nel 75% dei poliambulatori è impossibile ottenere appuntamenti differenziati per le prestazioni diagnostiche e la specialistica.

Per quanto riguarda i tempi di attesa, permane il fenomeno delle liste bloccate, registrato nel 64,8% delle strutture ospedaliere monitorate, e al di fuori delle urgenze si può attendere anche quasi due anni per una mammografia (700 giorni), un anno per un ecodoppler cardiaco e una ecografia addominale, sei mesi per una gastroscopia, quattro per una colonscopia o una Tac total body, poco più di tre mesi (100 giorni) per la RMN total body. Va un po’ meglio nei poliambulatori territoriali monitorati, dove le attese non superano mai i quattro mesi. Ovviamente se si richiedono le stesse prestazioni in intramoenia i tempi si accorciano in  maniera spettacolare, con un tempo medio di attesa tra i due e i tre giorni, e un tempo massimo che non supera mai, nelle strutture monitorate, i due mesi.

Informazione ai pazienti
L’informazione resta una delle aree di maggiore problematicità. Nel 59,3% degli ospedali, nel 66,6% dei distretti, nell’80,4% dei poliambulatori monitorati  non c’è alcun opuscolo informativo a disposizione del pubblico. Per informazioni su prestazioni offerte, presidi e ausili, ticket ed esenzioni, scelta e revoca del medico di medicina generale, assistenza all’estero è indispensabile mettersi alla ricerca dello sportello giusto e, spesso, affrontare una coda. Informazioni su nomi e qualifiche degli operatori sono garantite, all’incirca, nella metà delle strutture monitorate (52,6% per i medici, 47% per i coordinatori infermieristici).

I due terzi dei distretti (66,7%) non mettono a disposizione dei medici di medicina generale informazioni riguardanti l’assistenza a domicilio o la prevenzione, solo il 2,8% delle strutture si preoccupa di dare al personale istruzioni scritte per garantire che i malati siano informati sulle loro condizioni di salute, sugli accertamenti in corso, sui tempi di degenza previsti. Migliora l’attenzione nei confronti dei cittadini provenienti da altri paesi, con servizi di mediazione culturale e religiosi in una struttura su tre. Poco disponibili gli avvisi rivolti al pubblico riguardanti modalità per comunicare commenti, suggerimenti, reclami, presenti solo nel 37,3% dei poliambulatori, nel 40% dei distretti, nel 22,4% dei servizi specialistici territoriali.

L’87% delle strutture ospedaliere monitorate garantisce la consegna a domicilio dei referti medici, il 75,9% delle cartelle cliniche, consegnate entro 7 giorni nel 25,9% dei casi, entro 15 giorni nel 40,7%, entro un mese nel 22,2%. La quasi totalità delle strutture monitorate garantisce il rilascio di una scheda di dimissione con l’indicazione della diagnosi (96,8%), delle cure effettuate (95,5%), della terapia prescritta (96,3%), dei comportamenti e delle precauzioni da seguire (92,7%), dei riferimenti telefonici per eventuali urgenze (88,1%). Più faticoso ottenere copia delle radiografie effettuate in pronto soccorso (solo il 42,6% degli ospedali) o la consegna a domicilio dei referti medici da parte dei poliambulatori territoriali (solo il 31,4%). Si possono consultare i referti medici attraverso internet solo nel 3,7% degli ospedali monitorati e in nessuno dei poliambulatori, le cartelle cliniche sono informatizzate solo nel 22,4% delle unità di degenza monitorate.

Gestione del rischio clinico
Cresce l’attenzione nei confronti della gestione del rischio clinico. Il 65,6% delle Aziende dichiara di disporre di una struttura per la gestione del rischio, il 56,3% di un sistema di registrazione degli errori, il 59,4% ha organizzato corsi di formazione sul tema, il 25% ha redatto una mappa dei rischi e un piano operativo per la loro gestione. Il 59,4% delle Aziende monitorate ha istituito un servizio di ingegneria medica, il 96,9% la Commissione per le infezioni ospedaliere, il 74,1% svolge indagini sulle infezioni ospedaliere, il 93,8% la Commissione per il buon uso del sangue, il 94,4% ha formalizzato procedure per la sterilizzazione e lo smaltimento dei rifiuti ospedalieri.

Ma solo il 61,1% delle strutture monitorate ha individuato i responsabili del controllo delle apparecchiature all’interno dei pronto soccorso e in più di una struttura su cinque non si è formato il personale per effettuare o attivare la manutenzione straordinaria delle stesse apparecchiature. I cartelli indicanti le vie di fuga mancano ancora in un ospedale su cinque e nel 40% delle sedi di distretto, nel 43% dei poliambulatori, nel 78% dei servizi specialistici territoriali. In 2/3 dei poliambulatori e in più della metà dei servizi specialistici territoriali (66,7%) sono assenti i cartelli per l’individuazione degli estintori.Il 68,5% degli ospedali dichiara di utilizzare linee guida per la prevenzione delle piaghe da decubito, ma solo 3 strutture sono state in grado di precisare il numero di ricoverati che, nel corso dell’ultimo anno, era andato incontro a questo genere di complicanza, dimostrando di disporre di un sistema di sorveglianza.

