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Processi estremamente lenti, i cittadini reclamano una giustizia efficiente

San Benedetto del Tronto | Una giustizia inefficiente limita la creazione e la crescita di una nazione moderna che possa confrontarsi con gli altri stati europei, poiché è certo che tra i cittadini europei, gli italiani subiscono l'ingiustizia della giustizia.

di Avv. Gian Luigi Pepa

Lo stato della giustizia è noto, i processi durano decenni tanto che sin dalla metà degli anni 90' l'Italia subisce condanne già prima della Legge Pinto del 2001, dalla Corte dei Diritti dell'Uomo (art.6 Convenzione dei Diritti dell'Uomo), conseguenti alla violazione della ragionevole durata dei processi (art.111 Costituzione), infatti alcuni studi professionali (tra cui il nostro Studio Capriotti Pepa sin dal 1999) ottenevano risarcimenti a favore dei propri assistiti.

Il 25 gennaio 2008, all'inaugurazione dell'anno giudiziario il Procuratore Generale della Cassazione Dott. Mario Delli Priscoli nel denunciare l'allarmante e preoccupante situazione della giustizia ha precisato che "servono misure radicali", il primo Presidente della Suprema Corte Dott. Vincenzo Carbone nell'occasione ha sottolineato che "siamo gli ultimi del pianeta", oltre che per la lentezza paradossale dei processi, per le spese di giustizia in crescita esponenziale, per l'enfatizzazione mediatica dei processi.

Carbone è tornato recentemente sull'argomento per denunciare che siamo al 155° posto su 178 nazioni comparate per la tutela dei diritti, la giustizia italiana produce violazione dei diritti dei cittadini, perdita economica, di lavoro, di opportunità, investimenti degli stranieri, con conseguenti danni per lo Stato oltre che perdita di credibilità.

Il Prefetto Dott. Antonio Manganelli, capo del Dipartimento di Pubblica Sicurezza, ha affermato che siamo arrivati ad "un vero indulto quotidiano, la situazione è vergognosa, in Italia non esiste certezza della pena". Il nuovo Governo con il neo Ministro della Giustizia Alfano, tenta di dare risposte concrete alle richieste dei cittadini, delle forze dell'ordine e dei Magistrati, con una riforma che garantisca realmente la sicurezza dei cittadini. La risposta è infatti contenuta nei due emendamenti proposti dai relatori Filippo Berselli e Carlo Vizzini. Il primo invita i Giudici a dare precedenza nella trattazione delle cause ai procedimenti relativi ai delitti puniti con l'ergastolo o la reclusione superiore ai dieci anni, cioè nei processi di mafia e di omicidio, con imputati detenuti e per la violazione delle norme di sicurezza sul lavoro.

La seconda proposta prevede di sospendere i processi per un anno, se riguardano reati commessi sino al 30 giugno 2002 e per i quali siano previsti meno di dieci anni di detenzione, con congelamento dei termini di prescrizione, ovvero con facoltà ai giudici di sospendere i procedimenti che sono prossimi alla prescrizione o la cui pena da infliggere non sarebbe eseguibile. D'altronde sospendere è un concetto diverso da annullare o bloccare, l'importante è superare il blocco della giustizia già denunciato da autorevole Magistratura, infatti i processi penali pendenti sono circa tre milioni e per salvare il malato cronico un criterio di massima occorreva stabilirlo.

E' certo che gli emendamenti sono norme a favore della collettività permettendo ai Magistrati di occuparsi dei reati più gravi, concedendo nel contempo al Governo ed al Parlamento il tempo necessario per varare riforme strutturali. Pretestuose sono le dispute, ogni volta che si vuole riformare la giustizia in senso generale, a tutela degli interessi di tutti i cittadini, di chi promuove accuse sempre e solo a carico di una persona, che da anni subisce processi, circa 100, le cui imputazioni sono poi risultate infondate.

Ancor più destituito da ogni fondamento giuridico è il richiamo Costituzionale all'articolo 111 (giusto processo) ed all'art.3 (uguaglianza di fronte alla legge), in quanto è proprio lo stato della giustizia che di per sé costituisce una violazione dei diritti dei cittadini, poiché la lungaggine processuale è l'unico vero dramma per il cittadino che si rivolge alla giustizia ordinaria.

Questo vuol dire spostare i termini del problema giustizia ed è da incoscienti ed irresponsabili, vogliamo forse dimenticare di quel magistrato che ha emesso dopo otto anni la sentenza di condanna di sette mafiosi componenti del clan Madonia, che ha violato l'essenza della funzione giurisdizionale trattandosi di un ritardo gravissimo, reiterato, abnorme e ingiustificato, come lo ha definito il sostituto procuratore generale della  Cassazione Eduardo Scardaccione, davanti alla sezione disciplinare del Csm.

Ritardi di questo genere sono all'ordine del giorno e sotto gli occhi di tutti, sia degli operatori di giustizia sia dei cit-tadini che hanno un contatto diretto con la giustizia. Certamente questi fatti minano alla base la credibilità della giustizia e delle istituzioni, devastando l'essenza del patto originario fondante dello Stato e della Costituzione.

Anzi a proposito di uguaglianza l'art.3 della Costituzione, secondo comma, sancisce che "E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli..che limitano di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno svi-luppo della persona umana.", ostacoli sino ad ora mai rimossi.

Una giustizia inefficiente limita la creazione e la crescita di una nazione moderna che possa confrontarsi con gli altri stati europei, poiché è certo che tra i cittadini europei, gli italiani subiscono l'ingiustizia della giustizia. Ben vengano, quindi, soluzioni propositive per il bene della Nazione.

13/07/2008





        
  



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