Cerca
Notizie locali
Rubriche
Servizi

Intervento del Presidente Rocco Buttiglione al 2° Congresso Nazionale dell’UDC

| ROMA - “Berlusconi ha meriti grandissimi, che nella sua relazione Follini ha riconosciuto…”

di Paride Travaglini


Ha appena finito di parlare il  Presidente Rocco Buttiglione al 2° Congresso Nazionale dell’UDC. Un discorso che smorza i toni e le polemiche. Uno spunto di riflessione, dialogo e confronto, particolarmente apprezzato dalla platea.
 
“Si tratta di costruire una politica dei valori che miri a qualcosa che sta al di là  della politica stessa.” Così ha iniziato il proprio intervento il ministro.
“La politica non è fine a se stessa, non è un gioco del potere concluso in se stesso. Essa serve la crescita della società, difende le ragioni fondamentali della sua esistenza, la guida verso traguardi di maggiore giustizia e più vera umanità. Di più: oggi i valori fondamentali, il valore della vita, il valore della famiglia, il valore della cultura e della solidarietà vengono messi in questione sul terreno della politica e su questo terreno devono essere difesi. Certo: non dobbiamo smarrire il sentimento dei limiti della politica, del primato della coscienza, contro ogni integralismo. E tuttavia sono finiti gli anni di un superficiale pragmatismo, di una politica che pensa di bastare a se stessa. Questa è la ispirazione religiosa della politica, la politica cristianamente ispirata a cui l’Italia oggi ha bisogno di tornare. E’ in modo particolare compito nostro cominciare o ricominciare nel nostro paese questa politica .
 
Questi temi stanno oggi al centro del confronto politico nel mondo. E’ così negli Stati Uniti come in Spagna come in Italia, come anche, domani, in Germania e in Polonia dove le prossime elezioni si giocano in gran parte proprio su questi temi. I risultati del referendum hanno posto questi temi al centro anche della politica italiana. Si tratta di un dato etico- politico che non si può trasporre meccanicamente nella politica, ma ha tuttavia bisogno di essere interpretato politicamente. Chi deve farlo se non noi?

Naturalmente noi non possiamo e non vogliamo “fare come in America”. Non siamo americani. Dobbiamo però rigettare i consigli interessati di chi vorrebbe togliere il tema della politica religiosamente ispirata dall’ordine del giorno della politica. Il problema è lo stesso in America e in Italia. Le soluzioni devono naturalmente essere adattate a contesti culturali diversi ed essere diverse. Il referendum ha mostrato che gli italiani rifiutano la seconda ondata della secolarizzazione che conclude con l’abolizione dell’uomo ridotto ad oggetto di manipolazione integrale da parte dei potenti. Sarebbe però affrettato immaginare che gli italiani siano disponibili a rinunciare ai risultati della prima fase della secolarizzazione.

Al tempo del referendum sull’aborto si divisero i cattolici, adesso si sono divisi i cosiddetti laici. Esistono in Italia due tipi di laici: i laici di vecchio conio che difendono l’autonomia e l’indipendenza dello stato e però difendono i fondamentali valori etici della tradizione cristiana. Sono laici come Mazzini, del quale ricorre quest’anno il secondo centenario della nascita e come Carlo Azeglio Ciampi. Questi laici fanno derivare i diritti dai doveri e vogliono unire Dio e Popolo.
 I nuovi laici invece derivano i diritti dai desideri, non riconoscono nessun Dio e si infastidiscono quando sentono parlare di popolo. Loro conoscono solo gli individui. Noi oggi dobbiamo stringere un nuovo patto fra laici e cattolici contro il nuovo nichilismo che dissolve ogni vincolo comunitario, da quello della famiglia a quello della nazione.

Questa alleanza si stringe per difendere non valori confessionali ma valori naturali ed universalmente umani: la difesa della vita dall’inizio alla sua fine naturale, la famiglia dove nascono e vengono educati i bambini, l’educazione da cui dipende il futuro dei singoli e delle nazioni, la solidarietà verso gli ultimi, verso chi cerca un lavoro e non lo trova, verso chi rischia di perdere il lavoro che ha, verso la famiglia i cui redditi non bastano ad arrivare alla fine del mese, verso gli emarginati ed i dannati della terra.
 
