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"Io non ho Paura": Amhetovic sei mesi dopo

Appignano del Tronto | Attraverso i dati degli ultimi sei mesi analizziamo i fatti: "quanto accade sotto l'esperienza come episodio, risultato di un'azione o di un processo".

di Giuseppina Pica

La strage di Appignano

22-23 Aprile 2007: Quattro ragazzi viaggiavano su tre scooter, lungo la strada provinciale Appignanese quando, un furgone ha invaso la corsia opposta scontrandosi frontalmente con i motorini. Quattro le vite interrotte, infinite quelle ferme alla notte primaverile.

19 Gli anni di Eleonora, 17 quelli di Danilo, 16 quelli di David e Alex, i ragazzi del muretto; gli "Angeli" di oggi.

22 Gli anni di Marco Ahmetovic: il ragazzo, l'uomo, che ubriaco ha travolto e ucciso.
"Avevo bevuto molto perchè sconvolto dalla notizia che mia figlia Sciakira, 2 anni, si era ammalata di leucemia".- "Anch'io sono un essere umano".
Non si è esseri umani: lo si diventa. E' un dovere e non solo diritto, quello dell' appartenenza.

25 Aprile 2007: L' accampamento Rom di Appignano, viene dato alle fiamme.
Ai pompieri intervenuti per spegnere il rogo la gente grida:"C'è la crisi idrica non sprecate l'acqua". Rito purificatorio, esorcismo, "occhio per occhio, dente per dente".
La giustizia personale nel 2007, s'impone alla giustizia sommaria per alcuni, delle autorità. Gli abitanti del "ridente paese", esasperati da anni di non curanza, di accettazione, di abusi esplodono. Una "disgrazia annunciata", che colpisce e fa perdere la lucidità. "Le immagini fanno scattare le azioni: le azioni sono modellate sui fatti".

12 Luglio 2007: Una foto di Marco mentre fuma una sigaretta nel terrazzo della sua "Nuova casa"; il residence "Sieside" in cui sta scontando gli arresti domiciliari, in attesa della sentenza; fa il giro dell' Italia intera.-"Lui sta in vacanza e noi all'inferno"-dice Giovanni Luciani, fratello di Alex. Nella notte del giovedì successivo, qualcuno fa esplodere dei raudi nella via del residence. Venerdì notte sempre nella stessa via, un ordigno rudimentale viene lanciato da una macchina in corsa.

17 Settembre: in un clima di fortissima tensione si apre il processo contro il "Rom" Ahmetovic per omicidio colposo, resistenza a pubblico ufficiale e guida in stato d' ebrezza

5 Ottobre: Sei anni e sei mesi di reclusione per Marco Ahmetovic. La sentenza supera la richiesta del pm che aveva chiesto quattro anni di reclusione più 20 giorni . Niente cella: il tribunale gli riconfermerà gli arresti domiciliari nell' appartamento messogli a disposizione da un italiano, all'interno del residence di San Benedetto.

"Ti ammazziamo", "Vi bruciamo tutti". "Vi e tutti" sono dei plurali, Ahmetovic è uno. Procediamo per luoghi comuni(la desertificazione culturale che questa vicenda ha portato alla luce, è vittima dei luoghi comuni), semplici per la comprensione: Di tutta l'erba un fascio?-Tanto per rimanere in tema. "Forza nuova", attivista del drappello fuori dal tribunale? C'è qualcosa di naturale nell'espressione del rancore da parte dei parenti, degli amici straziati dal lutto; ma un partito politico?-Inutile ricordare gli incidenti stradali, provocati dai ragazzi di "buona famiglia", che di permesso di soggiorno non hanno bisogno, che di sussidi dallo stato non hanno bisogno. Tutti ci auguriamo di vedere Forza Nuova, ad ogni sentenza e non solo a quella dell' assassino rom Ahmetovic; così, si potrà parlare di buon senso e non di evocazione al razzismo, di fomentazione e esaltazione.
"Marco ti voglio bene". L' espressione del sentimento, ha quasi provocato un linciaggio. Quarant'anni di storia, mai vissuta o vissuta solo per alcuni.
Per rendere libera la coscienza, è necessario fare in modo "che quell'incubo che è la nostra natura, non prenda il sopravvento e la ricopra".

