Reportage da Nairobi
Ascoli Piceno | Prima parte del diario dei tre delegati che rappresentano la Provincia di Ascoli Piceno al World Social Forum di Nairobi. Il testo è dei consiglieri provinciali Stefano Stracci, Gianluigi Scaltritti. e Epiphanè Yovo Dossou.
Sabato 20 gennaio 2007
Sono le 5 di una mattina piuttosto fresca (per la nostra idea di clima africano) quando arriviamo al terminal internazionale di Nairobi. Dopo circa due ore per l’espletamento delle operazioni di sbarco, un autobus ci trasporta nel hotel che ci ospita. Il tempo di adeguare l’abbigliamento al sole africano e partiamo alla volta di Kibera.
Kibera non è diversa dalle 200 altre slums (baraccopoli) che costituiscono gran parte della periferia di Naiobi, una megalopoli che, secondo un censimento delle Nazioni Unite, conterebbe 4 milioni di abitanti: di fatto il governo keniota non ne possiede un censimento ufficiale.
Da questa baraccopoli parte la Marcia per la Pace con cui si è apre il Word Social Forum. Oltre 50.000 persone sfilano simbolicamente dalla periferia verso il centro della Città. Tra gli ultimi, gli emarginati, molti rimangono ai bordi delle strade, altri prendono coraggio e sfilano, tra striscioni e bandiere, tra cori e slogan, tra sandali francescani e simboli di tutte le religioni.
Prendono coraggio e insieme raggiungono lo sfavillante centro della città fatto di ville e grattaceli: entrano in una parte della città che li esclude perchè qui, come in altre megalopoli del sud del mondo, vige una nouva forma di apartheid, più subdola, che non separa i neri dai bianchi, ma i ricchi dai poveri.
La marcia giunge a Uhuru Park dove è allestito un grande palco con casse che sparano ad alto volume musica da tutto mondo e nel gremito anfiteatro naturale una folla di colori accompagna con balli e battute di mani.
Alle 15 con la cerimonia di inaugurazione inizia ufficialemnte il Social Forum.
In serata partecipiamo alla riunione della delegazione italiana, quasi 500 i partecipanti. I temi sono talmente tanti che si fa fatica a contingentare gli interventi. Si accenna ai temi dell’acqua, del debito, dell’agricoltura, della migrazione, e su questi temi la delgazione nei prossimi giorni si confronterà con gli interlocutori provenienti dalle altre parti del mondo.
Domenica 21 gennaio 2007
(mattina)
Come rapprentanti della Provincia di Ascoli Piceno, decidiamo l’indomani mattina di andare a visitare la Missione Comboniana a Korogocho dove Padre Daniele Moschetti prosegue l’opera inizata anni fa da Padre Alex Zanotelli. È un Centro Missionario molto conosciuta in Italia e sostenuta oltre che dalla Chiesa da molti enti locali tra cui la nostra Provincia.
Partiamo il mattino presto e man mano che ci allontaniamo dal centro ci accorgiamo del paesaggio umano che cambia fino a degradare a condizioni da inferno dantesco. L’impatto con la baraccopoli di Korogocho è emotivamente provante a stento si riesce a sopportare il nodo che ci stringe in gola e qualche lacrima aiuta a scaricare la tensione; il senso di colpa ci schiaccia. Ci appare un luogo senza speranza, dove gli uomini sembrano regrediti alla ferinità. Ma ecco che giungendo nei pressi della Missione Comboniana all’arrivo del nostro pullmino si raduna una folla vociante di bambini, la loro festa ci risolleva, attraverso i loro sorrisi ci sembra di ritrovare in quel luogo l’Umanità.
Appena scesi, siamo accerchiati dalla curiosità dei bambini che in particolare sembrano attratti da due cose, le macchine fotografiche e i peli delle braccia che dalle loro parti è evidentemente fenomeno raro.