Oggi l’Europa ha bisogno di valori. La crisi delle istituzioni europee rispecchia in ultima istanza la crisi morale dell’Europa. Per questo non basta aggrapparsi ad un europeismo di maniera. Abbiamo bisogno di aprire un dibattito sui valori fondamentali che vogliamo mettere alla base della Costituzione europea. Senza un rinnovamento sul terreno dei valori non ci sarà un nuovo inizio per l’Europa. Dobbiamo impegnarci per essere protagonisti in questo dibattito sui valori in Europa.
 
In Europa la forza politica che è l’interlocutore naturale della domanda di valori che emerge dalla società è il Partito Popolare Europeo. Lo diciamo conoscendo bene la forza e anche i punti di debolezza del PPE che ha bisogno di ritrovare con più forza e con più convinzione la sua ispirazione originaria aggiornandola ad un mondo che è profondamente cambiato. Del Partito Popolare Europeo abbiamo bisogno anche per un’altra ragione.

La politica oggi è malata non solo in Italia ma, insieme, anche in Europa. Le grandi decisioni sul modello di società, sul rilancio economico, sulla prosperità e sul benessere, sulla lotta al terrorismo, sulla pace e sullo sviluppo si prendono con efficacia solo al livello continentale. Senza queste dimensioni si apre un fossato profondo fra le domande dei cittadini e la capacità di una politica soltanto nazionale di dare risposte efficaci e credibili. 
Per questo abbiamo bisogno del Partito Popolare Europeo.
 
Abbiamo bisogno del Partito Popolare Europeo in Italia per essere protagonisti della politica in Italia ed in Europa.
Esiste una differenza profonda fra il pensiero di un partito unico costruito mettendo insieme i pezzi delle diverse forze politiche che compongono la Casa delle Libertà ed il partito nuovo, che nasce da un preciso riferimento ai valori e apre ad energie nuove nella società che sono alla ricerca di una politica dei valori. Fare il partito nuovo, il Partito Popolare Europeo in Italia, chiede ad ognuna delle forze politiche della Casa delle Libertà uno sforzo di cambiamento. Non è detto che tutti questo sforzo lo vogliano fare. Chi però non è disposto a percorrere il cammino non può neppure arrivare all’obiettivo.
Il vecchio quadro delle forze politiche della CDL è comunque saltato.
Su questo è necessario oggi interrogarsi nella Casa delle Libertà. Questo implica anche un cambiamento della natura della leadership. Berlusconi ha meriti grandissimi, che nella sua relazione Follini ha riconosciuto. La sua leadership ha corrisposto tuttavia ad una fase di eccezione e di emergenza nella storia della democrazia italiana. Egli stesso ha mostrato di capirlo quando ha dichiarato, insieme con il progetto del partito nuovo, la sua disponibilità a rimettere in discussione la candidatura alla Presidenza del Consiglio.
I problemi si affrontano, non si esorcizzano, magari con minacce assai poco credibili sui collegi.
Non ho capito il modo in cui il progetto del partito (unico o nuovo) è stato rimandato ed il candidato è stato scelto in un pranzo fra amici. 
 
