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Felicita’, un’arte da imparare

San Benedetto del Tronto | In aumento i depressi, un decalogo per “godere l’attimo”.

di Tonino Armata


La felicità? Un diritto. Un diritto perché siamo un popolo d’infelici, d’ansiosi, di depressi, consumatori abituali di psicofarmaci. Essere felice è una vera e propria arte pratica, ecco come riappropriarcene. Smettendo di tormentarci, sgomberando il magazzino della mente.

Non commettendo determinati sbagli, vere autotrappole infelicitanti. Ne va della nostra salute: nessun ricostituente funziona meglio della felicità. Rinforza le difese immunitarie, allevia la mal di testa, abbassa la pressione, migliora il tono muscolare. Non è solo un diritto dunque, ma è un dovere aspirare alla felicità, o quanto meno a stare meglio con noi stessi ancora più che con gli altri. “Non c’è dovere che sottovalutiamo tanto quanto il dovere d’essere felici”, ha scritto Robert Louis Stevenson.

“Sei felice? Tutti dicono di no, eppure è così facile”, è lo slogan che ha coniato lo psicoterapeuta Raffaele Morelli, direttore di Riza. Così facile? Il segreto sarebbe nel non commettere certi piccoli e grandi errori ricorrenti. Il primo errore è collegare la felicità a una causa precisa: sono felice perché ho vinto al totocalcio, sono felice perché mio figlio va bene a scuola, sono felice perché sto con lei (lui). In realtà la felicità non appartiene alle regole causali. E’ uno stato molto simile all’orgasmo ma senza eccitazione sessuale.

Tutto ciò che noi facciamo per trattenerla ci comporta automaticamente il perderla. E’ fondamentale che la felicità sia accolta così com’è: senza spiegazione e motivo, senza dirigerla e incasellarla. Un altro segreto è non coltivare aspettative: non devi premiarti o punirti, non devi dare giudizi su te stesso, non devi cercare di migliorarti prefiggendoti tappe e scopi da raggiungere. Volerci diversi da quel che siamo c’impedisce d’essere felice. Altro passo da evitare: non perseguire il possesso di troppe cose. Più noi cerchiamo di possedere le cose, più le cose imprigionano noi.

Non ripeterci dove dobbiamo andare, non trattarci come cani al guinzaglio indicando continuamente una direzione. Ma l’errore più grave è guardare al passato: mai voltarsi indietro con gli occhi di ieri. E mai pensare troppo. Se ci è successo qualcosa di negativo, è sufficiente prenderne atto senza continuare a tormentarci e ad accusarci. Non ci deve essere la guerra interiore. Ci dobbiamo accettare per quello che siamo.

La felicità, quasi sempre arriva nel silenzio. E’ uno stato naturale del cervello che sgorga spontaneamente. Paradossalmente è bene cercare in modo dolce la tristezza, o quanto meno non opporvisi: dopo un po’ vedrete che si trasformerà in una scintilla di felicità. La felicità in fondo è uno stato naturale permanente, che noi continuiamo a intossicare e ad allontanare riempiendoci di schemi, intasandoci di giudizi, d’aspettative, di false credenze, di paure immotivate. E’ bene cercare il vuoto interiore, perché ci rigenera. E assecondare la nostra natura, affidandoci di più al caso: se la nostra vita è troppo ordinata sicuramente c'è qualcosa che non va.
Sono formule? “Ogni felicità è un capolavoro”, scrisse Margherita Yourcenar. Certamente è un’utopia ed è il miraggio di quel capolavoro che spinge fra mille frustrazioni a cercare di vivere meglio. In tanti anni d’attività culturale, non ho mai visto una persona felice fare del male, mentre ho visto persone molto tormentate (soprattutto una) fare danni terrificanti.

Viviamo in un Paese in cui una persona su quattro soffre di depressione, e in cui più di dieci milioni di persone fanno ricorso a psicofarmaci. In un anno la spesa per i nuovi antidepressivi è aumentata del 13,5%. Una società sempre più tecnologica ed avanzata in cui il disagio di vivere si fa sempre più lancinante. Quando riusciamo invece nell’impresa d’essere felici, il nostro cervello produce una pioggia di sostanze benefiche che risanano il nostro intero organismo. Chi è felice non si ammala!
Per finire, vorrei dedicare qualche riga al come riuscire a tenerci lontani da chi ci fa star male e come creare intorno a noi il cosiddetto “territorio della felicità”, lasciandolo frequentare da persone che alimentano il nostro benessere. Non temere più il giudizio degli altri, sbarazzarsi del timore di non piacere. Credetemi non è difficile. 

01/02/2006





        
  



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