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Il clandestino povero è autorizzato a restare in Italia

San Benedetto del Tronto | La Suprema Corte, Sezione Penale 1°, con la sentenza n.30774/06, ha, di fatto, autorizzato l’immigrato clandestino a non ottemperare l’ordine di allontamento della Questura

di Avv. Gian Luigi Pepa


La Suprema Corte, Sezione Penale 1°, con la sentenza n.30774/06, intervenendo in materia di allontanamento di clandestini, ha, di fatto, autorizzato l’immigrato clandestino a non ottemperare l’ordine di allontamento della Questura, motivando tale decisione sul presupposto che il clandestino, pur senza documenti in regola, non rimpatri per motivi di indigenza.

Con questa decisione la Corte di Cassazione ha, infatti, respinto il ricorso presen-tato dal Procura Generale della Corte d’Appello di Roma, contro l’assoluzione di una clandestina dal reato, previsto dall’articolo 14, comma 5 ter, del D.Lgs 286/98, per non avere adempiuto all’ordine di allontanamento emanato, nei suoi confronti, dal Questore, tra l’altro già assolta, con la formula perché il fatto non sussiste, dal Tribunale di Roma.

Il giustificato motivo che esclude la punibilità del fatto contestato era stato ravvi-sato dal giudice di merito nelle dichiarazioni dell’immigrata che aveva sostenuto di essere sprovvista del denaro occorrente al rimpatrio, tanto che alloggiava presso uno scalo ferroviario.

Questa tesi è stata contestata in Cassazione dalla Procura Generale della Corte ter-ritoriale, che ha fatto presente come, in base alle indicazioni della Consulta, il giu-stificato motivo deve avere connotazioni di necessità inevitabile, non può consi-stere nel mero disagio economico dipendente dall’ingresso nello Stato senza di-sporre di mezzi e dalla mancanza di occupazione connessa alla situazione di clan-destinità volontariamente posta in essere.

La Procura ha affermato che, la clandestina si trova senza mezzi e senza lavoro per sua volontà e la condizione di mero disagio economico non può costituire giu-sta causa al blocco dell’espulsione.

Pertanto si può concludere che tutti gli “invisibili”, così come sono classificati i clandestini, cioè chi opera “di nascosto senza approvazione e contro il divieto del-le autorità”, sono autorizzati, di fatto, a rifiutarsi ad ottemperare ad un ordine delle autorità, sostenendo semplicemente di essere sprovvisti del denaro occorrente al rimpatrio.

A questo punto alcuni cittadini potrebbero chiedersi dove vanno a finire i diritti ed i doveri degli italiani, e secondo quale logica si debba persistere nel mantenere un patto sociale, che da un lato priva gli associati dei fondamentali diritti mentre dall’altro concede, contro la regola civile, a chi viola la legge di persistere ed ag-gravare il loro comportamento da impunibili.

Come lo sono gli immigrati-clandestini, che, di fatto, sono stati autorizzati ad i-gnorare l’autorità istituzionale preposta a garantire l’ordine pubblico, disattenden-do l’ordine del Questore di lasciare l’Italia, poiché “nessuno potrà dimostrare che hai il denaro per acquistare il biglietto di ritorno nel Paese d’origine”.

Come mai da aprile 2006 ad oggi gli sbarchi dei clandestini sono cresciuti senza freno, con totale abbandono dell’Amministrazione di Lampedusa da parte delle I-stituzioni, con disapplicazione di una Legge dello Stato in vigore la “Bossi-Fini”, con la prospettazione di facile ingresso e cittadinanza.

La risposta è che non si deve contribuire alle finalità di chi oggi mal gestisce lo stato, ma occorre opporsi per garantire ai cittadini una maggior tutela dell’interesse nazionale, della salvaguardia dell’identità nazionale e del ripristino della regola, contro azioni finalizzate a destabilizzare lo Stato.

26/09/2006





        
  



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