Passiamo del tempo a fotografarli con le nostre macchine digitali, le femminucce sono all’inizio restie ma poi, invece, ci chiedono con insistenza di essere riprese. I maschietti invece, in bande, si fanno ritrarre in atteggiamenti guerrieri e con pose minacciose. Con il monitor della fotocamere facciamo rivedere le immagini scattate e accorgiamo che i bambini si divertono in maniera esagerata e si aiutano l’un l’altro per individuare il proprio ritratto. In effetti nessuno di loro in mancanza di fotografie e di specchi conosce i tratti del proprio viso.
L’entusiasmo della festa divampa durante la celebrazione della Messa. La Messa è officiata da diversi sacerdoti, tra i quali lo stesso Zanotelli tornato in africa per il Social Forum dopo un lungo periodo trascorso in Italia, e celebrata in tre lingue, Swahili, Inglese e, in nostro onore, in Italiano. Al coro partecipano i ragazzi più grandi, mentre i più piccoli accompagnano con danze tradizionali i momenti salienti della celebrazione. Tra testimonianze, preghiere e canti la messa dura circa due ore e mezza; non ricordiamo di aver partecipato ad una cerimonia così lunga rammaricandoci che fosse finita troppo presto!
Nel pomeriggio, mentre presso la missione si svolge il festival dei ragazzi di strada, accettiamo l’invito di essere ospitati per qualche ora del pomeriggio da una famiglia che abita nel cuore della baraccopoli. Usciamo dalla missione accompagnati dalla matrona che ci scorta tenendoci letteralmente per mano.
Ci avventuriamo nei luoghi più degradati e pericolosi, riusciamo durante il tragitto a piedi a scattare delle foto di nascosto; non amano troppo essere ripresi, daltronde a nessuno piacerebbe essere oggetto di una sorta di safari fotografico umano.
Secondo noi però è troppo importante portare a casa, in Italia, una testimonianza di ciò che i nostri occhi stanno vedendo e nessuna parola, una volta ripartiti, ci avrebbe aiutato a descrivere o a dare solo un idea di ciò che è Korogocho.
È una discarica a cielo aperto, di diversi chilometri, sulla quale si ammassano baracche di lamiera e fango in cui vivono forse 500 mila persone, che vivono di rifiuti.
La nostra accompagnatrice ci indica con orgoglio la propria abitazione, oltrepassato un cunicolo di lamiere entriamo in una stanza dove ci sediamo in un vecchio divano recuperato in qualche modo.
Molti componenti della famiglia ci vengono a salutare; mamme giovanissime con relativi figli e nipoti affollano la stanza di 3 o 4 metri quadrati (allargando le braccia si toccano le quattro pareti).
Con difficoltà ci spiegano i loro rapporti di parentela e con un entusiasmo che non ci aspettavano ci parlano della politica keniana e del loro Presidente aiutandosi con un calendario appeso alla parete dove sono ritratte le effigi dei presidenti del Kenya dall’indipendenza ad oggi.
Mai visitando una famiglia italiana abbiamo trovato le foto di Prodi o di Berlusconi!
Per il brindisi nello stanzino si radunano una quindicina di persone, un ragazzino viene mandato a prendere da bere, torna con un sacchetto nero con dentro bottigliette di fanta e coca cola. Ci meravigliamo, ma ci dicono che qui la coca cola è più facile da trovare dell’acqua stessa.
Dopo aver bevuto insieme alla padrona di casa (ovviamente non c’era da bere per tutti), chiediamo come poter ricompensare la loro ospitalità, ma non vogliono doni né tantomeno denaro. Ci rispondono, in maniera disarmante, che eravano ospiti, e che casomai potevamo ricambiare ospitandoli qualora fossero venuti in Italia.
