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Sistema idrico integrato

| ROMA – Quando la tutela fa acqua…


Solo 4 Regioni su 20 prevedono organismi di garanzia degli interessi dei consumatori-utenti; le carte dei servizi sono adottate solo dal 57% delle aziende del settore e nel 68% dei casi non contemplano la conciliazione come procedura di tutela; nel 37% dei casi i tempi medi di risposta ai reclami dei cittadini superano il mese e mezzo per arrivare fino a 60 giorni.
Il tutto a fronte di un incremento tariffario, dell’acqua potabile, del 20,3% da gennaio 2000 ad oggi, secondo dati Istat.

Queste sono solo alcune delle informazioni che emergono dal quadro poco edificante del settore idrico italiano a più di 10 anni dalla riforma del settore (legge Galli 36/94), realizzato da Cittadinanzattiva e Confconsumatori nell’ambito del progetto “Il Servizio Idrico Integrato in Italia: il punto di vista dei cittadini e le garanzie per gli utenti”, realizzato in collaborazione con Consumers’ Forum.

“Il servizio idrico in Italia va completamente ripensato dal punto di vista del cittadino consumatore” commenta il vicesegretario generale di Cittadinanzattiva Giustino Trincia. “I dati raccolti segnalano tre questioni allarmanti: lo stato di profondo degrado della nostra rete che causa una percentuale di sprechi di acqua divenuta oramai inaccettabile a fronte della giungla tariffaria a cui i cittadini-consumatori sono soggetti; le forti differenze tra diverse zone del Paese, su cui c'è ancora disattenzione o sottovalutazione da parte delle Istituzioni nazionali e locali; i ritardi accumulati per decenni, in nome della difesa delle poltrone di migliaia di enti inutili”.

“Sul fronte degli Istituti di tutela di settore” commenta Eros Franciotti, Responsabile del settore per Confconsumatori “è assurdo che in merito ai programmi a garanzia degli interessi degli utenti previsti dalla Legge Galli, solo 4 Regioni (Abruzzo, Emilia Romagna, Lazio e Veneto) hanno istituito organismi di garanzia degli interessi dei consumatori-utenti del Servizio Idrico Integrato”.
Istituti di tutela: a fronte delle 4 Regioni che hanno istituito gli organismi di garanzia degli utenti, in 6 Regioni (Basilicata, Calabria, Liguria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta) tali organismi sono presenti solo sulla carta (esistono le norme che ne prevedono l’istituzione, ma gli istituti ancora non hanno visto la luce); nelle altre regioni gli organismi di tutela non sono presenti neppure sulla carta, non essendo state emanate le relative norme istitutive.

Carte dei servizi e l’ascolto dell’utenza: molte aziende sono ancora reticenti a considerare la carta dei servizi un importante strumento di tutela dei diritti dei cittadini: la posseggono meno del 60%. Solo nell’11% dei casi, la revisione della carta è recente (2004/2005), nel 33% dei casi è “vecchia” di almeno tre anni (l’aggiornamento risale al 2001/2003) e nel 56% la carta non è mai stata sottoposta ad alcun aggiornamento. Il 67% delle aziende ha istituito un numero verde a disposizione degli utenti, ciò malgrado i tempi medi di risposta alle istanze dei cittadini sono ancora lunghi: nel 63% dei casi un reclamo viene evaso tra i 20 e i 30 giorni, nel 37% dei casi addirittura tra i 45 giorni e i 60 giorni. Nel 68% dei casi le carte dei servizi non prevedono la conciliazione come procedura di tutela dei diritti dei consumatori e solo nel 14% dei casi sono previste altre procedure di tutela come l’arbitrato, la possibilità di rivolgersi al difensore civico, al responsabile aziendale addetto alla valutazione delle controversie o ai Tavoli di lavoro congiunti.

Nel 54% dei casi, le carte dei servizi non fanno alcun riferimento alle organizzazioni dei consumatori quali organismi di tutela dei diritti a cui i cittadini possono rivolgere in caso di disservizio.

