"Seta e Veleni": cronaca di un viaggio tra le rovine del più grande sistema militare
San Benedetto del Tronto | Il libro, presentato all'Auditorium Comunale, ha come sfondo alcune delle immani catastrofi ecologiche causate dall'uomo. Una sintesi di esperienze dirette, di fonti storiche, scientifiche e letterarie.
di Giuseppina Pica

Duilio Giammaria
Il libro, presentato da Margherita Sorge (Assessore alla Cultura di San Benedetto del Tronto), Tiziana Capocasa ( giornalista de Il Messaggero) e Mimmo Minuto (de La Bibliofila), è articolato in tre sezioni, dove le problematiche delle zone visitate dall'Autore, vengono affrontate e rese nei tre reportage Rai:
"L'isola nel mare che non c'è", "Il Caspio: viaggio intorno al più grande mare chiuso del Mondo", "11 Settembre".
"L'occasione del primo viaggio venne dalla notizia che i servizi segreti statunitensi, indagavano sull'esistenza di un deposito di armi biologiche abbandonato in uno dei più remoti angoli dell'Asia Centrale. L'arsenale si trovava su un'isola del mare d'Aral, tanto piccola e segreta da non apparire su nessuna mappa o carta geografica". Ha ricordato l'Autore.
Un itinerario che ripercorre l'antica via della seta, un percorso storico e geografico, che attraversa i secoli e affronta gli sconvolgimenti che la rincorsa al potere militare ed economico hanno provocato, modificato per sempre l'anima di quei luoghi, luoghi senza tempo, oggi scenari di un'apocalisse annunciata.
Pescherecci spettrali, "ancorati" in un deserto di sabbia, si ergono ad emblema e a monito per l'uomo, che in nome del potere ha distrutto e inquinato, uno dei luoghi a più alta densità storica e culturale del pianeta.
La via della seta di Marco Polo, incrocia nel libro la pista dei veleni, degli ordigni biologici e nucleari.
"La via della seta è un reticolo di camminamenti, piste e sentieri che si sovrappongono uno all'altro, incrociandosi. Tali piste, oggi come ieri, si perdono nei deserti rocciosi del Khorasan e raggiungono città i cui nomi evocano tuttora fasti, misteri, avventura: Buhara, Samarcanda, Khiva, Merz. Le oasi dove si fermavano le carovane divennero le capitali di khanati indipendenti, regni medievali dai confini approssimativi e variabili, poi passati in epoca moderna sotto il dominio zarista e quindi divenuti territorio delle repubbliche sovietiche". Ha continuato Giammaria.
La trama dei viaggi s'intreccia al reportage fotografico, rendendo ancora più esplicito il raccontare, l'inquinamento dei luoghi. Armi batteriologice sovietiche, modificazioni genetiche, un ambiente deturpato che la fotografia coglie e crudamente riporta. "Appunti" di viaggio scioccanti, letti negli occhi di chi ha vissuto, letti nei non luoghi, raccontati tragicamente e nonostante tutto poeticamente dalla penna dell'autore. Il fascino delle rovine prende forma nelle pagine del libro, non sottrazioni ma rivelazioni inesorabili dell'anima di quei luoghi, che l'uomo instancabilmente e metodicamente ha tentato di distruggere.
La presentazione ha sovrapposto il reportage agli avvenimenti politici che hanno determinato le situazioni in Asia Centrale, sino all'undici Settembre: "occasione" del secondo viaggio e consapevolezza del terrorismo e della possibilità dell'uso di armi non convenzionali. Brucellosi, Antrax ed altre sostanze segrete, spettri, di una troppo tangibile guerra batteriologica, di cui l'Asia Centrale è l'epicentro mortifero.
Un libro attuale ed immediato, da leggere tutto di un fiato, ricordo di un luogo favoloso in cui la suggestione del passato s'intreccia drammaticamente alle rovine del presente.
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13/01/2008
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