Regaliamo comunque loro delle copie del periodico edito dalla Provincia di Ascoli Piceno ‘Un Mondo a Colori’ e dopo esserci scambiati gli indirizzi torniamo verso la missione di Korogocho per poi raggiungere un altro luogo comboniano che si occupa del recupero dei ragazzi di strada, fondata e gestita da Padre Kizito……(continua)
Sono le 5 di una mattina piuttosto fresca (per la nostra idea di clima africano) quando arriviamo al terminal internazionale di Nairobi. Dopo circa due ore per l’espletamento delle operazioni di sbarco, un autobus ci trasporta nel hotel che ci ospita. Il tempo di adeguare l’abbigliamento al sole africano e partiamo alla volta di Kibera.
Kibera non è diversa dalle 200 altre slums (baraccopoli) che costituiscono gran parte della periferia di Naiobi, una megalopoli che, secondo un censimento delle Nazioni Unite, conterebbe 4 milioni di abitanti: di fatto il governo keniota non ne possiede un censimento ufficiale.
Da questa baraccopoli parte la Marcia per la Pace con cui si è apre il Word Social Forum. Oltre 50.000 persone sfilano simbolicamente dalla periferia verso il centro della Città. Tra gli ultimi, gli emarginati, molti rimangono ai bordi delle strade, altri prendono coraggio e sfilano, tra striscioni e bandiere, tra cori e slogan, tra sandali francescani e simboli di tutte le religioni.
Prendono coraggio e insieme raggiungono lo sfavillante centro della città fatto di ville e grattaceli: entrano in una parte della città che li esclude perchè qui, come in altre megalopoli del sud del mondo, vige una nouva forma di apartheid, più subdola, che non separa i neri dai bianchi, ma i ricchi dai poveri.
La marcia giunge a Uhuru Park dove è allestito un grande palco con casse che sparano ad alto volume musica da tutto mondo e nel gremito anfiteatro naturale una folla di colori accompagna con balli e battute di mani.
Alle 15 con la cerimonia di inaugurazione inizia ufficialemnte il Social Forum.
In serata partecipiamo alla riunione della delegazione italiana, quasi 500 i partecipanti. I temi sono talmente tanti che si fa fatica a contingentare gli interventi. Si accenna ai temi dell’acqua, del debito, dell’agricoltura, della migrazione, e su questi temi la delgazione nei prossimi giorni si confronterà con gli interlocutori provenienti dalle altre parti del mondo.
Domenica 21 gennaio 2007
(mattina)
Come rapprentanti della Provincia di Ascoli Piceno, decidiamo l’indomani mattina di andare a visitare la Missione Comboniana a Korogocho dove Padre Daniele Moschetti prosegue l’opera inizata anni fa da Padre Alex Zanotelli. È un Centro Missionario molto conosciuta in Italia e sostenuta oltre che dalla Chiesa da molti enti locali tra cui la nostra Provincia.
Partiamo il mattino presto e man mano che ci allontaniamo dal centro ci accorgiamo del paesaggio umano che cambia fino a degradare a condizioni da inferno dantesco. L’impatto con la baraccopoli di Korogocho è emotivamente provante a stento si riesce a sopportare il nodo che ci stringe in gola e qualche lacrima aiuta a scaricare la tensione; il senso di colpa ci schiaccia. Ci appare un luogo senza speranza, dove gli uomini sembrano regrediti alla ferinità. Ma ecco che giungendo nei pressi della Missione Comboniana all’arrivo del nostro pullmino si raduna una folla vociante di bambini, la loro festa ci risolleva, attraverso i loro sorrisi ci sembra di ritrovare in quel luogo l’Umanità.
Appena scesi, siamo accerchiati dalla curiosità dei bambini che in particolare sembrano attratti da due cose, le macchine fotografiche e i peli delle braccia che dalle loro parti è evidentemente fenomeno raro.
