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Quale futuro attende il "Riviera"?

San Benedetto del Tronto | Entro giugno di quest'anno lo stadio deve essere messo a norma, pena l'interdizione di svolgere le partite di campionato e il progetto presentato dall'attuale proprietà della Samb Calcio di per sé non sembra nulla di nuovo...

di Carmine Rozzi

Stadio Riviera delle Palme

Il progetto presentato dall'attuale proprietà della Samb Calcio per lo sfruttamento commerciale di uno stadio "allargato" onde poter, negli anni, pagare l'ipotetico mutuo per essersi accollata l'onere delle spese di messa in sicurezza dell'impianto di per sé non ha niente di nuovo.

D'altronde l'Italia è uno dei pochi paesi rimasti in Europa dove gli stadi sono ancora di proprietà demaniali o comunali. Questo si traduce in situazioni paradossali e quella nella quale rischia di ritrovarsi la Samb non è che uno dei tanti esempi sparsi in giro per il nostro paese calcistico. I fatti sono noti. Entro giugno di quest'anno il "Riviera" deve essere messo a norma, pena l'interdizione di svolgere le partite di campionato.

Ci saranno, come sempre accade e come è già avvenuto per l'impianto video la possibilità di usufruire delle "proroghe" ma, proprio perché temporanee, non possono durare a tempo indeterminato. Poi le partite "in casa" si rischia di giocarle in "case d'altri" tipo Fermo, Macerata, Giulianova e, nella più disgraziata delle ipotesi, Ascoli. Il Comune da parte sua, che dovrà sborsare a breve circa 600 mila euro per realizzare l'impianto di video-sorveglianza, non ha di certo né i mezzi né l'intenzione (sarebbe un vero suicidio politico) di indebitarsi ulteriormente e gravosamente. Tra l'altro con tale importo, circa tre milioni di euro, ad occhio e croce, ci si potrebbe rifare l'intero sistema fognario di mezza città.

Non restano che due soluzioni: l'arrivo miracoloso di uno sponsor Paperon dei Paperoni (pura fantasia persino in serie A!) o, molto più concretamente, un accordo con la società proprietaria della Samb. Che, in soldoni (visto che in... soldini...ci è andata proprio male), si traduce all'incirca così: io società mi accollo della spesa, faccio un mutuo o li sborso di tasca mia (che neanche Moratti) e tu, Comune, mi dai lo stadio in concessione per almeno trenta/quaranta anni, il tempo necessario per, tramite trasformazione in centro "polifunzionale", rifarci i soldi utili a pagare il rimborso e, se si è fortunati, qualcosa di più. Altrimenti: si tira a campare, si ricorre ai prestiti, con buona pace di quanti vogliono un organico stabile e compatto capace di ambire a posizioni più consone al prestigio ed alla storia della squadra. D'altronde: chi rifarebbe il tetto di una casa dove abita in affitto non sapendo neanche la durata esatta dello stesso? Gaspari, da parte sua è, stranamente, in una posizione più difficile di Martinelli.

Perché il progetto di Gaucci appariva un po' troppo "ingordo" per essere vero sin dalla sua presentazione. Ed il rifiuto di Martinelli, a suo tempo, sembrò più che altro un "atto dovuto" poi ampiamente giustificato dagli eventi. Gaspari invece dovrebbe dire no ad una famiglia, i Tormenti, che critiche e contestazioni a parte, e fino a prova contraria, è seria, solida, che ha costruito un impero finanziario dal nulla. Non hanno la megalomania dell'esule domenicano aggiunta alla sfacciataggine dell'amante di elicotteri veneziano.

Ma non vogliono neanche fare la fine di chi, per la Samb, ci ha rimesso quasi l'intero patrimonio pecuniario e di salute. L'attuale primo cittadino, un po' "pilatescamente", adducendo il legittimo rispetto delle prassi democratiche ne affida la risoluzione alla città tramite le sue rappresentanze istituzionali (leggi Consiglio Comunale). Ma in Consiglio Comunale la butteranno sul politico (perché lì si ragiona in termini politici). Poi le Commissioni vorranno dire la loro. Associazioni, gruppi di tifosi, e via dicendo.

Ci ritroveremo a giugno che si sta ancora discutendo. Da qui due proposte-provocazioni. Primo: facciamo decidere alla città in modo diretto e subito tramite un referendum cittadino. Secondo: tagliare la testa al toro non dando in "concessione" ma "vendendo" lo stadio ai Tormenti (questa sì che sarebbe una vera "cartina di tornasole" sulle loro intenzioni future). Anche perché : "Il calcio in crisi finanziaria, il calcio che vive un'emorragia di spettatori ha ancora una partita da giocare: trasformare gli stadi in luoghi sicuri, pensati per attrarre visitatori tutta la settimana, con concerti, negozi e musei. In un Paese che ha come anno medio di costruzione degli impianti il 1961, la gestione diretta modello Chelsea o Manchester può apparire un miraggio. Ma i club italiani ora cominciano a capire che il modello fortunato è quello inglese, che richiama anche le famiglie, stacca sempre più biglietti al botteghino - nonostante la forza della tv - e arricchisce i club" di Alessia Maccaferri e Giorgio Santilli da Il Sole 24 Ore (L'articolo è stato pubblicato grazie alla collaborazione di Rosanna M. sul sito Tifo-e-Amicizia.it della società calcistica Taranto).

02/02/2008





        
  



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