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La dolce morte

| La medicina non può vincere la morte, e in questo senso sarà sempre sconfitta. Rispetto a quel limite invalicabile, credo che la medicina abbia dei doveri precisi: aiutare a vivere, ma anche a morire.

di Massimo Martelli*

Ho letto con grande interesse l’editoriale di Tonino Armata sull’eutanasia e il confine della vita, e ho apprezzato molti passaggi che a mio giudizio possono rivelarsi ottimi spunti per la riflessione.

Concordo sul fatto che il problema dell’eutanasia, che significa, dal greco, “dolce morte”, è strettamente legato alla concezione che abbiamo dell’esistenza e all’elaborazione, storica, che società determinate in tempi determinati producono rispetto al dualismo vita/morte.

La dolce morte, nella concezione classica, rappresenta il coronamento di una vita virtuosa, la sua fine, per così dire, giusta. Nella fase di decadenza del mondo greco, nel periodo post alessandrino noto come ellenismo, una grande filosofia ha considerato l’esercizio del pensiero come una cura, come una risposta che l’individuo, orfano della polis, dà a se stesso.

Con l’epicureismo la filosofia si trasforma in una medicina per il singolo, che si trova gettato nella solitudine della propria esistenza, e concentra la maggior parte degli sforzi proprio sui temi del dolore e della morte. Epicuro risponde in maniera impeccabile al problema del dualismo vita/morte: è un problema che non esiste, dal momento che quando si è in vita la morte non c’è, quando sopraggiunge la morte, la vita non esiste più.

Vita e morte sono opposti assoluti, e la presenza dell’una esclude quella dell’altra. Tolta la morte resta quindi la vita, o meglio il vivere, a cui è connaturato il dolore: dalla nascita alla morte il dolore accompagna l’esistenza e pertanto non può essere eliminato del tutto. Tuttavia, una complessa pratica di vita e un continuo esercizio, possono fare in modo che la presenza del dolore si abbassi al livello minimo possibile e che sia consentito di raggiungere il piacere e la felicità (la dottrina epicurea viene anche definita come dottrina del piacere “negativo”, in quanto il piacere si può raggiungere per negazione del suo opposto, il dolore: l’”atarassia”, o assenza di dolore, è considerata la meta ultima, utopica, di questo complicato processo).

Il giornalista Montanelli, ricordando un suo amico “epicureo” sul letto d’ospedale, trovandolo annusare con estremo impegno una bottiglietta contenente acqua santa, alla domanda “ma come, proprio tu che hai sempre detto di non aver paura della morte …”, si sentì rispondere “non ho nessuna paura della morte, ho paura di morire, che è un’altra cosa”!

Se è vero infatti che vita e morte non si incontrano mai, il problema tuttavia resta: la morte non c’è, ma il morire sì. Come gestire, se così posso esprimermi, quell’atto di vita – il morire, appunto – che prelude all’annientamento della vita stessa e al sopraggiungere della morte? L’esperienza del morire può essere diversa a seconda degli individui, delle loro credenze, delle loro convinzioni religiose o filosofiche, può essere lenta o istantanea, ma soprattutto paurosa se prospetta tanto dolore.

Di nuovo il dolore, allora. E la prospettiva della dolce morte. La domanda la conosciamo: è lecito, vivendo una condizione di atroci sofferenze, nella certezza di non avere più speranze, nel terrore di perdere umanità e dignità, non potendo neppure cercare il suicidio, chiedere che la propria vita venga soppressa? E’ lecito ascoltare e accogliere questa richiesta che proviene dal dolore dell’altro?

Senza dilungarmi troppo credo, da laico, che il fine umano della vita consista nella felicità e che la vita di ciascuno di noi, come insegnava anche l’epicureismo, rappresenti un bene prezioso non perché è un dono, ma perché questa nostra vita è unica e irripetibile, e per ciò stesso va riconosciuta e preservata nella sua dignità. Nella sua dignità, appunto.

Come scrive Armata, il problema dell’eutanasia non mette in gioco il valore della “vita” che prolifera ovunque, ma il valore dell’”individuo”: cosa succede allora quando questa dignità individuale, questo teatro di passioni, emozioni, speranze, certezze che costituisce un individuo si riduce a semplice corpo organico, a massa dolorante e vegetativa? Non è forse più rozzamente materialista proprio quella posizione che vuole, anche in determinate situazioni limite, mantenere la vita ad ogni costo, finendo paradossalmente di considerare l’individuo solo e soltanto dal punto di vista di un organismo biologico?

Certo, la Chiesa muove dalle sue premesse e dal fatto che solo Dio dà e solo Dio toglie, così pure – come sottolinea Armata – vanno ascoltate quelle parole che chiedono di non sopprimere con troppa leggerezza l’esperienza del dolore; tuttavia anche il dolore ha una sua dignità ed esiste un limite invalicabile, anche per il dotto epicureo: quel limite rispetto al quale una forma di vita può implorare di essere soppressa. Questa tragedia assoluta, questo momento infinitamente triste, va affrontato. Personalmente credo che la medicina debba essere messa in condizione di esaudire una tale richiesta.

Una vita che diventa insostenibile, e un atto di vita, il morire. Il medico è consapevole del fatto che la sua arte è destinata perennemente allo scacco, dal momento che il fine della medicina è quello di preservare la vita però c’è sempre all’orizzonte l’ineluttabilità della morte.

La medicina non può vincere la morte, e in questo senso sarà sempre sconfitta; al tempo stesso, se è vero che non esistono le malattie ma esistono i malati, e che i malati vanno considerati nella loro integrità di persone e non soltanto come meri quadri clinici, allora la medicina si trova davanti un compito ancora più importante rispetto a quello di vincere la sua impossibile sfida con la morte: quello di proteggere la vita nella sua dignità e interezza. Rispetto a quel limite invalicabile, perché oltre il quale la dignità della vita si trasforma nel suo contrario, credo che la medicina abbia dei doveri precisi: aiutare a vivere, ma anche a morire. 

*Segretario Rifondazione Comunista – Ascoli Piceno

04/10/2006





        
  



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