L’indagine sulle carte dei servizi, curata da Cittadinanzattiva, ha preso in considerazione 13 regioni
(4 al Nord, 3 al Centro e 6 al Sud) e 120 città (39 al Nord, 10 al Centro e 71 al Sud) tra capoluoghi di Regione, di Provincia e centri medio-piccoli.
Caro acqua: In una provincia, il servizio idrico integrato può avere costi anche tre volte superiori rispetto ad un’altra provincia, e più che doppi tra province nell’ambito di una stessa regione. Una babele di balzelli e canoni ad alleggerire le tasche dei consumatori (quota fissa; quota variabile cui corrispondono tariffa base, tariffa agevolate e tariffa eccedenza; Iva al 10%; deposito cauzionale; canoni di depurazione e fognatura variabili in base a consumo e destinazione d’uso dell’acqua, etc.); scaglioni di consumo dell’acqua calcolati su base annuale (71% dei casi) piuttosto che mensile (13%), giornaliera (7%), trimestrale (6%), quadrimestrale (2%) o semestrale (1%). Approvati solo 61 Piani d’ambito negli 87 ATO insediati (sui 91 previsti).

Nello studio realizzato dall’Osservatorio prezzi & tariffe di Cittadinanzattiva, l’analisi a carattere nazionale del Servizio Idrico Integrato (acquedotto, fognatura, depurazione più quota fissa, ove presente) in termini di costo sopportato da una famiglia di tre persone che consuma all’anno 192 metri cubi di acqua, in linea con quanto calcolato dal Comitato di vigilanza sull’uso delle risorse idriche nell’ultima relazione al Parlamento.

L’indagine ha preso ad oggetto le tariffe del servizio idrico ad uso domestico applicate nel 2004 in tutti i capoluoghi di provincia delle venti regioni italiane, i dati sono stati reperiti direttamente dai gestori del servizio idrico nelle città interessate alla rilevazione e tutti i costi sono stati considerati comprensivi di Iva al 10%.
Consumi e sprechi: In Italia, secondo elaborazione Cittadinanzattiva su dati dell'Istituto di Ricerca sulle Acque e del CNR, il prelievo d’acqua annuo pro-capite è di 980 metri cubi (a fronte di una media Ue di 640). Siamo il Paese che consuma più acqua in Europa ed il terzo nel mondo dopo Usa e Canada.

Ciò nonostante, un terzo degli italiani non ha sufficiente, né regolare accesso all’acqua potabile: nel Sud, il 70,3% di abitanti deve fare i conti con ricorrenti crisi idriche, con quote che vanno dal 54,9% nelle isole, al 69,4% in Puglia fino all’88% in Molise e Calabria. In teoria la disponibilità di acqua in Italia è di circa 155 miliardi di metri cubi all’anno, pari a 2.700 metri cubi per abitante; la cattiva gestione e la scarsa pianificazione degli usi idrici riduce l’effettiva disponibilità pro-capite intorno ai 920 metri cubi. Per assenza di manutenzione, la percentuale delle perdite della rete acquedottistica in Italia è la più alta al Mondo: le perdite idriche raggiungono picchi in Molise (63% di acqua perduta sul totale erogato), Puglia (54%), Calabria (52%), Basilicata (50%), nell’hinterland napoletano (48%), in Abruzzo (45%, ma con punte anche del 75%) e in Sicilia e Sardegna (40%). Sul fronte della depurazione le cose non vanno meglio: oltre un terzo dell’acqua consumata non viene depurata, e quasi un quarto non è nemmeno allacciata alla rete fognaria. Ma il nostro “fiore all’occhiello” è quello degli sprechi: gli italiani, oltre ad essere i principali consumatori di acqua al mondo, sono anche tra quelli che maggiormente ne “abusano”.

Su www.cittadinanzattiva.it l’indagine completa sui costi del Servizio Idrico Integrato e il vademecum sull’uso responsabile dell’acqua.

14/11/2005





        
  



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