Umano, troppo umano
| "Senso", un film di Luchino Visconti che ancora oggi è un successo.
di Teresa Tivellin
Il vero acme dell’imminente tragedia della contessa Serpieri è tutta in quel “Sì, Franz, resta!”. Perdutamente innamorata, bovaristicamente catturata dal vitalismo giovanile e dalla ipocrita poesia del fascinoso ufficiale austriaco che con cinico opportunismo declama versi di Heine, Livia consuma in una Venezia morente e tragica, l’ultima speranza di vita vera, di passione, al di là delle convenzioni ipocrite e delle maschere sociali.
Simpatizza per i patrioti che stanno preparando la guerra all’Austria; protegge il cugino romanticamente pronto all’eroismo risorgimentale, ma finisce, per dubitare di quegli ideali che non compendiano il suo amore: un drammatico dilemma in cui la “ragione soggiace al talento” spalancandole le porte dell’Inferno. Mahler, spregiudicato, narciso, a tratti capace di interessanti sprazzi di lucido realismo disincantato, sfrutta l’amore della donna per denaro, per essere tanto poco eroicamente riformato e, senza pietà, deformando disgustosamente le sue maniere gentili in avidità, con quasi disperato senso di autoannientamento, umilia la donna “non più giovane” che “non si fa pagare” ma “paga” per averlo, preparando così, forse consapevolmente la sua fine.
Dopo le attese fatali, l’angoscia, l’illusione, Livia, di fronte all’amara verità, un tempo solo temuta, dell’amore mai ricambiato, denuncia Franz che verrà fucilato. Splendidi gli ambienti, interni ed esterni: Venezia, umida, marcia, sontuosa e cadente, notturna e mortifera; La Fenice , le dimore signorili, eleganza antica.
La campagna veronese prima della battaglia: alacre e laboriosa, luminosa e carica di speranze, contadini, morbidi granai, placide, inconsapevoli residenze aristocratiche … finestre aperte, tendaggi bianchi, paesaggi segantiniani... Poi il sangue: soldati in marcia verso il sacrificio tra i covoni e la natura sacra, dorata, che non vorrebbe macchiarsi di quel giovane sangue. Un mondo passato che sparisce e un mondo nuovo “che non è più per noi”, grida Franz.
Fotografia d’arte che sconfina nella pittura: Hayez, i macchiaioli, Segantini, Fattori, Pellizza da Volpedo. Musica e colori intensi, forti, carichi e pesanti, incombenti. Rosso e nero. Sempre più nero fino alla trasformazione dei veli eleganti di Livia nelle gramaglie di un lutto assoluto per la tragica fine delle speranze e delle illusioni.
E tanta metafora della recente storia d’Italia: di un altro “piede straniero sopra il cuore”, di altri bruti attratti da “galloni, mostrine e bande” che con ferocia, brutale violenza, cinico disprezzo di uomini e cose hanno seminato il terrore nelle nostre terre, nella follia di un’altra guerra. Altri uomini, ancora lontani dalle loro famiglie… Ma sempre gli stessi.
Simpatizza per i patrioti che stanno preparando la guerra all’Austria; protegge il cugino romanticamente pronto all’eroismo risorgimentale, ma finisce, per dubitare di quegli ideali che non compendiano il suo amore: un drammatico dilemma in cui la “ragione soggiace al talento” spalancandole le porte dell’Inferno. Mahler, spregiudicato, narciso, a tratti capace di interessanti sprazzi di lucido realismo disincantato, sfrutta l’amore della donna per denaro, per essere tanto poco eroicamente riformato e, senza pietà, deformando disgustosamente le sue maniere gentili in avidità, con quasi disperato senso di autoannientamento, umilia la donna “non più giovane” che “non si fa pagare” ma “paga” per averlo, preparando così, forse consapevolmente la sua fine.
Dopo le attese fatali, l’angoscia, l’illusione, Livia, di fronte all’amara verità, un tempo solo temuta, dell’amore mai ricambiato, denuncia Franz che verrà fucilato. Splendidi gli ambienti, interni ed esterni: Venezia, umida, marcia, sontuosa e cadente, notturna e mortifera; La Fenice , le dimore signorili, eleganza antica.
La campagna veronese prima della battaglia: alacre e laboriosa, luminosa e carica di speranze, contadini, morbidi granai, placide, inconsapevoli residenze aristocratiche … finestre aperte, tendaggi bianchi, paesaggi segantiniani... Poi il sangue: soldati in marcia verso il sacrificio tra i covoni e la natura sacra, dorata, che non vorrebbe macchiarsi di quel giovane sangue. Un mondo passato che sparisce e un mondo nuovo “che non è più per noi”, grida Franz.
Fotografia d’arte che sconfina nella pittura: Hayez, i macchiaioli, Segantini, Fattori, Pellizza da Volpedo. Musica e colori intensi, forti, carichi e pesanti, incombenti. Rosso e nero. Sempre più nero fino alla trasformazione dei veli eleganti di Livia nelle gramaglie di un lutto assoluto per la tragica fine delle speranze e delle illusioni.
E tanta metafora della recente storia d’Italia: di un altro “piede straniero sopra il cuore”, di altri bruti attratti da “galloni, mostrine e bande” che con ferocia, brutale violenza, cinico disprezzo di uomini e cose hanno seminato il terrore nelle nostre terre, nella follia di un’altra guerra. Altri uomini, ancora lontani dalle loro famiglie… Ma sempre gli stessi.
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03/05/2006
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