Passiamo del tempo a fotografarli con le nostre macchine digitali, le femminucce sono all’inizio restie ma poi, invece, ci chiedono con insistenza di essere riprese. I maschietti invece, in bande, si fanno ritrarre in atteggiamenti guerrieri e con pose minacciose. Con il monitor della fotocamere facciamo rivedere le immagini scattate e accorgiamo che i bambini si divertono in maniera esagerata e si aiutano l’un l’altro per individuare il proprio ritratto. In effetti nessuno di loro in mancanza di fotografie e di specchi conosce i tratti del proprio viso.
L’entusiasmo della festa divampa durante la celebrazione della Messa. La Messa è officiata da diversi sacerdoti, tra i quali lo stesso Zanotelli tornato in africa per il Social Forum dopo un lungo periodo trascorso in Italia, e celebrata in tre lingue, Swahili, Inglese e, in nostro onore, in Italiano. Al coro partecipano i ragazzi più grandi, mentre i più piccoli accompagnano con danze tradizionali i momenti salienti della celebrazione. Tra testimonianze, preghiere e canti la messa dura circa due ore e mezza; non ricordiamo di aver partecipato ad una cerimonia così lunga rammaricandoci che fosse finita troppo presto!
Nel pomeriggio, mentre presso la missione si svolge il festival dei ragazzi di strada, accettiamo l’invito di essere ospitati per qualche ora del pomeriggio da una famiglia che abita nel cuore della baraccopoli. Usciamo dalla missione accompagnati dalla matrona che ci scorta tenendoci letteralmente per mano.
Ci avventuriamo nei luoghi più degradati e pericolosi, riusciamo durante il tragitto a piedi a scattare delle foto di nascosto; non amano troppo essere ripresi, daltronde a nessuno piacerebbe essere oggetto di una sorta di safari fotografico umano.
Secondo noi però è troppo importante portare a casa, in Italia, una testimonianza di ciò che i nostri occhi stanno vedendo e nessuna parola, una volta ripartiti, ci avrebbe aiutato a descrivere o a dare solo un idea di ciò che è Korogocho.
È una discarica a cielo aperto, di diversi chilometri, sulla quale si ammassano baracche di lamiera e fango in cui vivono forse 500 mila persone, che vivono di rifiuti.
La nostra accompagnatrice ci indica con orgoglio la propria abitazione, oltrepassato un cunicolo di lamiere entriamo in una stanza dove ci sediamo in un vecchio divano recuperato in qualche modo.
Molti componenti della famiglia ci vengono a salutare; mamme giovanissime con relativi figli e nipoti affollano la stanza di 3 o 4 metri quadrati (allargando le braccia si toccano le quattro pareti).
Con difficoltà ci spiegano i loro rapporti di parentela e con un entusiasmo che non ci aspettavano ci parlano della politica keniana e del loro Presidente aiutandosi con un calendario appeso alla parete dove sono ritratte le effigi dei presidenti del Kenya dall’indipendenza ad oggi.
Mai visitando una famiglia italiana abbiamo trovato le foto di Prodi o di Berlusconi!
Per il brindisi nello stanzino si radunano una quindicina di persone, un ragazzino viene mandato a prendere da bere, torna con un sacchetto nero con dentro bottigliette di fanta e coca cola. Ci meravigliamo, ma ci dicono che qui la coca cola è più facile da trovare dell’acqua stessa.
Dopo aver bevuto insieme alla padrona di casa (ovviamente non c’era da bere per tutti), chiediamo come poter ricompensare la loro ospitalità, ma non vogliono doni né tantomeno denaro. Ci rispondono, in maniera disarmante, che eravano ospiti, e che casomai potevamo ricambiare ospitandoli qualora fossero venuti in Italia.
Regaliamo comunque loro delle copie del periodico edito dalla Provincia di Ascoli Piceno ‘Un Mondo a Colori’ e dopo esserci scambiati gli indirizzi torniamo verso la missione di Korogocho per poi raggiungere un altro luogo comboniano che si occupa del recupero dei ragazzi di strada, fondata e gestita da Padre Kizito……(continua)
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