Terapia del dolore
Molto carente la rete integrata di servizi di terapia del dolore. L’84,2% delle aziende monitorate dichiara di disporre di uno o più servizi di cure palliative o di terapia del dolore, ma solo il 6,2% di esse è in grado di garantire cure palliative per tutti i livelli assistenziali, il 43,8% dispone di linee guida per il controllo del dolore mentre il 31,5% degli ospedali non utilizza alcun protocollo, meno di un terzo delle strutture monitorate effettuano, ad intervalli regolari, la rilevazione del dolore, poco più della metà degli ospedali hanno realizzato iniziative di formazione sulla terapia del dolore per gli operatori sanitari (55,6%), solo il 37% di esse ha elaborato linee di comportamento per fornire informazione adeguata sul tema ai pazienti.

Comfort e qualità di vita in ospedale
Le visite ai ricoverati nel corso dell’intera giornata sono consentite in poco più di una struttura su quattro (22,2%), nella metà dei presidi ospedalieri ciò è possibile solo per 2-3 ore, solo il 16,9% delle strutture consente ai malati di ricevere chiamate telefoniche, mentre poltrone e salottini per malati e familiari sono ancora merce rara (presenti solo nel 12,9% degli ospedali). Solo il 16,7% degli ospedali ha regolamentato il fenomeno delle badanti, ma tre unità di degenza su quattro (74,4%) danno la possibilità di assistere i pazienti non autosufficienti di età superiore ai 75 anni senza limiti di tempo (nel 21,6% dei casi si assicura alla persona che assiste un posto letto, nel 37,1% anche la possibilità di usufruire della mensa).

C’è maggiore attenzione per gli spazi dedicati al gioco dei bambini, previsti in tre unità di pediatria su quattro, con arredi specifici (69,2%) e la possibilità per i genitori di stare accanto al figlio ricoverato (78,4%), ma sono ancora rare (26,9%) le attività scolastiche per i bambini ospedalizzati per lunghi periodi. Si continuano ad imporre i pasti in orari poco confortevoli, con il pranzo prima delle 12,00 (nel 31,5% delle strutture ospedaliere) e la cena prima delle 19,00 (nell’87%). Il 90% delle unità di degenza fornisce ai pazienti posate e bicchieri e garantisce la possibilità di scelta tra due o più opzioni per ogni portata del menù, il 73,5% utilizza il carrello scalda vivande. Solo nel 29% dei poliambulatori e nel 40,7% degli ospedali sono presenti servizi igienici dotati di scopino, tavoletta e la possibilità di chiusura, il bagno per disabili è ancora oggi assente in un ambulatorio ospedaliero su quattro (24,1%), in un poliambulatorio su cinque (21,6%), in una sede di stretto su tre (33,3%).

Sono presenti barbieri o parrucchieri  nel 66% delle strutture ospedaliere monitorate, bar nel 50%, distributori di bevande o alimenti nel 37% dei pronto soccorso e nel 57,4% delle sale di attesa degli ambulatori ospedalieri, è possibile acquistare giornali e riviste nel 57,4% degli ospedali, prelevare denaro attraverso uno sportello bancomat nel 53,4% di essi. In 1/5 degli ospedali e in 1/3 dei poliambulatori mancano ancora sale di attesa con sedie o poltroncine in numero adeguato. Anche se non con particolare frequenza, si riscontrano ancora segni di fatiscenza sulle pareti, soffitti e muri con ragnatele, vetri rotti, finestre che non si chiudono, rubinetti che non funzionano.

Per quanto riguarda i Sert e i centri di salute mentale, poco più di uno su tre (34,3%) assicura un numero di ore di apertura giornaliera superiore alle 12 ore, un terzo di essi sono chiusi il sabato e la domenica, solo il 37,5% è collegato a strutture diurne. La reperibilità nell’arco delle 24 ore per i casi urgenti è garantita solo dal 29,4% dei centri di salute mentale monitorati.

Continuità assistenziale
Il 74,1% degli ospedali monitorati dichiara di disporre di procedure per le dimissioni protette, il 59,3% di procedure di dimissioni programmate, il 77,8% di procedure per attivare i servizi sociali del Comune. Il 61% delle unità di degenza afferma di promuovere iniziative per il coinvolgimento della famiglia nella gestione della malattia, il 48,1% di servizi di assistenza psicologica per malati gravi e familiari.

Il Rapporto Audit fotografa una situazione di disomogeneità nella accessibilità, qualità e sicurezza delle prestazioni offerte ai cittadini che va ben oltre le ricaduta del cosiddetto federalismo in sanità. Sono violati apertamente alcuni dei diritti fondamentali proclamati dalla Carta europea dei diritti del malato, come il diritto alla informazione, all’accesso alle prestazioni, al tempo, a non sopportare dolore inutile, alla innovazione, alla personalizzazione dei percorsi assistenziali.

Sarebbe prioritario un impegno su questi temi da parte delle aziende sanitarie, con la partecipazione dei cittadini, a partire dalla messa a punto di piani operativi con obiettivi e scadenze ben individuati e la possibilità di verificare e misurare i risultati raggiunti. Per quanto attiene alla partecipazione dei cittadini, sono stati stipulati protocolli di intesa con le organizzazioni civiche nel 78,1% delle aziende monitorate, ma le Commissioni miste conciliative sono attive solo nel 50% di esse, i cittadini sono stati coinvolti nella individuazione degli standard della Carta dei servizi nel 68,8% e nella verifica e nel controllo della qualità delle forniture nel 15,6%, la Conferenza dei servizi è stata convocata nel corso dell’ultimo anno solo dal 40,6% delle aziende.

28/06/2005





        
  



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