8 mila euro per la cura della sua immagine: quella di Marco Ahmetovic.
50 mila euro per il suo libro
5 mila euro il prezzo delle scuse video da parte di Ahmetovic alle famiglie. Una richiesta di perdono pura e semplice non avrebbe senso.-"Tanto per la morte di quei ragazzi, Appignano non lo perdonerà mai". "Pura", "semplice", "tanto". Non c'è prezzo alla spettacolarizzazione. Non c'è prezzo alla mercificazione. No non c'è prezzo, o sarebbe meglio dire, tutto purtroppo ha un prezzo.
Marco Ahmetovic testimonial di una campagna contro l'alcol, testimonial di una marca di occhiali da sole. Il problema non è il rom assassino, che dovrebbe passare i prossimi sei anni, in un carcere e non nel residence "Vista mare". No il problema è la società persa. Lucida, feroce. Al dramma della morte dei quattro ragazzi si aggiunge lo stupro mediatico.
Evitando la retorica della strumentalizzazione della persona, da parte di trasmissioni televisive, giornali e agenti dello spettacolo; torno al racconto dei fatti e delle voci sopratutto

7 Novembre 2007 Appignano: -"Il paese è in pausa di riflessione, spaccato fra il ricordo e la rabbia della realtà dei fatti".
"Il problema è legato all'alcol, alla sua diffusione, c'è bisogno di più informazione". "buona parte del paese si dissocia dal rogo all'accampamento rom, non è stata una soluzione"."La colpa è anche di chi continua a dare da bere a minorenni e a chi è già ubriaco"-. Commerciante di Appignano.
-"Stiamo male, si vive male, c'è forte la mancanza, mentre quello giù riceve soldi".-"non lo conoscevo (riferito ad Ahmetovic), non ci parlavo, girava armato e con la droga e tutti avevano paura, i carabinieri avevano paura, questa è gente protetta, noi non abbiamo paura di questa gente".Un amico
"Dobbiamo smettere di parlare, dobbiamo imporci il silenzio, stiamo creando un personaggio, si è fermato tutto a quel giorno"-"La scuola fa informazione, percorsi di comprensione per i ragazzi su i fatti di quella notte; i ragazzi hanno bisogno di sfogarsi". Un' insegnante della scuola elementare.

7 Novembre 2007 Appignano: Non c'è stata nessuna intervista, solo racconti, ricordi. C'è stato il vuoto feroce della mancanza, la diversità delle parole. Non ci sono nomi, solo riferimenti, i nomi non servono, quando i ricordi appartengono a tutti. C'è stato fortissimo il bisogno di parlare, senza paura; c'è stato il confronto, la comprensione nonostante tutto. Nella memoria una possibilità remota e perduta. L'irruzione di una violenza ignota in un mondo tranquillo ordinario, ha fissato per sempre le vite, a quella notte. Tutto è fermo, quieto; Tutto si muove inesorabilmente ferocemente, la vita continua, lasciando il "ridente paese" nell'oblio di quei giorni. Questo è il dramma, che perseguita le vittime; le vittime che hanno guardato e vissuto.

7 Novembre 2007 "Il Circondario"o meglio i paesi limitrofi:"Ammazzateli", "bruciateli", "devono morire tutti", "dove sta la pena di morte", e chi più ne ha , più ne metta. Torniamo ai luoghi comuni e ai plurali. Torniamo a: "di tutta l'erba un fascio". Nessun moto di dolore per le famiglie distrutte, solo razzismo; rabbioso, indiscusso e non argomentato razzismo, nelle forme più bieche. I quattro "Angeli" neppure per un attimo ricordati. Solo luoghi comuni, nessun cordoglio, solo luoghi comuni. Arroganti luoghi comuni medievali. Quelli semplici, alla portata di tutti, del branco. Posizione univoca quella del circondario, che scuote, come l' ascesa artistica di Ahmetovic. Elaborazioni secondarie e non essenziali.

Sono questi i numeri che restano di quel 23 Aprile. Sono i numeri che restano nella memoria di chi ha vissuto, di chi vive e di chi suo malgrado osserva. Ma a spaventare maggiormente nella narrazione dei fatti, non sono i numeri analizzati, ma quelli che all'analisi mancano. Mancano gli anni a venire, gli anni da vivere, gli anni, di quattro vite che non potranno mai essere vissute. Mancano, gli anni necessari alla narrazione, il resto è speculazione "marginalia", desolazione, strumentalizzazione del dramma e teatralità del prodotto.
Il problema include Ahmetovic, non è per esclusione Ahmetovic, le responsabilità civili appartengono a tutti. La vera natura della società emerge nei momenti bui. Noi siamo la società, i media, i talent scaut, i discorsi da bar, i luoghi comuni, amici di maria, grande fratello, la vita in diretta. Noi siamo quelli che fingono, uno sdegno invocato. Noi siamo la società, noi siamo i responsabili.

Dignità: "Condizione di nobiltà morale in cui l'uomo è posto dal suo grado, dalle sue intrinseche qualità, dalla sua stessa natura di uomo, e insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e ch'egli deve a se stesso".

09/11/2007





        
  



1+3=
Marco Ahmetovic

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