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Vittorio Sgarbi ha presentato il suo libro “RAGIONE E PASSIONE: contro l'indifferenza"

San Benedetto del Tronto | Ragione e passione e i loro infiniti modi di coniugarsi, intrecciarsi ed esprimersi si incarnano perfettamente nell’uomo Sgarbi, capace di passare con estrema disinvoltura da un registro all’altro.

di Maria Teresa Rosini

Sgarbi

Un libro dal titolo affascinante ed evocativo quello presentato da Vittorio Sgarbi ieri sera alla sala Smeraldo dell'Hotel Calabresi: "Ragione e passione: contro l'indifferenza".

Un libro pubblicato nel 2005 del quale l'autore, presente a San Benedetto per l'inaugurazione dell'Archivio storico comunale, ripropone il contenuto in una conversazione condotta dalla Prof.ssa Antonella Roncarolo. Si tratta di un discorso che tocca molti temi: dalla politica alla religione, dall'arte all'informazione, alla scuola.

Ragione e passione e i loro infiniti modi di coniugarsi, intrecciarsi ed esprimersi si incarnano perfettamente nell'uomo Sgarbi, capace di passare con estrema disinvoltura da un registro all'altro, dal raffinato discorso del critico d'arte alla parolaccia inserita ad arte nel fluire denso e velocissimo del suo discorso.
Ascoltandolo si è continuamente travolti, e si resta a volte sbigottiti da ciò che dice perché la sua abilità di parlatore ci conduce a prendere sul serio anche ciò che i nostri neuroni a volte non riescono o si rifiutano di elaborare.

Si parte dall'indifferenza, tema quanto mai attuale nel disincanto e nel generale screditamento di ogni principio, regola o valore in cui oggi siamo immersi.
L'indifferenza, frutto dei fallimenti ideologici ed etici del secolo che ci sta ormai alle spalle, l'indifferenza scelta da alcuni (l'Accademia degli indifferenti risoluti di Crevalcore) come stile di vita, attraverso l'esclusione della passione come modalità di approccio al mondo, con il corollario di una perdita di speranza in qualunque cambiamento o possibilità di emendamento nel futuro e l'assunzione di uno sguardo tranquillo e senza sussulti sul mondo.

Ma anche la ragione può essere un pericolo, sostiene Sgarbi, perché "anche Hitler pensava di avere ragione" e perché chi è convinto di aver ragione è disposto a percorrere qualunque strada e ad abbattere qualunque ostacolo per affermarla.
Di Pietro, il PM di "manipulite" rappresenta per Sgarbi l'esempio di come pensare di avere ragione abbia effetti distruttivi, mentre Tognoli e Pillitteri, sono uomini ingiustamente perseguitati, insieme a molti altri.

Mi guardo intorno e colgo il convinto annuire di alcune anziane signore, ma non faccio in tempo a riavermi che ascolto Sgarbi affermare che "Manipulite" ha trasformato l'Italia in una democrazia bloccata, distruggendo i partiti che allora governavano il paese.

Del resto, afferma Sgarbi, oggi si ruba e si malversa allo stesso modo eppure non è più rinvenibile un fenomeno come quello di "manipulite"(probabilmente siamo andati oltre in molti sensi).

Non resta che la passione allora.....
Si parla di arte a questo punto, argomento nel quale a Sgarbi non difettano certo ragione e passione.
Sgarbi enuclea i numerosi scempi che in Italia hanno deturpato il patrimonio storico-artistico, affermando con decisione la sua convinzione che la conservazione delle testimonianze del passato è un'istanza assolutamente non negoziabile.
Solo in base ad una razionale valutazione della necessità di intervenire con strutture architettoniche moderne si può, secondo Sgarbi, modificare luoghi così emblematici ed unici come quelli di cui l'Italia è ricca.

Nel riportare i numerosi casi di deturpazione del patrimonio artistico e storico italiano viene utilizzata l'espressione "non si può guardare" riferita ad alcune commistioni architettoniche non riuscite di presente e passato, che mi ispira una riflessione da completa profana: chi è che guarda? E il "guardare" sta nell'oggetto guardato o negli occhi ( e nella mente ) di chi guarda?

Tornando a casa scorro le pagine del libro (che non ho letto ancora) e casualmente mi incontro con queste righe sulla scuola: "L'insegnamento è come la pittura, e la pittura la fanno i bravi pittori". E ancora: "Il professore deve avere la facoltà di inventare il programma, trasformarlo, stravolgerlo deve essere lasciato libero di esprimere la sua creatività. E sono guai quando non la possiede..." "Ed è scontato che non tutti gli insegnanti possano essere eroi, ma non riesco a immaginare una scuola che tragga benefici in modo generico da una riforma, perfino buona, se si esclude il lato umano e individuale."

E su questo mi scopro, inaspettatamente, perfettamente d'accordo con lui.

29/03/2008





        
  



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