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La casa in collina

Offida | La vita a Offida è " a dimensione d'uomo" e bisogna cercare altre soluzioni?

di Teresa Trivellin

Non me ne voglia Pavese se utilizzo il titolo di un suo romanzo per una prosaica osservazione sul nostro tempo.


“Fuoriuscita”, provata, dal caos della supercementificata Grottammare, secondo alcuni fantasiosi dispensatori di nomi (relativismo?) “perla dell’Adriatico” e risalita in collina ad Offida, devo constatare quanto sia utopistico trovare un luogo tranquillo.


Offida è bella: la sua posizione, affacciata sui nostri splendidi crinali; la sua storia che parla ancora dai suoi antichi edifici a memoria del nostro passato. E’ ben tenuta e offre molte iniziative, culturali e non solo ai suoi abitanti a ai suoi sempre più numerosi, giustamente, visitatori.


Abito in centro, in via Roma, che va da piazza del Popolo alla suggestiva abbazia di santa Maria della Rocca. Un percorso a selce tipico di molti piccoli centri marchigiani. Il dettaglio non è secondario.


Non è una strada ad “alta velocità”. Non ha marciapiedi. Anche questi non sono dettagli secondari.


Oltre a percorrerla, spesso velocemente, troppo, automobilisti frettolosi, è quasi sempre, nonostante un giusto divieto di sosta, intralciata dagli stessi di prima, anche pigri dunque e riottosi a fare pochi metri per comprerare il pane, conferire con il commercialista, lasciar correre il cane o mettere in moto le vecchie auto d’epoca in un garage (sono riferimenti NON casuali).


La percorrono inoltre numerosi veicoli ingombranti, articolati, che trasportano materiali edili pesanti per i perenni cantieri del centro storico. Poco ammortizzati e con gomme fatiscenti, a forte velocità determinano sobbalzi, movimenti, rotolamenti degli oggetti trasportati che per il rumore spaventano e fanno sobbalzare. Me, perlomeno.


Di giorno. Di sera la musica cambia. Impazzano motorini smarmittati, scooter rumorosi e ragazzi che, chissà perché, urlano anche a mezzanotte. Urlano la loro protesta contro la società corrotta, la politica deludente e affaristica? Macché! Magari!


Come il mitico Lorenzo-Guzzanti emettono risate sguaiate, fonemi e forme preverbali, uniti ad una gestualità anch’essa chiassosa, fatta di mosse scomposte, pacche sonore e insulsi “attacchi” a segnali, cartelli, transenne: qualsiasi cosa sia sul loro cammino. Bersaglio preferito è il simpatico, civilissimo, quanto inutile, distributore di sacchetti per le “deiezioni canine”.


Lungo il corso di Vipiteno (sulla carta è Italia) - avrei dovuto fotografarlo – c’è un bel divieto di accesso per … biciclette, “se non a passo d’uomo”.


Concludo. Tutto è relativo e forse quello che per me si configura come chiasso è la normale voce della vita.


Ma non sono sola. Siamo in tanti. E siamo esasperati. Vorrà dire qualcosa?

02/08/2006





        
  



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