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“OUTLET ITALIA”: viaggio nei "mondi paralleli” dell’Italia contemporanea

San Benedetto del Tronto | E' il paese che A. Cazzullo "fotografa" nel libro uscito nei mesi scorsi “Outlet Italia” e che ha presentato all’Auditorium Comunale.

di Maria Teresa Rosini

Un' Italia che ha cercato la sua credibilità e la sua "fortuna" nel mercato dell'effimero, nel consumismo sfrenato delle "firme" e del "lusso"(o nell'aspirazione ad essi) approda al capolinea di una società degradata, senza più rapporti umani significativi, senza possibilità di incontro e costruzione o ricostruzione di un'identità condivisa: è il paese che A. Cazzullo fotografa nel libro uscito nei mesi scorsi "Outlet Italia" e che ha presentato ieri sera all'Auditorium del Comune di S. Benedetto del Tronto.

L'autore, da tempo giornalista affermato (è inviato del Corriere della sera dopo aver lavorato per 15 anni alla "Stampa"), ha pubblicato già numerosi libri di successo.

Il suo viaggio attraverso l'Italia contemporanea tratteggia in modo accessibile, ma non per questo meno efficace e severo, un paese disseminato di outlet, mega centri commerciali, centri fitness e benessere che si snodano, senza soluzione di continuità dal nord al sud: "non luoghi" nei quali si celebrano ritualità nuove e spersonalizzanti ricercando la propria identità o appartenenza nei segni esteriori di lusso, divertimento e benessere di cui si promette, illusoriamente, l'accesso a tutti.


Alla riflessione su questa realtà, che rientra nell'esperienza comune dei pochi che trovano occhi per "vederla", partecipano il Presidente della Provincia Massimo Rossi, l'Assessore alla Cultura del Comune di S. Benedetto Margherita Sorge, il Direttore della Confcommercio di Ascoli Piceno Giorgio Fiori, il segretario regionale della Confesercenti Paolo Perazzoli, il dirigente industriale Filippo Massacci.

La descrizione riguarda più spazi, diversi nelle finalità immediate (centri fitness, centri "benessere", outlet, centri commerciali, discoteche), ma accomunati tutti dall'intento anestetizzante da "paese dei balocchi" e connotati da strutture asettiche e stereotipate, del tutto scollegate architettonicamente e funzionalmente dallo spazio vero, il territorio, in cui sono state calate spesso senza criterio e senza continuità. "Non luoghi", quindi, perchè dall'interno non si riesce ad avere la percezione di dove, geograficamente, si è e, del resto, quello che c'è al di fuori, non conta poi molto.

In questi spazi, quasi percorsi da videogames, si rifugia ormai, nel tempo libero, la stragrande maggioranza degli italiani, che ha svuotato, per essi, le nostre, a volte prestigiose e irripetibili piazze, quelle in cui ormai stazionano solo incantati turisti, o disorientati immigrati.

Di questa impietosa analisi è profondamente convinto anche il Presidente Rossi che nel suo intervento espone le difficoltà di chi è costretto spesso a confrontarsi con progetti di questo tipo, in un estenuante tentativo di riportare la pianificazione degli interventi sul territorio all'interno di logiche più umane, di rispetto e integrazione col patrimonio storico culturale dei luoghi, quelli veri.

E' sempre più la necessità principale di questa edonistica rincorsa, il denaro, gli affari, che predomina su ogni altra considerazione e, del resto, per poter elaborare considerazioni è necessario possedere linguaggi e cultura necessari, accedere alle informazioni e alla consapevolezza della realtà con strumenti sempre più raffinati, data la sua crescente complessità e progettare a lungo termine.

Quanto disponiamo noi, paese tra quelli che contano il minor numero di lettori di libri,ma anche di quotidiani, di queste capacità e quanto spazio abbiamo lasciato sgombro dalla colonizzazione che reality, "grandi fratelli"e insulsi "salotti" televisivi, hanno operato da oltre un decennio nelle nostre teste?

Dovrebbe essere la politica ad assumere, oltre che la consapevolezza dello stato reale, gli strumenti per invertirne gli esiti, ma oggi il confine tra politica e affari tende a divenire sempre più labile e confuso, e il peso delle variabili esterne ( della onnipresente globalizzazione) è spesso pretesto per una visione del futuro rattrappita all'immediato, alla soluzione dell'emergenza, alla scorciatoia demagogica.

E' invece una prospettiva di "eternità", nel senso di un tempo futuro non misurabile che altri si troveranno a vivere al nostro posto, e la responsabilità verso di esso, che dovrebbe animarci nelle scelte e nelle azioni, e questo non sembra più, ormai, delegabile o rinviabile oltre.

Ci lasciamo con poche speranze: ce le fornisce l'autore quando ci parla di luoghi dell'Italia che ancora possiedono una significatività, una dimensione "umana", una valenza di continuità storica e culturale, e quando ci indica la nostra regione come la più "ricca" di questi luoghi, riusciamo perfino a sorridere.

24/05/2008





        
  



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