La relazione di Follini ha rifiutato questa semplificazione ed ha posto le questioni politiche del momento nel modo e nel luogo corretto: nel Congresso del Partito.
Leggendo i commenti dei giornali ed anche di alcuni leader politici alleati, ho avuto l’impressione che essi abbiano ascoltato una relazione diversa da quella che ho sentito io.
Follini ha indicato chiaramente chi sono gli avversari e chi sono gli alleati.
L’avversario è la sinistra, è Prodi ed è anche Rutelli. Gli alleati sono Berlusconi, Fini ed anche Bossi. Proprio perché siamo nella Casa delle Libertà vogliamo che la Casa delle Libertà vinca le prossime elezioni. Non siamo però convinti che con questa formula riusciremo a vincere. Le elezioni regionali hanno mostrato che si è aperto un fossato tra noi ed una buona parte degli elettori della Casa delle Libertà.
Certo, ha ragione Fini quando dice che il paese ha attraversato una fase difficile per la cattiva congiuntura internazionale. Anche la delegazione Udc al governo, che ho l’onore di guidare, ha fatto tutto il suo dovere. Se la rottura con il sindacato sull’articolo 18 è stata evitata, certo noi ne portiamo la gran parte del merito ed io ricordo ancora una drammatica seduta del Consiglio dei ministri in cui sono tornato nella sala del Consiglio solo dopo che Berlusconi aveva accettato di alleggerire sostanzialmente il disegno di legge allora in discussione.
Se una grande riforma della cooperazione è stata fatta, di nuovo il merito è della nostra delegazione al governo e dei nostri Gruppi Parlamentari. Se la legge Bossi-Fini ha dato diritti umani a 700.000 lavoratori extracomunitari, il merito è di nuovo dell’Udc ed in particolare del ministro Giovanardi.
Se gli statali hanno avuto un buon contratto il merito è dell’Udc ed in particolare del ministro Baccini.
Se un nuovo Codice della strada ha ridotto di molto le morti per incidenti stradali, il merito è dell’Udc e in particolare del viceministro Tassone, eccetera.
Potrei continuare e dovrei dire delle battaglie condotte da Luca Volontà, da Francesco D’Onofrio e dai Gruppi Parlamentari della Camera e del Senato per fare molte cose buone e, anche, per evitare molte cose cattive.
Ma davanti alla domanda che cresce dal paese possiamo dire che questo è sufficiente? No, non possiamo dirlo.
Al paese che non è contento di noi, noi non possiamo dire che si sbaglia. Dobbiamo dire con umiltà che abbiamo capito il messaggio di insoddisfazione che gli elettori ci lanciano e siamo disponibili a cambiare noi per dare una risposta più forte e più vera.
Questa è la sfida. La Casa delle Libertà si vuole confrontare politicamente con questa sfida o pensa di vincere le prossime elezioni non con contenuti politici nuovi ma solo con una campagna pubblicitaria più forte e meglio organizzata?
Invitiamo i nostri alleati a non dubitare della nostra lealtà, a non formalizzarsi sui toni anche aspri della relazione del segretario, ma a confrontarsi con i nostri argomenti e con i problemi che ci stanno davanti. E’ solo da un confronto politico anche aspro, ma sempre leale, che emergono le risposte giuste per le attese del paese, le risposte che conducono anche alla vittoria elettorale..."

03/07/2005





        
  



3+3=

Altri articoli di...

Politica

02/11/2022
Sisma 2016: approvati 15 mila contributi per 4.8 miliardi (segue)
28/10/2022
Zero Sprechi, al via un progetto per la lotta agli sprechi alimentari (segue)
27/10/2022
Il Comune pulisce i fossi Rio Petronilla e via Galilei (segue)
22/10/2022
Via libera alla variante al Piano Particolareggiato di Recupero del Centro Storico (segue)
22/10/2022
Porto San Giorgio torna a gareggiare al Palio dei Comuni (segue)
21/10/2022
Grandi e medi investimenti, chiesto il triplo delle agevolazioni disponibili (segue)
19/10/2022
Al via il progetto sulla sicurezza urbana e sulla legalità (segue)
13/10/2022
Festival dello sviluppo sostenibile (segue)

Fuori provincia

14/11/2022
Terremoto: subito prevenzione civile e transizione digitale (segue)
14/11/2022
Il presidente di Bros Manifatture riceve il premio alla carriera "Hall of Fame/Founders Award" (segue)
02/11/2022
Glocal 2022: dove i giovani diventano protagonisti del giornalismo (segue)
02/11/2022
Sisma 2016: approvati 15 mila contributi per 4.8 miliardi (segue)
27/10/2022
A Cartoceto, nelle ‘fosse dell’abbondanza’ per il rituale d’autunno della sfossatura (segue)
27/10/2022
Il Comune pulisce i fossi Rio Petronilla e via Galilei (segue)
27/10/2022
TEDxFermo sorprende a FermHamente (segue)
23/10/2022
A RisorgiMarche il Premio "Cultura in Verde" (segue)
ilq

Quando il giornalismo diventa ClickBaiting

Quanto è sottile la linea che divide informazione e disinformazione?

Kevin Gjergji