La volontà della comunità zingara di Appignano, manifestata recentemente da Majo Ahmetovic, di tornare su quello che, a buon diritto, possiamo definire "il luogo del delitto" deve essere contrastata senza tentennamenti dalle Istituzioni . E il silenzio osservato a questo proposito dal Presidente della Provincia - strenuo difensore dei ROM - non lascia presagire nulla di buono.

Ripetere il tragico errore di chi nel 1996 ha consentito l'insediamento degli zingari a Valle d'Orta sarebbe davvero folle ed inaccettabile. E soprattutto costituirebbe una grave minaccia a carico dei tantissimi immigrati che, onestamente e pacificamente, si sono integrati nel nostro territorio accettando le leggi e lavorando con alacrità. Esiste, in effetti, un razzismo alla rovescia che alimentandosi con la retorica buonista crea, di fatto, le condizioni perché l'intolleranza cresca e si alimenti.

La rabbia di molti cittadini piceni, solitamente ospitali, proviene proprio dalla consapevolezza dei danni che possono essere procurati da un atteggiamento ideologico che tende ad affermare le ragioni della propaganda su quelle del buon senso. Esattamente come ha fatto l'Amministrazione Provinciale di Ascoli Piceno in questi ultimi tre anni.

Il caso di Appignano rappresenta un esempio da manuale di tutto ciò. La franchigia e la tutela di cui hanno goduto gli zingari di valle d'Orta in questi anni sono il peggior servizio che si possa fare alla cultura dell'inclusione e della ospitalità. Per questo ho proposto ai gruppi consiliari di Alleanza Nazionale in Comune, Provincia e Regione di presentare mozioni specifiche dirette a fugare ogni possibilità di rientro della comunità zingara.

Sono più di quarantamila gli extracomunitari che vivono onestamente nelle Marche. Sono soprattutto loro che vanno tutelati da quanti, al contrario, intendono pervicacemente sottrarsi agli obblighi del legge e del vivere civile.

*Presidente Provinciale AN, consigliere regionale