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Tredici anni lunghi una speranza

Ascoli Piceno | L'Ascoli torna in serie A e i tifosi sognano ad occhi aperti

di Federica Poli

Tredici anni. Tredici stagioni lontani. Tredici: numero scaramantico portafortuna. E l’Ascoli e la serie A si riabbracciano. Tornano a vedersi. A toccarsi.

Il tempo sembra scorrerci davanti agli occhi, nel sangue. E torniamo a quel gol di Barbuti che trafisse il Milan di tanti anni fa. E torniamo ai ricordi della Vecchia Signora che ci rifilò quella volta sette reti in soli novanta minuti. E torniamo a guardare il volto di Costantino e i suoi calzetti rossi.
Sempre noi. Tifosi e spettatori, spettatori intorpiditi nelle fredde stagioni invernali e tifosi accaldati quando l’aria diventava rovente. Sempre lì col cuore che voleva balzar via dal petto.

E ora in gola c’è qualcosa che non ci permette di proferir parola, come per il protagonista dell’omonimo film di Virzì, un “ovosodo” che non va né su né giù.
La prima di campionato col Milan qui al caro vecchio Del Duca. In quello Stadio che ha visto la serie C in cui si è sudato davvero. Quando il calcio sembrava un incontro di pugilato, quando le partite erano sofferenza pura. Quando una giocata ruvida era meglio di un tacco alla Mancini.
Tredici anni lunghi quanto una speranza. Tredici anni che ci hanno fatto riflettere sognare e credere nel futuro. Il futuro è arrivato, inaspettato, gradito, agognato, non conquistato.

Vicissitudini avverse di altre compagini hanno fatto sì che noi oggi fossimo qui a guardare quel televisore a vederci assieme a grandi e blasonati teams di serie A. Eravamo lì coi lucciconi, con il tremolìo alle gambe. Sentire caroselli e clacson stasera mi porta alla realtà, è vero ci siamo. Il ventotto di questo mese, tra dodici giorni, Nesta verrà ad Ascoli, Vieri guarderà il Del Duca, Shevchenko calpesterà il terreno verde nostrano. Mi sembra un sogno. Come quando da bambina mi mettevo in un angolino seduta per terra sulla mia copertina preferita e iniziavo a fantasticare. Oggi mi pare di aver fatto la stessa cosa, fantasticavo sull’incontro Ascoli – Milan e la fata turchina con la sua bacchetta magica ha esaudito i miei desideri.

 Vorrei che ci fossero tutti quelli che l’Ascoli hanno visto soffrire in campi improbabili e impraticabili. Di quelli sterrati che hai paura che piova sennò il fango lo porti in casa e tua madre si arrabbia con te.  E da questo nasce la storia di una squadra, la forza di una tifoseria. Perché eravamo in pochi a goderci le cinque reti col Casarano in campo neutro in C, o spettatori attoniti quell’ultimo minuto a Gualdo Tadino quando il terremoto costrinse l’arbitro a chiudere il match. O quella volta che Morello insaccò il Catania per regalarci la serie B.

Eravamo i Diabolici. Eravamo quelli che nell’Ascoli ci credevamo. Che credevano che forse ritornare agli antichi fasti non sarebbe stata semplice utopia. E ora ci troviamo qui increduli, storditi, ubriachi.
Tutto questo può non essere vero, tutto questo può essere solo fantasia, tutto questo sembra impossibile.

E nella notte stellata non portatemi via dal mio angolino, non privatemi della mia copertina preferita, e se quello che sto vivendo fosse solo uno splendido sogno, per favore non svegliatemi!

16/08/2005





        
  



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