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Chi ha ucciso Salieri?

San Benedetto del Tronto | Una rilettura del capolavoro di Forman dopo più di vent’anni.

di Francesco Tranquilli


Quando nel 1984 uscì Amadeus di Milos Forman, tratto dal play di Peter Shaeffer, (a sua volta ispirato dal Mozart e Salieri di Pushkin) il film fu molto discusso per le troppe libertà che la sceneggiatura si prendeva con la realtà storica, nonché con la musica (le arie della Zauberfloete cantate in inglese!). Rivedendolo ora in dvd, reintegrato di tante sequenze a suo tempo espunte (il Director's cut - il montaggio del regista - che va tanto di moda) ci accorgiamo che tutte le critiche espresse allora (anche da me) sono ancora valide, ma, semplicemente, non avevano colto il punto.

Amadeus non vuol essere un biopic, un film sulla vita di un compositore celebre, ma la rappresentazione di un'ossessione: nella fattispecie quella provocata dall'invidia invincibile, illimitata, metafisica di Antonio Salieri, Kapellmeister dell'imperatore d'Austria Giuseppe II, nei confronti di Mozart.

Non stiamo parlando qui dell'invidia triviale e livida, con la minuscola, di chi sente di subire un'ingiustizia professionale o sociale, dell'impressione che qualcuno che vale meno di noi abbia più soldi, più successo, più amore, più popolarità, ma della "'nvidia" luciferina di cui parla Virgilio a Dante, quella verso Dio e le sue Creature.

"Davanti a Dio tutti gli uomini sono uguali" esordisce il confessore che ascolterà il lungo racconto di Salieri, vecchio e forse pazzo. Mentre l'Invidia nasce proprio dall'evidenza colossale che Dio non ama tutti i suoi figli allo stesso modo. Salieri infatti non si sente sottovalutato dai suoi contemporanei o dai suoi colleghi, non è toccato da quella morte comune e de le corti vizio, come la chiama Pier della Vigna (Inferno, XIII), perché anzi apparentemente è un professionista stimato e appagato. La grazia che da ragazzo ha chiesto a Dio "fa' di me un grande compositore, rendimi immortale" sembra essere stata esaudita.

Fino al giorno in cui compare a Vienna Mozart, un ragazzo sboccato e insolente, nella cui musica, di ricchezza e perfezione non comparabile a quella di nessun altro al mondo, risuona inequivocabile "la voce di Dio". Perché questo dono proprio a costui? Perché Dio lo ha illuso e poi tradito in modo così sfacciato? Un credente devoto come Salieri non può mettere in dubbio la giustizia di Dio senza bestemmiare! Ma quando si convince che, invece di ricambiarlo del sacrificio della propria giovinezza ("la mia operosità, la mia castità, la più profonda umiltà in ogni ora della mia vita!") il Creatore l'ha dimenticato e ha fatto di una "ridacchiante oscena creatura" il Proprio strumento, Salieri si sente tradito. E non gli resta che dedicare il resto della propria vita alla distruzione di questo Genio divino, trasformando la propria esistenza in una continua bestemmia.

L'invidia è forse il più sgradevole e umiliante dei vizi. Non a caso è l'unico dei peccati capitali dei cristiani che non aveva prima ricevuto nessuna "canonizzazione" letteraria o mitica, attraverso un personaggio che la rappresentasse per antonomasia, come invece l'ira, la superbia, la lussuria, la gola, l'avarizia e persino l'accidia avevano meritato prima o poi. Il Salieri di Peter Shaeffer (e di un incredibile F. Murray Abrahams!) con il film di Forman sale ad occupare uno dei troni dei sette peccati accanto a Oblomov, a Harpagon, a Pantagruel, a Don Giovanni, a Lucifero, e al Dio dell'Antico Testamento.


AMADEUS, di Milos Forman (USA 1984, 158’) con Tom Hulce (Mozart), F. Murray Abrahams (Salieri), Elisabeth Berridge (Konstanze) sarà proiettato il 6 dicembre prossimo al Teatro Calabresi nell’ambito delle celebrazioni mozartiane di “Pianeta Musica” ideate e coordinate da Rodolfo Dini

05/12/2006





        
  



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